lunedì 30 gennaio 2017

Verso l'inverno




Finalmente è arrivato un po' di freddo, non ne potevo più di girare in mutande.
Le giornate si accorciano, alle cinque fa già notte, e se piove fa notte anche prima, e in casa prima ancora, con le maniche lunghe, i calzettoni, e la maglia chiusa fino in cima. Sul divano una copertina.
Per le persone malate come me - la malattia è il non aver più voglia di fare qualcosa - il freddo è l'alibi perfetto per starsene immobili a non fare assolutamente niente. Niente che non possa essere fatto su un divano, insomma.
Questo mi fa venire in mente una strana storia sentita anni fa. Non ricordo più cosa c'entrasse col freddo, se in inverno fosse accaduta, o se in inverno me l'avessero raccontata. Ma poco importa.
Insomma... c'era una vecchia. Ma dopotutto neanche così vecchia, se non ricordo male lo era appena un po', e aveva una figlia brutta, ma brutta sul serio, e pure stupida. Anche la vecchia era un po' stupida, ma aveva un gran cuore. Diciamo pure che era buona.
Le dispiaceva, si sa com'è, che questa sua figlia brutta e stupida non avesse trovato marito, e in qualche modo, qualche strano modo, pensava che - sebbene anche la storia non sia poi così vecchia, è passato giusto un po' più di qualche anno - un corredo l'avrebbe aiutata a trovare un uomo.
Pensa e ripensa deve essersi detta: tanto vale che glielo compri tutto insieme! E così fece.
C'erano, allora, ma è probabile che girino ancora adesso, dei viaggiatori, dei venditori erranti, con tanto di valigetta e catalogo dentro. E sui quei loro cataloghi avevano tanti prodotti, anche quelli che servono a farsi il corredo. La vecchia ne chiamò uno e scelse un pezzo alla volta tutto il necessario per sua figlia. Comprò di tutto, dai tovaglioli ai piumoni invernali, e quando arrivò il momento di pagare il viaggiatore, il venditore con la valigetta, le disse qualcosa che suonava più o meno così: mi firmi questo assegno, me lo firmi in bianco. Poi con calma faccio due conti e scrivo la cifra totale che dovrà pagarmi.
La vecchia, che era stupida, e sua figlia, che era stupida e anche brutta, quindi due volte stupida, si dissero che era un'ottima idea, firmarono senz'altro. E qui arriva il bello della storia, o il brutto. Fate voi. È comunque la parte che insegna a non ostinarsi troppo nel voler sistemare dei figli eccessivamente brutti, e che il mondo è un posto troppo complesso per potersi permettere d'essere sciocchi.
Il viaggiatore mise una cifra sull'assegno, ma non il totale degli acquisti, e neanche il totale di tutti i prodotti che aveva sul catalogo. Nient'affatto, ne scrisse una enorme, spropositata, tanto alta che nessuno l'ha mai tenuta a mente per intero, ma erano comunque parecchi milioni di allora. Qualsiasi fosse la valuta. Insomma decise di ingannare la vecchia e sua figlia facendo loro pagare una cifra altissima. La firma ormai c'era, perché non approfittarsene?
Chissà cosa avrebbe fatto qualcun'altro, chissà cosa avrei fatto io. A proposito di me, mi metto un maglioncino perché fa già più freddo. Che bello sentirsi abbracciati dai vestiti. Dicevo... chissà cosa avrei fatto io, fatto sta che lui, il viaggiatore lo fece, e da lì a poco il conto fu presentato.
Non pagare, tutti dissero. Non sborsare un soldo, fu il consiglio della gente.
E nessuno, a esser sinceri, lo avrebbe fatto. Non fosse che, nella fretta, la firma, sull'assegno, l'aveva messa non la vecchia, ma sua figlia. Un po' perché la vecchia non era proprio bravissima a scrivere, e un po' perché, ecco, la vecchia ci teneva, ci teneva davvero tanto affinché fosse sua figlia, la giovane con un radioso futuro già programmato, ad apporre la firma, come se così facendo stringesse non solo un contratto col venditore, ma come se stesse firmando un vero e proprio accordo col destino: con annessi fidanzamento e matrimonio.
Così firmò la figlia, e le banche i soldi li chiesero a lei. E fu allora che, da brava madonna, la vecchia ebbe a dire: no! che nessuno infanghi il nome di mia figlia, lei deve sposarsi e avere un radioso futuro!
Così, martire gonfia d'orgoglio, disse, a sua figlia, al compratore e a tutti gli altri che assistevano alla vicenda, disse queste parole: pago io!
E intanto l'inverno arrivava, proprio come ora. La vecchia aveva un lavoro, niente di troppo appagante o remunerativo, ma era pur sempre un lavoro, e mese dopo mese iniziò a togliersi soldi dallo stipendio per darli al malvagio venditore (anche se non lo considero proprio malvagio, è solo che di certe persone se non te ne approfitti tu lo fa qualcun'altro), e con quello che le restava, mentre la brutta figlia provava un ragazzo dopo l'altro nel tentativo di farsi sposare, aveva a malapena i soldi per mangiare qualcosa, e che cosa poteva mai accattare con una somma così irrisoria, quel poco appunto che le restava dopo ogni pagamento al viaggiatore? Mortadella. Dicono che mangiò pane e mortadella per otto anni, e che per lo stesso tempo non comprò nulla che potesse esserle d'aiuto, né un lenzuolo né un asciugamano, tanto che quando la fine dei pagamenti si avvicinava era difficile trovare qualcosa nella sua abitazione che non fosse tutta bucherellata. D'inverno soffriva il freddo perché i riscaldamenti erano spenti. E d'estate non poteva permettersi neanche un gelato.
Quando finalmente finì di pagare, ed ebbe riscattato il buon nome della figlia davanti a tutti, lei, la figlia, quella bruttina e stupida, morì, non si sa bene di cosa, ma si sa com'è, certe persone sono fatte male sia fuori che dentro, e così qualcosa le si ruppe e via, morta, senza essersi sposata o aver mai usato il corredo.
La vecchia, che nel frattempo era invecchiata per l'amara vita che conduceva, invecchiò tutto insieme di parecchi anni, e forse fu proprio lì che presero a chiamarla vecchia. Rimbecillì del tutto e sprofondò nel dolore.
Ora non so bene come sia finita questa storia. Certi dicono che si sia indebitata nuovamente per far fare alla brutta ragazza una tomba bellissima con cui tutti potessero ricordarla, e ora mangia ancora pane e mortadella per ripagare il debito con l'impresa funebre. Altri dicono che sia completamente impazzita e non sia più uscita di casa dove borbotta con dei gatti.
A me non interessa molto. Certo bisogna dire che, sempre che questa storia sia vera, quella vecchia era davvero una povera sciocca. Chissà poi se è tutto vero.
Certo che una storia del genere ti fa, come dire... ti fa godere ancora di più il maglione, lo stesso che ho appena messo, e che mi auguro di non dovermi più togliere fino ad aprile.
Viva il freddo. Anche se ci vogliono più calorie, e a proposito: ho fame. Hum, mortadella. Anche oggi solo pane e mortadella. Stupida vecchia.

lunedì 23 gennaio 2017

Sorella Morte



Sorella Morte lasciami il tempo
di terminare il mio testamento

De andré

Sorella Morte: portami via. Ma no, non adesso. Ma che che discorsi, è ovvio che non intendessi adesso.
Quando?
Hum, tra un po'. Mica si può morire così, all'improvviso. Uno, prima, ecco, uno prima deve avere, come dire, almeno il tempo di pensarci. A cosa? ma alla Morte. A cosa sennò.
Pensarci in-ten-sa-men-te. Fino a perdersi, a sfiorare l'ultimo buio. impazzendo.
Come sarà quell'attimo prima di finirci dentro? e il mentre?
E chissà se c'è un modo migliore, uno peggiore, o persino un'età più adatta.
Di sicuro è meglio non nascere.
Ma se proprio dovessi scegliere, se mi fosse stato dato di farlo, allora, certamente, sorella Morte avrebbe dovuto mietermi da bambino: perché da bambino cosa ne vuoi capire. Quell'attimo sull'orlo del baratro non lo hai mai immaginato, al non-essere non hai ancora avuto modo di pensare. E la Morte arriva così, come un gioco, un lungo sonno, e se ti dicono che stai per andare in cielo con Dio ci credi, ci credi tanto da immaginarti come dev'essere stare lassù, con Dio al centro e gli altri angeli tutt'intorno, e tu lì, senza ben capire a far cosa, né come o in che modo - ma ci credi.
Chi arriva all'adolescenza è perduto per sempre. La vita quasi nello stesso momento ti pone davanti tutte le atrocità di cui è composta e tu sei finito. Poi c'è anche gente che decide di integrarsi lo stesso e si costruisce un personaggio per vivere serenamente il proprio spazio sociale. Quelli finisco anche peggio.
Allora sorella Morte portali via. Prendi tutti i bambini e portali con te prima che capiscano. Sotto la tua ala nera verso il dolce sonno del mai più. Portale via tutte le giovani vite, in ogni parte di questo oscuro mondo. Come un crepuscolo danzante falli di ghiaccio con la tua luce cerea, e che non se ne senta più parlare.
Da adulti è tutto diverso, quando ci si accorge di cos'è la vita ormai è troppo tardi persino per ammazzarsi. E allora... e allora niente, si sopporta. Ognuno va illudendosi per le vie come può. Come meglio gli riesce. Di sorella Morte si ha paura, la sua voragine eterna spaventa, toglie il fiato, a pensarci certi cambiano anche colore, passano dal rosso spavaldo a un bianco colmo d'orrore, e poi trasaliscono in singhiozzi. Eh no, ormai è decisamente troppo tardi per morire senza pensarci credendo a Dio e ai suoi angeli batuffolosi.
Forse, dopo l'infanzia, un altro momento buono è quello della senilità. Non a caso dicono si torni un po' bambini. Il cervello si indebolisce, gli occhi sono sempre sull'orlo del pianto e si è stufi di vivere, si è stufi praticamente di tutto. A parte gli acciacchi, i dolori, ho sempre notato come le persone di una certa età sembrano tendere alla pazzia, la pazzia propria di chi non ne può più di esistere. Se vivessimo fino a duecentocinquanta anni dovrebbero legarci e tenerci sedati fino all'ultimo respiro o commetteremmo delle stragi inaudite, la vita ci avrebbe così tormentato da creare delle terrificanti esplosioni di odio e di rifiuto per tutto ciò che esiste.
Gli stessi anziani avessero un po' più di forza sarebbero una calamità sociale, e i giovani dovrebbero temerli in ogni luogo. Ma, così come stanno le cose, da anziani sorella Morte ci coglie meglio se siamo un po' annebbiati. Allora Morte prendili tutti i vecchi stanchi e affannati, e portali via, in altri vuoti, per l'eterno mai più esserci, amen.
E io? io non voglio morire. Ma vorrei anche non essere mai nato. Come trovare un equilibrio?
Non c'è, non si trova manco a morire. O giusto in quel modo.
Eppure vorrei, più di ogni altra cosa, esser morto da bambino. Non me ne sarei accorto, Morte mi avrebbe preso per mano e saremmo andati là dove già mi sento: da nessuna parte, a fare quello che mi riesce meglio: nulla, nell'unica misura temporale che non avverto effimera: l'eterno.
Tanto a cosa serve tutto il resto?



Però vuoi mettere assaporare il trapasso ascoltando i disperati lamenti di Bach? Quello un bambino non può farlo, né il vecchio rimbecillito. Forse - forse - qualcosa per cui è valsa la pena uscire vivi dall'infanzia c'è. Ma cos'è, in fin dei conti, se non un livello superiore di comprensione verso l'orrore supremo che ci circonda e ci avviluppa in questo grottesco angolo di universo.
Che differenza, dopotutto, tra un imperatore filosofo e il contadino schiavo della sua terra?
A separarli solo la potenza delle loro elucubrazioni, l'intensità con cui si disperano: goffa e inadeguata quella del contadino; ricercata, nobile quella del sovrano.
Ci si eleva al solo scopo di sprofondare da un'altezza maggiore in qualche abisso, lo stesso in cui l'uomo elevato attende sgomento di cadere.
Quanto mi piacerebbe ora leccare un gelato e dimenticarmi di tutto.
L'altro giorno una ragazza mi ha detto "Penso di avere un problema, non sopporto i bambini". Naturale, le ho risposto, nessuno li sopporta, sono dei rompicoglioni terrificanti. Solo un'abominazione come il cristianesimo può spingere le persone ad amarli interessandosi di loro.
Non è solo il casino che fanno, assolutamente no. C'è altro. Sappiamo che sono ancora ignari di tutto. Nessun lugubre pensiero ha ancora sfiorato i loro crani.
È come trovarsi davanti un uomo di fede: non è tanto il suo folle credo a infastidirci quanto piuttosto sapere che egli non percepisce di stare scivolando verso il buio senza che qualcosa in particolare della sua vita abbia senso per l'universo circostante. Io ne sono terribilmente conscio e questo pesa su tutto ciò che faccio, lui no. Mica è giusto.
Quanto vale per il fedele vale anche per i bambini. Troppo all'oscuro di tutto galleggiano sulla vita. A consolarci solo il saperli un giorno adolescenti, se tutto andrà male.
Ma come sempre Bach un po' mi ha rilassato. Ora mi sento peggio. Questo è un periodo davvero terrificante, la mia depressione se fosse misurabile in gradi sarebbe un inferno di fiamme, e quest'anno in particolare sta peggiorando. Non c'è una causa specifica, è il tutto.
Non è normale che sostenga certe teorie. Si è mai sentito qualcuno che vuole la morte di tutti i bambini perché non debbano entrare nelle sofferenze della vita? Eppure, parola mia, lo è. È normale, è giusto. Certamente è malato. Di sicuro io sto male.
Ma che posso farci, cosa fare?
Alcuni sapientoni mi hanno detto: sei così tetro che trascini nella tetraggine chi ti vuole bene. Forse hanno ragione. Naturalmente avere ragione in simili faccende non conta assolutamente nulla. Si tratta di vani esercizi di retorica. Ma se anche fosse una ragione sensata? che potrei farci, quali rimedi all'esistenza, nessuna cura per la crocefissione quotidiana. Solo qualche fiaba nera con cui cullarmi.
Soltanto un po' di poesia del male.
Ma ormai anche il più piccolo dei rimedi mi sembra impossibile. La parola che ho sempre sulla punta della lingua è "incredibile", direi solo quella. Incredibile!
Giro giro tondo
casca il mondo
casca la terra
tutti giù per terra
Tutti i bambini conoscono questa filastrocca. È una filastrocca terrificante e bellissima.
Non so come continuare, vorrei scrivere ancora un po' ma non mi va più, non saprei cos'altro dire. Posso mettere un pezzo e rilassarmi un po'.


Che meraviglia. Cioran ha scritto che dopo certi adagi non si può più imputridire. Come dargli torto.
Musica dal profondo, dalla notte, dal pianto, se l'umanità avesse un'unica tomba nei suoi pressi si ascolterebbe sempre un adagio di Bach.
A me, Bach, non mi fa mica bene. Mi fa solo stare peggio. Ho parlato con altri depressi e costoro dicono che per reagire alla loro depressione preferiscono ascoltare musica energica, che dia carica, che spinga.
Ma io non ho bisogno di nessuna spinta, non voglio andare da nessuna parte. Mi piace stare qui, sul fondo, al buio, e, adagio, scivolare, e vedermi farlo, giù, da qualche parte, senza grandi lamenti, e a chi mi dà la mano lo porto con me, che tanto nel buio c'è spazio.

Non corretto.