lunedì 28 settembre 2015

Ammassi stellari




Immaginatevi un rapporto sessuale promiscuo nell'Europa cristiana dei primi secoli. Certo l'uomo raggiungendo il piacere si era prefisso di pensare a Dio; la femmina probabilmente per redimersi faceva altrettanto. Quanti orgasmi raggiunti concentrandosi sul vuoto: voluttà nichilista!

Bevendo ci avviciniamo a Dio: è l'immediato che diventa eterno.

Il sistema del debito infinito su cui si reggono le economie mondiali somiglia al Dio assoluto, verso cui siamo tutti eternamente in debito.

Ai primi freddi, dopo l'estate, l'anima rinasce. Si prepara per nuove decomposizioni.

Vi fu un tempo in cui i soldi non facevano la felicità: era quello il tempo dove esistevano dei valori. Caduti questi, cancellata ogni idea, chi potrebbe oggi sostenere che i soldi non possano comprare tutto; non solo la felicità, ma anche cose molto meno importanti: ad esempio l'amore.

La felicità altrui mi ferisce e mi rasserena; ma più che altro mi sbigottisce.

Nelle vuote giaculatorie dei rosari c'è lo stesso inutile ripetersi dei cicli vitali.

L'assenza di talento è rimediabile con l'alcol, o col dolore.

Persino nel momento in cui sembro trovarmi bene con gli altri vorrei essere altrove, fuggire in un bosco. Ansia da appartenenza, vertigine di partecipare alle cose, la propensione all'eclissi trova in me l'ideale allineamento di tutti i pianeti mentali.

L'ansia immotivata è l'unica che sia nobile provare; distaccata da tutto, le basta come alimento il perpetuarsi dell'esistere.

La più grande violenza dei monoteismi è di proibire il suicidio.

Chi in guerre stellari non vorrebbe essere un Sit; nel signore degli anelli Sauron; nei racconti di Lovecraft un qualche negromante; nella bibbia Lucifero?
Il bene è un errore della natura. Il più grande dopo la vita.

Non c'è nulla di realmente bello nella natura: i fiori si prosciugheranno, il mare appassirà, tutte le creature belle o brutte che siano se le porterà via il vento; ogni intenzione si decomporrà.
Solo i ricordi che abbiano di essa ci sembrano meritevoli, ma nella tomba a chi raccontarli?

Cosa dovrei farmene della lucidità mentale?

Gli Dei non sono morti: hanno semplicemente disimparato a sopportarci.

Meglio il bacio di una sconosciuta di tutti gli imperi sognati; di ogni tesoro pensato infondo al mare.

Ho trovato più incomprensioni sul viso di una qualsiasi ragazza che in tutti gli enigmi delle stelle.

Quando passa qualche giorno dacché ho bevuto, e acquisto piena lucidità mentale, non riesco a sopportare di esistere, specie la sera quando resto solo. L'unica cosa per cui mi sembra di vivere è la prossima perdita di coscienza, il successivo vivere a malapena: attendo di tramontare dietro la ragione.

Nel Corano Allah disse al demone del fuoco Iblis: sottomettiti all'uomo poiché egli è la creatura perfetta. Offeso dal doversi piegare verso esseri fatti di fango, preferì sprofondare nei suoi vortici infiammati. Fratello in dissidenza con Lucifero, entrambi dimostrano il livello dilettantistico di Dio e il suo unico assolutismo: il cattivo gusto.

Il nirvana altro non è che la pienezza del vuoto, il tutto in uno. Come non essere tentati di fonderlo con la violenza, di raggiungerlo col suicidio?

Come non comprendere le parole del fondatore del cristianesimo, che sulla croce, al culmine della sofferenza, ebbe a dire: padre, perché mi hai abbandonato?
Solo nel tormento si rese conto della sua follia, un attimo di lucidità lo travolse incatenandolo ai secoli.

La storia non avrebbe mai dovuto essere, e con essa la civiltà. L'uomo dovrebbe vagare nudo e pulcioso per qualche millennio ancora.

La cosa migliore creata dal cristianesimo sono i camposanti. I primi cristiani credevano davvero di essere immortali: quale delusione nel vedersi morire come gli altri!
Da lì l'assurdità di conservare tutti i cadaveri in attesa della resurrezione - il giudizio si pensava imminente.
In quanto regione di confine, luogo di tormento, se ne sono interessati un po' tutti, specie chi non ha mai saputo arrendersi all'esistenza: chi non vi ha mai passeggiato piacevolmente affranto?

Gli antichi credevano che gli Dei amassero la crudeltà; per questo vi si applicavano minuziosamente. Con lo scadere dei secoli la morale trasformò questo sentore in simpatia per il dolore - senza marcire in compassione, vista come una malattia mentale - e nel diffidare dei troppo felici. Discutibile?
Eppure i cristiani seppero fare meglio: delusi dal non essere immortali com'era stato loro promesso, impararono a essere crudeli verso se stessi. Gli Dei, disgustati, se ne allontanarono. Rimasero a guardare solo demoni con il gusto dell'orrido. Il più vuoto di loro divenne l'unico Dio.

Nell'antichità il senso di comunità era molto più sviluppato; chi non rispettava la morale corrente recava danno a tutti davanti agli Dei e veniva perciò punito. Il cristianesimo, con la sua esigenza di salvarsi, sebbene non fosse sua intenzione, ci ha slegato, disunito: ognuno pensi all'anima sua, dice il cristiano. Sarà poi Dio a pensare a tutti. Ma come affidarsi a un tale sociopatico?

Le ultime parole di Socrate sono state "O Critone, noi siamo debitori di un gallo ad Asclepio: dateglielo e non dimenticatevene". Cosa? ma che forse un filosofo morente si ricorda di dovere del denaro a qualcuno? Il dubbio che ci abbia sempre preso in giro qui si rafforza, o semplicemente intende evidenziare che la vita, fino in fondo, è un vizio.

Un amico che conosce bene me e la mia vita mi dice spesso che è incredibile come non sia diventato un assassino.
Gli rispondo che, in compenso, tutti i giorni uccido me stesso.

Capita a volte, trovandosi in mezzo agli altri, di non avere più nulla da dire, niente da fare. Tutto è superfluo, lo si sente, lo si sa. Dura il tempo di riscuotersi, di rimettersi in moto. E poi tutto riprende a precipitare.

La differenza tra un cristiano e un ebreo è la stessa che c'è tra lo stoccafisso e il baccalà.

Inutile negarlo, i monoteismi offrono una salvezza alla portata di tutti, da qui il loro successo. Per Dio siamo facilmente condannabili all'eternità.

Nella Russia zarista la ricchezza si misurava in anime: quelle dei contadini. Possederne molte significava elevarsi socialmente. Dato che il censimento avveniva ogni dieci anni, era possibile una sublime forma di negromanzia: possedere l'anima dei morti! E pagarci le tasse.

Cristianesimo e Islam
L'islam, partendo dal nulla, crea una sua civiltà. Il cristianesimo, trovando una civiltà al collasso, vi si adagia sopra come un cadavere. L'islam è alba, il cristianesimo tramonto.
Eppure quali differenze nei contenuti! chi mai potrebbe non sostenere la superiorità culturale dell'Europa cristiana nei secoli a venire? E l'islam? s'è fermato al corano. Ma dopotutto, se solo nella notte ci si può illuminare, cos'è meglio, l'alba o il tramonto?

Quando mi sento spazzato via è alle galassie che penso, a tutti gli ammassi stellari. Cosa dopo di loro, e oltre l'ultimo abisso? Non saperlo è già qualcosa.








































venerdì 25 settembre 2015

Il Nulla




Meglio sciapo che salato, mi ripeto, assaggiando questo petto di pollo in padella: non sa mai di niente, qualsiasi cosa ci metta, pomodorini, alloro, rosmarino, peperoncino, curry, aglio, o qualsiasi altra diavoleria, niente, non sa mai di niente. C'è poco sale? meglio, il sale si può sempre aggiungere. Il problema è quando ce n'è troppo. Allora, in quel caso, cosa devo fare, sciacquare il cibo sotto l'acqua? Mh, sì sì, meglio sciapo. Meglio che non sappia di niente. Il sapore va bene anche posticcio.
E dunque, così, non sa proprio di niente, è sciapo, insipido, come questa giornata, come tutta la settimana. È una settimana, questa, che pare cucinata da un iperteso, e anche da un diabetico: qualsiasi gusto, ogni sapore è stato ucciso. Ci si limita a nutrirsi per restar vivi, e così questa settimana cosa ho fatto se non limitarmi a restar vivo? Come mi è venuto tutto a noia.
Perlomeno, voglio dire, perlomeno piove, il caldaccio è defunto; fa anche notte prima.
Ma che dico poi, bah, quand'è così mi pare di impazzire, ti vengono in mente le cose più strane, ma è mai possibile che me ne stia, qui, sul divano, coricato, a occhi aperti a pensare a quella cosa? proprio ora, così, dal niente, pa-ta-bum!, se n'è sbucata fuori. Dove se ne fosse stata finora non si sa, è un mistero. Eppure ora è qui, mi cammina in testa, ride di me e va su e giù, e mi dice, ecco, non tanto che io ho bisogno di lei, quanto piuttosto che così non va, che proprio ci vuole un cambiamento, e altre cose del genere. E non se ne va. Cambiare? ma che forse posso cambiare all'improvviso?
Così mi alzo e provo a far qualcosa: ma ho in mente una stregoneria e più provo a scrollarmela di dosso più mi pare d'esser scemo e stregato. "Sono qui!", mi dice, "non me ne vado!".
Senz'altro è la noia: dà strane vertigini la noia, riesuma putrefazioni mentali. Eppure no, quella lì è tutto meno che putrefatta, tutt'al più lo sono io, qui, su questo divano. E poi al diavolo, dovrei proprio buttar via tutto, ricominciare daccapo: ma che forse ci si può bloccare, così, tutto un pomeriggio, a pensare a un viso: anzi nemmanco a un viso, a un sorriso: s'era mai sentito niente di più ridicolo?
Persino un giovane Werther mi riderebbe in faccia. Mi direbbe, ecco sì, mi direbbe che debbo far qualcosa, e che proprio a vedermi così prova pena e anche un po' di.. come dire: mi darebbe un calcio, eccome se me lo darebbe.
Ma poi del resto ho già provato, leggere non mi va, studiare neanche; quand'è così, parola mia, fortunato chi gli cade un fulmine in testa, che almeno quello lo si può maledire: ma io con cosa posso prendermela?
A volte, quando ho proprio bisogno di smettere di pensare, faccio finta che un mio caro amico sia morto, e di trovarmi al suo funerale. Che dolore, e come siamo tutti commossi; ci si stringe e persino il più duro piange, e allora sì che viene tutto fuori, il pianto: quant'è liberatorio.
Ma ora, che dire, neanche di pensare a quello mi riesce. Niente, quand'è così c'è solo da bere. Ma stasera manco se ne parla, e anzi: prima di parecchi giorni niente da fare.
E allora eccoci qui, io e lui (lui il mio pensiero, s'intende): modo di evaderlo non c'è, qualcosa da fare non ce l'ho. Soluzioni? Nessuna.
Ma sì! mi ammazzo! Così poi non ci penso più. Nel senso che non penso proprio più a niente... no, no, neanche uccidersi si può. Vediamo di sopportarlo, e parimenti di sopportarmi. A che pro deprimersi, ossessionarsi, dopotutto?

Lei è sempre lì che mi sorride e passa e ride e a un certo punto passa e neppure mi guarda più ma io so che ride, non la vedo in viso ma ride. E Lei è ovunque, è dappertutto, e che io me ne stia qui a marcire o che me ne vada in mezzo ai venti Lei mi seguirà, perché è dentro di me. Oh suvvia poi, nulla di quello che scrivo è vero, sono solo stanco e impressionabile, e rimescolo inopportunamente i ricordi. Se solo potessi resettare il mio cervello e non conoscere più nessuno, se solo potessi farlo, non mi seguirebbero più, non mi sveglierei pensando a nessuno, non sarei distratto in nulla da un bel niente. Via via, sono solo impressioni di una persona annoiata, pensieri insipidi. Che sarà mai.
Mi ripeto, dico a me stesso: non è niente. Niente. Questo niente non lo conosco, in realtà nulla conosco.
Lei mi abita dentro, mi percorre senza pietà. Un giorno mi schiaccerà del tutto senza accorgersene, e finalmente potrò cadere senza fine. Ora ha quel volto, prima ne aveva un altro, domani ancora lo sa il diavolo con quale volto verrà a trovarmi, ma sotto la sua bella pelle, sotto quel sorriso che t'innamora, c'è un mostro che squarta e fa a pezzi, che si è messo in testa di suicidarmi per disperazione. Ma perché non può uccidermi adesso, ora?! È  necessaria quest'agonia?
Ma dopotutto è solo noia, noia e tristezza; qualche ferita al cervello che non si rimargina. Non è niente, assolutamente niente. È niente, un niente che divora.