sabato 22 febbraio 2014

La naturalezza di tutto

Che cos'è naturale, cosa non lo è?
Esiste qualcosa di naturale?
Esistono cose innaturali?
I gay, i pedofili, le ciccione inchiavabili e chi si veste D&G dalla testa ai piedi: tutte queste categorie sono naturali?
Cos'è la natura?
La natura è, grosso modo, l'insieme degli esseri viventi, della materia, dei fenomeni e delle forze che sono presenti e si verificano. Dove? Ovunque.
Significa, la parola natura, letteralmente "ciò che deve nascere".
Ma allora, per capirci, cos'è naturale? Cosa è definibile naturale e cosa non lo è?



Proviamo a fare alcuni esempi.

La bomba atomica è naturale?
No!
Si!

Perché no? Ma perché è una forzatura, una cosa brutta, pericolosa, simbolo della decadenza umana.
E perché sì? Perché la scissione atomica è un processo già presente in natura, e chi ne ha svelato i meccanismi, l'uomo, è figlio della natura stessa, per cui tutto ciò che fa non può che essere naturale.

Hum

L'omosessualità?
No!
Si!
[...]
Perché no? Perché due persone dello stesso sesso che provano ad accoppiarsi sono innaturali.
E perché si? Perché qualsiasi anomalia presente nelle specie, qualsiasi essa sia, è sempre conseguenza di un processo naturale, anche se indotta. Per cui anche l'omosessualità è naturale.

Hum, inizio a capire.
E il razzismo, il razzismo è naturale?

No!
Si!
Perché no? Perché... perché è sbagliat..BBBEEEEP!
Volevo dire, perché non è giust... BEEEEP!!
Ok, non è naturale perché in natura non esiste. Forse. boh (?)
E perché si? Perché, semplicemente, è espressione di forme di vita, qualsiasi esse siano, naturali. Infatti tutti gli essere viventi sono naturali, anche quelli creati in laboratorio da altri esseri viventi (anch'essi naturali), e qualsiasi cosa facciano non può che essere, naturalmente, naturale.


Insomma, mi sembra di capire che niente è innaturale.
La parola "innaturale", l'espressione "non è naturale", sono noumeni, ossia concetti che non trovano rappresentanza nel mondo tangibile.
Certo, i fantasmi non esistono in natura, ma ciò che crea la mente umana, come i mostri, i demoni, o altre cose, proprio perché di creazione umana, può essere definito innaturale?
No.
Ma allora perché ci si ostina, verso ciò che viene percepito distante, diverso, a usare il termine innaturale? Bene, per lo stesso motivo per cui si usa l'altro termine, anch'esso astratto: normale
Allora, forse, ma senz'altro, come la normalità anche la naturalezza è un modo per imprigionare la realtà dentro schemi di pensiero basati su dogmi e certezze, di modo da meglio comprenderla e riceverne un ruolo, uno schema prestabilito di comportamento.
Per approfondire la normalità -[ http://abominazioniyondo.blogspot.it/2013/06/labitudine-alla-normalita.html ]
Ora, se per dire andassi in camera, vestito da mery poppins, e decidessi di possedere sessualmente il mio comodino cantando la marsigliese, chi mai potrebbe dire che non è naturale, chi mai oserebbe dire che non è normale?
La verità, qualsiasi cosa si intenda per verità, è che vediamo il mondo dalle feritoie delle nostre piccole gabbie mentali, e in base a quanto queste feritoie sono grandi riusciamo a crearci una visione di natura più o meno complessa, o più o meno ridicola.
Naturalmente, in ogni caso, è sempre una nostra creazione.

lunedì 10 febbraio 2014

Il mago dei soldi




Il lavoro è una maledizione che l'uomo ha trasformato in piacere.

E.C.


Eccomi qui, mi presento: Sono Sir Poney Menny, Noto uomo d’affari e abile tergiversatore di trattative; è possibile che abbiate sentito parlare di me, ed è ancora più probabile che io abbia fatto un affare con voi.
Come, starete pensando, sì perché voi siete di sicuro quei tipi, quelli lì insomma, avete capito? Quelli che pensano troppo: io li chiamo gli eccentrici. Non so se il termine sia adatto, del resto è solo un termine, e non ho tempo per pensare a queste cose, sono un uomo d’affari, io.
Questa è la mia storia, la storia di come sono diventato ricco, ed è anche una guida al diventare ricchi. Un caposaldo del nostro occidente dovrebbero chiamarla, altro che! Eccome se dovrebbero, anzi, mi studieranno a scuola, seppure le scuole siano inutili; ma veniamo al dunque, il tempo è denaro, e se volete farne dovete fare come me.
Sono nato a Vaudeville, un elegante borgo fuori Londra, circa ** anni or sono, da genitori più che benestanti: mio padre operaio, mia madre sarta.
Fin da bambino ho sempre avuto uno spiccato senso per gli affari, col quale sono sempre riuscito ad avere un letto e due pasti al giorno, senza pagare. In cambio svolgevo lavori domestici, come, ad esempio, presenziare ai suddetti pasti, e occupare il sopracitato letto durante la notte, evitando così che lo sporcasse il cane.
Ebbi una istruzione fin troppo complessa, frequentando le scuole dell’obbligo, nelle quali mi laureai come bidello onorario; e fu proprio in quegli anni che svolsi le mie prime esperienze lavorative, come raccogli lattine o pulitore di corridoi.
Giunto alla piena maturità dei miei sedici anni, decisi di rendermi indipendente, e devo dire che la cosa non mi risultò difficile; del resto, come detto, godetti sempre di grande capacità impiegatizia e spirito di raziocinio.
Comunicata la mia decisione in famiglia, ricevetti come risposta la mia prima offerta lavorativa; mio padre, infatti, decise che il lavoro di garzone, nella bottega del quartiere, mi si sarebbe rivelato più che accessibile, prese per ciò contatto nientedimeno che col padrone della bottega (eccentrico!), mettendo una buona parola per me.
E devo dire che provai, feci del mio meglio per riuscire nell'impresa, ma decisamente, e sono sicuro che mio padre non ebbe a volermene, non era cosa per me. Sono infatti convinto che ogni lavoro dovrebbe il più possibile distaccarsi dalla scienza, o dalla cultura, e, signori miei, avete mai fatto il garzone? Nel vestirsi decorosamente, spostare casse e cesti, e affettare alimenti su richiesta, vi è un qualcosa, una componente indecorosa, per la quale sarebbe richiesta, come minimo, la stravaganza di un pagliaccio, e l’ingegno di uno stratega. Per non parlare poi della comunicazione, come se io fossi un reprobo politicante, o, che so, un oratore berciante dei più abili. In poche parole, dopo due giorni, presi tutti i miei averi (i vestiti che indossavo), e partii per iniziare il mio cammino. Nel vero mondo degli affari.
Il mio primo grande lavoro me lo procurai presso un rivenditore di tessuti; in questo campo funziona così: la gente entra nel negozio, trova il capo di vestiario che più le si addice, e, a volte, per esserne sicura decide di provarlo. Ora, come potevo io, col mio genio, non cogliere innanzitutto l’occasione, e in secondo luogo la lacuna amministrativa che vigeva in quel campo?
Avere un indossatore di vestiti, avrebbe fatto risparmiare tempo ai clienti, i quali potevano vedere già indossati i capi in esposizione, risparmiando la fatica di provarli nel negozio. Senza pensarci un attimo, non dando neanche il tempo al proprietario di negoziare, mi offrii immediatamente come manichino umano, spuntando anche la considerevole somma di cinque centesimi al giorno.
Era fatta! Iniziai a guadagnare soldi a palate standomene immobile per 10 ore, con l’unico inconveniente di cambiarmi d’abito due volte la settimana. Dopo appena due mesi di attività nel tessile, avevo già fondi a sufficienza per investire in mezzi miei, e mettermi così in proprio. E così feci.
Incassata la considerevole somma di tre sterline, delle quali nulla spesi per mantenermi, in quanto bevevo l’acqua del fiume, che a mio avviso è buonissima, e beccavo il pane lanciato ai piccioni (e compatisco quei giovani ragazzi che fanno tante storie sul cibo), decisi di investire nel settore delle pulizie, dove già avevo esperienza, acquistando un rotolo di plastica, e un paio di palette, accessori che mi consentirono di variare attività a seconda del tempo.
Nelle giornate in cui il sole splendeva in cielo, e la gente se ne andava a zonzo per le strade, raccoglievo, usando le palette, cicche di sigaretta lasciate dai passanti; e in questo campo mi allargai presto, tanto da assumere un fumatore tutto mio, che me ne forniva almeno duecento al giorno, e un simpatico cane cieco, che chiamai ‘Nasone’, usato per scovare altre sozzure per strada, che, insieme alle cicche, rivendevo alla discarica.
Il telo di plastica poi, si rivelò un cospicuo investimento, che nelle giornate di pioggia, col solo indossarlo e distendermi sulle pozzanghere, mi permetteva di fare da tappetino ai passanti, i quali non mancavano mai di manifestare la loro gratitudine con laute mance.
Insomma, in breve tempo riuscii a coprire l’intero settore delle pulizie e buona parte di quello turistico, sicché mi ingegnai anche ad indicare alberghi e ristoranti ai turisti, affliggendomi addosso cartelli e scritte; e non di rado indossavo anche manifesti, se il circo era in città.
Ma fu proprio con il capitale raccolto nei primi due anni che fondai l’attività che mi avrebbe portato al successo: L’uomo dei tabù!
L’idea, non me ne vogliano i meno dotati, dimostrò il mio genio assoluto, lanciandomi nell’alta finanza, e costringendo i poveri di spirito - dottori profumati, professori imbalsamati, imprenditori esuberanti – ad inchinarsi alla mia superiorità d’ingegno, tanto che poi tutti finirono per servirsi di me.
Vi starete chiedendo quale sia l’occupazione dell’uomo tabù, semplice: affittato da un cliente, giravo con una paletta e un fischietto, e, a seconda dei casi, e su specifica richiesta del pagante, coprivo con la paletta oggetti indesiderati, e fischiavo nel caso in cui qualcuno cercasse di comunicare col mio affittuario. Di modo che, pagando, non si sarebbero dovute vedere cose sgradevoli, o intrattenere conversazioni poco stimolanti. Nel periodo di quell’attività esercitai contro ogni tabù, come coprire gli organi genitali dei cani, per conto di un esteta; nascondere i seni delle donne, per conto di un prelato; o ancora cancellare dalla vista indesiderati bambini affamati per conto di grassi signori; pensionati col cappello per i giovani svogliati o giovani svogliati dai pensionati col cappello, e poi molto e molto ancora, senza dimenticare di usare il fischietto ogni qualvolta era richiesto: incontro con parenti, vecchi amici, o anche solo persone non allineate col richiedente.
Fu così che resi la vita sociale un paradiso di comodità, dove tutti camminavano con la protezione della mia paletta, l’aiuto del fischietto, la comodità del mio corpo-tappeto in caso di pioggia, e la pulizia in caso di bel tempo. Gli incassi salirono alle stelle, tanto che potei smettere di dormire sotto una quercia, e potei trasferirmi nel sottoscala umido di un ebreo, che di recente aveva smesso di usarlo come magazzino per il pentolame. Ormai nel lusso, e con la paura di perdere la possibilità di condurre tale stile di vita, escogitai, sempre all’interno della società, col cane cieco, e il fumatore – che nel frattempo era come deperito – l’attività che di recente mi ha portato alle cronache, e sulla cui spinta ho scritto questo breve racconto: il tennis con i piccioni.
Ecco, se c’è una lordura e una minaccia per le nostre città, questo è lo sterco dei piccioni; strade piazze e tetti ne sono invasi; chiederete voi: come combatterla? Semplice: racchetta e buona vista.
A raccoglierla ho provato, ma il danno, ahimè, era fatto, e sparare ai piccioni era un investimento troppo grande; così decisi di rimandarla al mittente, e come se non con una racchetta adatta, e tanta voglia di correre? A ben vedere non esisteva modo migliore. Fu in questo modo che risolsi anche il problema dei piccioni, ricevendo ben 2 centesimi a colpo, incassi che mi fruttarono una fortuna, e, detto fra di noi, ancora qualche rovescio, e potrò finalmente costruire la mia casetta in campagna.
Ma che non vi venga in mente di rubarmi il lavoro!

sabato 8 febbraio 2014

Ti piace casa mia?






- E quindi, come dicevo, questa è casa mia. Cosa vuoi, una casetta da niente. Due salottini, due bagni, una cucina spaziosa e tre camere. Un po' di giardino e cose così... Ti piace? come la trovi?
- Ecco io... Io la trovo davvero carina. Una casa a tutti gli effetti. Magari...
- Cosa? Dì, dì pure, non farti problemi.
- No ecco, dicevo che, magari, per il mio personalissimo gusto un ritocchino qua e là lo farei, ma del resto le case devono somigliare a chi ci vive.
- Guarda, davvero, fai conto che sia casa tua, e di avere, non so, una grossa somma per apportare le modifiche che ritieni necessarie. Bene, cosa faresti?
- Ma, non saprei, diciamo che...
- Si? - chiese il padrone di casa, curioso e stimolato, in attesa di consigli.
- Beh, diciamo che, intanto, non capisco perché i muri debbano essere sempre bianchi. Voglio dire, cos'è, una tortura? I moribondi negli ospedali vengono torturati così, con l'incubo della luce, col chiarore delle cose; no, no guarda, troppo bianco: un bel muro nero, con striature opalescenti che confondano la percezione, e pavimenti in legno, legno scuro, che ci si possa camminare sentendosi arrivare, che scricchiolino come la mente di chi ci vive; perché la mente deve pensare e  non deve essere immota e fissa come queste mattonelle, come questi mattoni. Poi guarda che, per dire, la televisione, da qui, deve sparire. Ma dico io, sai quanto vive un uomo mediamente? Bene, vive si e no 70 anni: e vuoi passarli davanti alla tv? A me, di base, sta sul cazzo anche dormire, perché si perde tempo, capisci? E il tempo non si ferma mai, continuamente la materia si trasforma, e così tu, e poi muori, e non c'è ritorno, e quindi fanculo la televisione: e fanculo anche i termosifoni e il loro perpetuo effetto da sottomarino atomico. L'uomo ha bisogno di vedersi consumare nel fuoco, di ammirarne la potenza; nelle braci che sognano intense, delle ombre che danzano in tregenda, dei fumi di gorghi segreti, delle potenze che davanti al fuoco si radunano. Quindi fatti un camino, o magari due. E per piacere la cucina. La lavastoviglie è un'offesa a chiunque abbia le mani, e quel frigo, bianco!, come le finestre, tutte bianche! - Ma che si sono mai viste delle finestre bianche?
Ti svegli la mattina, tetro, e dici: apro, prendo un po' d'aria, e BAM! la finestra bianca, la cazzo di tomba di gesù cristo, e subito torni a letto. E muori, si perché con delle finestre così io mi lascerei morire. No, no no. Via, ridipingere, nero o marrone scuro. E queste mattonelle in cucina, dico, ma che diavolo... i fiorellini? Cosa cazzo è, questa roba, eh?, cos'è? No dimmi, adesso, che cazzo è. Lo voglio sapere. Il campo dei fiorellini del cazzo, mh? eh? La madonnina non è ancora arrivata?
Due pecore di plastica no?
Via! pareti nere, anche lì. Mattonelle nere, e legno scuro, non questo legno... cos'è, che legno è? Color diarrea. Qui ci si dovrebbe mangiare, in teoria, e tu hai messo merda ovunque. Tanto varrebbe andare a mangiare al cesso che, tra l'altro, è la peggior imitazione basso borghese di un bagno imperiale che abbia mai visto. E quella vasca poi, ma che avevi in mente? L'idromassaggio?
Ti toccherà metterci una televisione del cazzo, visto che il tuo tempo massimo in assenza di chiacchiericcio o rumori fastidiosi è di circa dieci secondi. E poi è enorme. Sarebbe da radere al suolo con una ruspa e farci una libreria, con una poltroncina, un ambiente dove poter anche sentire della buona musica. Sul giardino non dico niente, è ancora da iniziare ma sono convinto che rovinerai anche quello. E le camere poi. Che cazzo hai in testa?!
Cosa.. cosa sarebbe quello? Sarà mica un armadio?
Ma sant'iddio, ti rendi conto che l'unica cosa che sembra, quel robo lì, è un ascensore, cosa.. cosa cazzo è, un ascensore infernale?
Magari lo fosse, almeno la stanza avrebbe un senso, perché su questo letto, questa specie di materasso industriale, certo non si può dormire. E anche qui pavimenti che fanno male alla vista, fiori finti, fiori finti come al cimitero, il cimitero dei borghesi: la loro casa. Voi vivete, si fa per dire, e morite qui, e non vi rendete neanche conto di quanto tutto faccia schifo, di non avere un briciolo di buon senso.
E la tv nell'altra camera per cos'è? Avete proprio deciso, dannazione, di diventare degli zombie? Io piuttosto che vedere la televisione alla sera, come ultima cosa che faccio prima di dormire, e poi lasciarmi andare al sonno, preferirei bucarmi di eroina: si diventa scemi uguale ma almeno ti sembra di essere altrove, e non in questa topaia con le tendine a righe e quelle orribili, orribili foto del matrimonio, il giorno in cui vi siete condannati, e chissà poi che c'avevate da ridere, ma ridevate, e chiunque le veda, ora, non può che rivoltarsi, perché quelle foto sono un abominio, sono un'offesa alla cazzo di evoluzione che ha compiuto la specie: ma dico io, se dovevamo evolverci per finire con lo sposarci e vivere dentro una casa come questa tanto valeva restare sugli alberi; o non nascere proprio. Tu, guarda, era meglio se non nascevi; era meglio che nascevi morto.
Ma sei già morto, lo sei e non lo sai. Nasciamo già cadaveri, lo sai?
I bambini sono già cadaveri. E tu cosa fai per celebrare tutto questo? Metti un tappetino davanti casa con la scritta benvenuti?
Ma allora mi prendi per il culo, mi prendi per il culo giudeo di cristo; no dillo, mi prendi per il culo?!
Qua, borghesuccio mio, qua bisogna innalzare colonne di basalto con statue a lutto; là tende scure, e candelabri, e fiamme verdi, e fuochi, e camini, e librerie dolorose, e altre cose ancora. E su quel tappetino, borghesuccio mio, ci scrivi a lettere cubitali "atrocità di esistere".
 - E ora me ne vado - aggiunse poi, mentre se ne andava, senza che ci fosse bisogno di dirlo perché, appunto, se ne stava andando.

venerdì 7 febbraio 2014

Delle Olimpiadi, dei Froci e di come ci si farebbe la Boldrini

Ora, l'attualità in genere è quanto di più noioso possibile (si classifica a parimerito con i discorsi sul tempo che si fanno quando non si ha nulla da dire o non si vuole dire nulla / chiudere una discussione giocando d'anticipo).

Ma veramente avete rotto li cojoni, detto in politichese.

Uno si guarda lo streaming di piazzapulita o come cazzosichiama il presente format della gogna di Santoro. Nulla pro o contro ciò che dice ofc, avere una forte opinione su qualcosa o meglio ancora schierarsi è l'equivalente odierno dell'essere Ultras di qualche squadra.
Senza neppure avere un sacco di canzoni sconce da urlare a squarciagola.
Dicevamo..

Sei lì, snack alla mano e supporto di bestemmie aggiunto da parte di Pitran per commentare e passare qualche ora vedendo le scimmie che si massacrano (pane e circensi funziona per tutti, nessuno escluso. ma su più livelli, presumo).
Dicevamo..

Sei lì, tranquillo e pacifico che senti di chi ha insultato chi, di come la Boldrini in macchina se la chiaverebbero stile Serbian Film circa il 49% degli italiani (il restante non pervenuto o comunque ha altri fetish, presumo) e di come la tagliola fosse l'equivalente del praticare il catenaccio all'italiana. Corretto secondo le regole. Ma rovina tutto il divertimento.
Dicevamo...

Sei lì e queste cose si accumulano e si assommano, tutti dicono la loro riguardo le ingiurie e la scorrettezza di questo e quello. Spunta Travaglio in scivolata stile Mark Lenders dicendo che il problema è essenzialmente un altro ovverosia il rifinanziamento alle banche che è stato fatto passare un attimo prima che l'ostruzionismo avesse "successo". Stranamente non inserisce neppure troppi pugnetti in simpatia qua e la (e nemmeno qualche frase da cattostronzo) il che significa che, per lui, non c'è modo di reagire a questo.
Per un attimo forse sta per iniziare una discussione..spetta..eccola...qualcuno chiede la parola..
Ah no, la deputata M5S che è stata atterrata da una mosssa di wrestling, picchiata a terra e poi stuprata sul banco di montecitorio mentre i suoi figli la guardavano (non prima di aver rimosso con un rasoio le palpebre di modo che non potessero chiudere gli occhi). E' una cosa scorrettissima. Non-si-fa-cazzo.
Si inizia a sentire qua e la la parola pompino, cazzo, sega, vaffanculo. Il pubblico ridacchia. Niente da fare. Travaglio ritorna nella sua dimensione parallela (ma un pò più in alto nella scala evolutiva) a fissare le onnipresenti tette di Dio.
 Dicevamo...

Una stronzarandom (non ricordo chi, pardon) prende il coraggio a due mani e dice che questo decreto è stato obbligatorio dato che le quote delle banche eramo rimaste ferme alla seconda guerra punica e ora vanno fissate.
Ok, un'aberrazione detta così sfacciata e diretta ha il suo perchè. E forse la costringerebbe a parlare veramente di numeri, cifre, dati reali. Cose così insomma. Cazzo, una discussione reale.
Figurarsi.
Il mio cervello perde 2-3 secondi di concentrazione e stanno di nuovo parlando di mancanze di rispetto, femminismo e della Boldrini che s'è fatta la parata in ogni possibile talk show parlando di come i M5S siano squadristi e fascisti.
Il mio cervello c'aveva visto giusto sul prendersi una pausa, presumo.
Chiudo lo streaming e torno in una realtà simulata post apocalisse zombie a sparare a qualche poveraccio come me.
Dicevamo...

E' mattina, sei lì in attesa all'ospedale per prendere un referto da circa 30 minuti e ti aspettano almeno altri 20 minuti.
Vai all'edicola e vedi che no, per i titoli dei giornali è sempre una questione di parole e principio e di come sia mancato il rispetto costituzionale o di come il potere costituzionale non abbia rispetto di chi rappresenta il popolo .
Decidi che per il resto dell'attesa (e forse tutta la vita) ascolterai solamente i melvins fissando i vecchi e cercando di indovinare :
1= Di cosa sono malati
2= Quanto gli resta da vivere
3= Come faranno quelli del 118 a tirarli su da terra dopo il capitombolo con conseguente frattura del femore (solo per quelli con un peso superiore a 100kg, se son al di sotto è pure semplice con l'imbracatura)
4= Cosa faresti se avessi la capacità di guarire  le persone ma solo ad un patto: il malato dovrebbe scegliere un parente prossimo a cui vuol bene e trasmettergli, volente o nolente, tale malattia. E non sarebbe guaribile in alcun modo.
Questo per dire quanto noiosa è stata la mattinata, presumo.
Ma dicevamo..

Torni a casa dopo l'ennesima chilometrata post prandiale e beh...atleti dimostrano il loro dissenso nei confronti della campagna omofobica di Putin e le conseguenti olimpiadi, suscitando lo sdegno internazionale (ma pacato).
Come se il problema della russia fossero i froci.
I froci, cristo merda.
Forza ritardato, prendi un sacchetto, mettici dentro i numeri della tombola associati ad un VERO problema della Russia e pescane uno.  
 Avrai comunque il 100% di tirar su qualcosa di più importante di chi scopa chi in russia.
Dicevamo..

Se per Putin la campagna contro i froci è una gentile strizzata di capezzolo a tutto l'elettorato ignorante (e solo perchè non ci sono abbastanza negri e perchè prendersela con le etnie asiatiche o mongoliche sarebbe stupido visti i campi di lavoro) per l'opinione pubblica internazionale e il twittatore selvaggio è il perfetto campo di battaglia:
1: Non serve un briciolo di cultura per capire che è sbagliato.
2: E' assolutamente fuori da ogni senso logico (attaccare e demonizzare i froci avrebbe senso se ti rapissero, ti vestissero da Boldrini e partisse questa musica)
3: Per informarcisi non serve far altro che leggere una delle dodicimila testate online sull'ultimo pestaggio da parte di giganteschi russi rasati nei confronti del finocchio di turno
4: Indignarsi. un sacco.


Ma possibile che per il "buon senso comune" sia così fottutamente difficile?

"Cazzo, qua ci sono problemi e non bisogna vedersi sollevare un polverone o si finisce per trovarsi la gente coi trabucchi fatti in casa a tirare molotov"
 "Mavà, usiamo i froci/la boldrini/laparolapompino e vedi come si indigneranno solo per quello".
"Bella idea zio, vado a presenziare a 3-4 talk show mentre cerco su youtube un video di qualche frocio pestato da un subumano rasato e lo pubblico su reddit"
"Meno male che Dio ha creato i froci e la boldrini"
"E i pompini, non te lo scordare"
"Hai ragione, zio, hai proprio ragione."

Almeno la Thatcher ha preso a calci nelle palle gli argentini per delle isolette del cazzo piene di merda di gabbiano.

Dicevamo..
No niente, direi che posso tornare a farmi ammazzare a fucilate nel gioco degli zombie, gl hf

martedì 4 febbraio 2014

Non ho padri



Salve, io mi chiamo Mario Rossi. Mario, perché piaceva ai miei genitori, Rossi invece non so. Si insomma, diciamo che ogni cognome ha la sua origine, alimentata da un lavoro, un luogo, una forte caratteristica della famiglia, ecco. Ad esempio un cognome come ferrari poteva nascere in una famiglia di fabbri, quindi ferrai, ferrari, e altre varianti ancora. Il tutto sempre influenzato dalle dialettofonie del posto. Uno come fonteamara dal luogo, magari una palude insalubre, o uno stagno spoglio. Un altro come di stefano dal nome del padre, o del luogo in assenza di padre nel caso del cognome di napoli.
Ho fatto i primi esempi venutimi in testa, esempi del tutto casuali. Ad ogni modo il fatto è questo: i cognomi non ci appartengono. Non solo, ma sono anche a dir poco anacronistici, ma usiamo pure il termine: inappropriati.
Cosa c'entro io col mio cognome?
E tu, cosa c'entri?
Vi sembra una bella cosa doversi portare dietro per tutta la vita una parola che non solo non significa assolutamente nulla, ma che non ci siamo neanche scelti.
No, è una follia, un atto scellerato. Tanto varrebbe farsi dare un numero alla nascita, che almeno sai cos'è, sai che non significa niente, e sapendolo te ne fai una ragione. Invece no: ci danno una parola che, sarà pure venuta dal padre, ma a lui chi l'ha data? Un altro padre, che non ne conosceva il significato, che a sua volta la prese dal padre suo, anch'egli ignaro del perché, e così sempre è stato, ma dovrebbe ancora essere così?
Oh, no. Il cognome, se proprio dev'essere, me lo scelgo io. Mio figlio deciderà se tenerlo o scegliersene uno da se. E avanti in questo modo.
Bravi e arguti pensatori disdegnano le fedi organizzate per la loro evidente assurdità; altri si scagliano contro i più bassi comportamenti umani fomentati dall'ignoranza; eppure non ho mai sentito nessuno prendersela con la cosa più ridicola che le nostre società producono, i cognomi!
Non è forse, affibbiare una parola alla nascita, orribile quanto battezzare?
Datemi un numero, io dico, e a 20 anni sceglierò un cognome mio. Qualcosa che accompagni il nome che, quello si, per forza, perché è un nome, perché alla fine è solo quello, dovrò tenermi per tutta la vita. Ma poi, se mi gira, cambio anche quello.
A me, vedete, non sta bene niente. Mi sembra che tutto sia sbagliato; ma no, non sbagliato, mi sembra tutto così assurdo, così assurdamente pazzo, che anche chiamarmi, che anche un nome, un nome imposto, mi offende, mi pesa, profondamente mi mette a disagio, non me lo posso spiegare!
La famiglia Rossi?
COSA?!
No, ma che famiglia, ma che rossi. Niente famiglia, niente cognomi, solo persone che si autodefiniscono anche in quella serie di lettere che formano il nome e il cognome, anche in quello. Accettare un cognome è come accettare il credo imposto nel proprio spazio sociale; è come accettare un marchio mistico; una corrente vitale; io non accetto niente che non abbia adeguatamente soppesato. Che siano i villici bofonchianti a prender tutto per oro, o perché così sempre s'è fatto.
Inoltre i cognomi non sono iperuranici manco per il cazzo. E mi disgustano.


C'è un elenco, una serie di parole
vuote come il vento della notte
le si da come fardello ai nuovi nati
come vecchie storie mai narrate

Sono i nomi di tutti i fallimenti della storia
sono la pochezza della specie
Sono, senza essere mai stati, fuori luogo
inutili, fastidiose scene rotte

Io non ho padri
quindi non ho catene

Anonimo  - Parole nel vento