giovedì 22 gennaio 2015

Malvagio me




Io sono una persona malvagia, una persona forse malata. Sono una persona a cui fanno anche male il cuore e i reni, e perdo una forfora da disperazione; mi prude la pelle un po' ovunque e anche la digestione inizia a funzionare male - o non funziona affatto.
In realtà non sono del tutto cattivo, lo sono a sprazzi, con discontinuità; si potrebbe dire che non mi riesce neanche di essere del tutto qualcosa, e i miei comportamenti sono come un insieme di intenzioni abortite, di approssimazioni caratteriali.
Non sono insensibile e come tutti cerco di trovare in me una qualche forma di spiritualità, come tutti provo a vedere se ho un'anima; e tuttavia dispero di trovare alcunché. Parimenti a ciò non mi pettino e inizia a venirmi a noia anche lavarmi. Mi vesto con quello che trovo e spesso si tratta degli stracci con cui ho dormito. E dormo male. Cinque sei ore inquiete attraversate da incubi improbabili che hanno l'effetto di riportarmi alla veglia come se non avessi dormito o l'avessi fatto a occhi aperti.
Nei miei sogni agitati mi sembra di cercare qualcosa che si risolve sempre, al risveglio, in un turbinio agitato di colori sfocati abitato da uomini-fantasma che vivono ai margini della mia vita o l'hanno da tempo abbandonata; tutto è straziato come le coperte sudice in cui mi ritrovo impaludato, e per prima cosa mi gratto, strabuzzo gli occhi, e mi alzo senza lasciare niente di incompiuto nello pseudo sonno appena interrotto perché sonno al risveglio non ne ho mai, ed è come se mi trovassi lì per caso dopo essere caduto in deliquio, o svenuto per un gran male.
Il mio sguardo, che ormai pare ottuso oltremisura a causa dell'arrendevole malinconia che in esso vive, sembra lo sguardo di uno sciocco svuotato di tutto; e anche respirare silenziosamente mi riesce faticoso, e spesso sbuffo o emetto versi animaleschi nel compiere qualsiasi movimento, pure se mi gratto, e tutto mi viene a noia presto e niente riesce davvero a stupirmi, se non in quell'esteriorità studiata che mostro agli altri.
La compagnia di altre persone mi è sgradita come il puzzo dei maiali, e solo tappandomi il naso riesco a sfilare accanto alla gente o a prestarmi a brevi interazioni.
Mi interesso di cose distanti o lontanissime, e niente mi disgusta più dell'assurda realtà che circonda me e tutti gli altri. Sento di essere superfluo alla vita, come una erbaccia che nasce in mezzo al grano e in mezzo a quello stesso grano muore per assenza di luce, o calpestata da bestie che navigano i campi. Ma io non muoio, no, né se mi calpestano né se mi manca il sole: io continuo a vivere per dispetto, per crudeltà. per poter dire: ecco, mi calpestano e mi manca il sole! maledizione a tutto!

Non ho veri rapporti con nessuno né vi è davvero alcuna persona che possa farmi star meglio - ma ne vorrei forse una? A volte credo mi piaccia essere come sono perché quelli come me strisciano nel mondo per essere esattamente come sono, né potrebbero in alcun modo essere altro e meno di non scendere a compromessi col proprio essere, di divenire sciocchi come tutti gli altri - o intelligenti, o furbi, insomma il contrario di qualsiasi cosa siano gli altri -, gli altri che invece hanno ruoli diversi e a cui questo mondo sembra appartenere perché in esso stanno bene e trovano in qualche modo un senso per continuare ad abitarlo.
Io invece abito solo l'inferno, e l'inferno abita me. Come due fuochi che si consumano contemplando rovine e disperazioni. Io vedo la vita e dico: la vita è un parassita. Però vivo, mi frego le mani e vivo.
Vedo l'essere umano e dico: costui mi disgusta. Ma profondamente sono umano e di questa mia umanità spietata mi giovo come un avvelenato il suo veleno. E altresì penso: come mi piace odiare e stare male. Perché solo così mi definisco e mi pare di esistere!

HAHAHAH ma non sono queste solo sciocchezze e chiacchiere senza valore? E se così non fosse perché dovrei sprecarmi a scriverle, perché darmi pena! Io non mi curo di edificare nulla e tutto ciò che vorrei è la distruzione mia e degli altri - ma forse non è neanche così e sto mentendo, a questo foglio e a me stesso, mento per... ma via, lasciamo stare. Non è forse la stessa cosa?
Non è lo stesso? E se anche fosse qualcos'altro cosa cambierebbe?
Mi fa male la schiena, mi dolgono le ossa per il freddo e l'umido, e mi dico: copriti!
NO NO NO! non mi copro, voglio star male, sono dispettoso, sono pazzo.
Pazzo? può darsi, o forse lo sono gli altri. Eppure gli altri... no forse sono io il pazzo. Un pazzo cattivo e buono, attento e distratto, feroce e malinconico. Un pazzo che...
Non ho voglia eppure di mangiare. Masticare mi è insopportabile. Mi do fastidio se mastico come se fossi qualcun'altro e ho voglia di odiarmi, e per lo stesso motivo mi piace mangiare da solo, al buio, di nascosto, come una creatura della notte, come un animale ferito che sanguina nero, e così amo stare, mentre penso o quando mi lagno, dolorante e affranto; e se qualcuno arriva io lo sbrano!
Lo mordo, lo uccido. Sono una bestia fatta di buio e di rabbia - ma sono anche buono, sapete?
Oh sì, non tutto ciò che ho in me è male. Solo che... la consapevolezza, perché io sono pienamente consapevole di essere quel che sono, e non mi piace, e ci sto male, ma cosa farci dopotutto, potrei forse cambiare? no! e come si fa a cambiare, suvvia, come potrei mai essere altro, io, io che non ho mai saputo far altro che nascondermi e scrutare, io che... ma sì, lasciamo stare.
Infondo con gli altri non sono poi molto crudele, no.. perché? Perché non mi riesce, o non mi va, insomma non ne ho voglia. E poi amo il silenzio. Sarà che sempre più spesso mi trovo da solo e... e poi niente, non mi importa neanche. Sono tutte sciocchezze senza importanza.

Non mi importa più di niente. Non mi gratto neanche più! che pruda pure tutto, hahah che mi frega
hahahahah
HAHAHAHAHAHAHA!!!


Una volta non ero così, una volta amavo ed ero amato, e stavo bene, vedevo nitidamente i colori e non v'erano ombre a danzarmi tutt'intorno; una volta, oh, se sapeste... una volta ero felice, di quella felicità che non pesa sul cuore e piena di grazia rende la vita leggera e spensierata! E tutto andava bene, tutto aveva un senso, le cose, le persone, persino sperare aveva un senso.
Ma via, non è vero niente, niente. Io sono stato sempre così. Sempre.
E mi prude tutto, mi prude tutto!
Mi prude la vita!
HAHAHAHA


E non lo rileggo né lo correggo. Non rileggo più niente.
Non correggo più niente.

martedì 20 gennaio 2015

L'inverno che non c'è




La commessa della crai mi non-guarda in un modo strano.
Abbassa gli occhi, si volta con abilità. Persino alla cassa si guarda le mani e dandomi il resto si distrae sulla plastica del banco.
Ogni volta che esco da lì mi chiedo a cosa pensi. A cosa pensano le persone quando sembra che ci siano vicine ma non lo sono affatto? Probabilmente pensano al loro essere lì affranto.
Tornando a casa percorro un viale alberato, un pincio antico come la gente che lo borbotta defilandosi. Tutto intorno la campagna, a sinistra l'antico muro medievale che fiancheggia il cimitero. Me lo immagino sempre così il cimitero, marmoreo e innevato. Sì, sono un romantico.
In realtà anche i cimiteri sono ormai luoghi banali, fatti di plastica e grondaie.
Però fa caldo. L'inverno ancora non è arrivato
E non c'è nessuno, giusto quei due vecchi che si detestano fianco a fianco dondolandosi verso un bicchiere di vino che ormai sa di marcio. E un giovanotto col cane, che visto da qui potrebbe essere pure una donna. Da qui non fa molta differenza.
Anche il cane ha caldo. C'è ovunque un disagio infastidito, un guardarsi intorno esterrefatto.
L'inverno non è arrivato.
Sì, durante le notti più lunghe dell'anno ci i era illusi di un grande freddo incombente, di una bufera di chiudersi in casa a guardare la brace pulsare. Ma è stata un'inezia, un breve armistizio della stagione del tutto uguale.
Diceva Ungaretti che "le notti chiare erano tutte un'alba". L'anno senza stagioni è tutto un'ansia. Tutto uguale, tutto deluso e non mantenuto.
Non ha picchi, non prova emozioni. Come in un nirvana si allontana da tutto senza desiderare nient'altro, e cessa di mutare.
Quest'anno non c'è stata neanche la nebbia. Il che è singolare dati i livelli di umidità raggiunti.
Mi chiedo che tipo di danni stiano facendo, e me lo chiedo pensando a un mostro ributtante acquattando dietro all'angolo. Penso a loro come a quella cosa dietro l'angolo.

Davanti la fontana dei bambini che ridono e fanno pipì mi è venuto incontro il cane assieme alle luci del borgo che si ingigantiva davanti. Una ragnatela che non c'era mi ha sfiorato il viso.
Che enorme, grande e bellissima quercia alla fine di questo pincio. Sembra un cuore verde frondante. Che potenza, che slancio, non è forse questa quercia la cosa più bella che vedrò prima di arrivare a casa?
Da qui in poi solo macchine e asfalto. E neanche il conforto del freddo e del rintanarsi dentro se stessi per affrontarlo. No, invece fa caldo.
Un benzinaio. Una pizzeria. Un pizzicagnolo. Un bar chiuso.
Qui quando il bar è chiuso sembra un racconto di Lovecraft. Ecco, ecco dove vivo. Il mio paesino è una Innsmouth senza mare, una Dunwich senza boschi, dove tutto si ripete senza poter essere interrotto dall'orrore.
Eppure l'inverno è forte e si scaglia contro la metodicità e il ripetersi delle periferie esistenziali.
Solo che l'inverno non c'è, ed è colpa sua se nel pensarlo lontano inizio a fantasticare su questa e altre cose.
Ma almeno la birra l'ho presa.

~ Non riletto ~

giovedì 1 gennaio 2015

Quando sarò morto da cento anni



Quando sarò morto da cento anni non sarò mai esistito.
Chiunque abbia conosciuto, tutti quelli che mi avevano visto, saranno morti come me.
E nessun altro saprà che ho vissuto.
Tra cento anni sarà come se non fossi mai esistito.

Quando sarò morto da un milione di anni della mia civiltà non resteranno che scorie sotto le pietre del tempo, e così di tutte le altre, una civiltà dopo l'altra fino all'esaurimento del pianeta.
Tra un milione di anni sarà come se l'uomo non fosse mai esistito.

Quando poi, infine, l'universo si sarà allargato fino all'ultimo confine, e le stelle saranno tutte spente o così lontane da non scorgersi più - ma chi ci sarà rimasto a vederle? -, cosa resterà di tutto ciò che è stato e che ha vissuto, se non un grande, enorme silenzio, e un'oscurità senza confini, come a voler significare: qualcosa è mai davvero esistito?

Tutto quello che crediamo di essere è solo una scintilla nella vastità del cosmo in aumento. Non siamo parte di niente perché non vi sono parti ma solo ruoli temporanei destinati a decadere in nulla.
E allora quando sarò morto da tutti gli anni che vanno fino alla fine del cosmo io realmente non sarò mai esistito.

Eppure ora ci sono e quest'attesa del non esserci mi consuma con un anticipo spietato, come una mostruosa avanguardia del niente. Un dissolversi trattenendo il fiato.