lunedì 10 febbraio 2014

Il mago dei soldi




Il lavoro è una maledizione che l'uomo ha trasformato in piacere.

E.C.


Eccomi qui, mi presento: Sono Sir Poney Menny, Noto uomo d’affari e abile tergiversatore di trattative; è possibile che abbiate sentito parlare di me, ed è ancora più probabile che io abbia fatto un affare con voi.
Come, starete pensando, sì perché voi siete di sicuro quei tipi, quelli lì insomma, avete capito? Quelli che pensano troppo: io li chiamo gli eccentrici. Non so se il termine sia adatto, del resto è solo un termine, e non ho tempo per pensare a queste cose, sono un uomo d’affari, io.
Questa è la mia storia, la storia di come sono diventato ricco, ed è anche una guida al diventare ricchi. Un caposaldo del nostro occidente dovrebbero chiamarla, altro che! Eccome se dovrebbero, anzi, mi studieranno a scuola, seppure le scuole siano inutili; ma veniamo al dunque, il tempo è denaro, e se volete farne dovete fare come me.
Sono nato a Vaudeville, un elegante borgo fuori Londra, circa ** anni or sono, da genitori più che benestanti: mio padre operaio, mia madre sarta.
Fin da bambino ho sempre avuto uno spiccato senso per gli affari, col quale sono sempre riuscito ad avere un letto e due pasti al giorno, senza pagare. In cambio svolgevo lavori domestici, come, ad esempio, presenziare ai suddetti pasti, e occupare il sopracitato letto durante la notte, evitando così che lo sporcasse il cane.
Ebbi una istruzione fin troppo complessa, frequentando le scuole dell’obbligo, nelle quali mi laureai come bidello onorario; e fu proprio in quegli anni che svolsi le mie prime esperienze lavorative, come raccogli lattine o pulitore di corridoi.
Giunto alla piena maturità dei miei sedici anni, decisi di rendermi indipendente, e devo dire che la cosa non mi risultò difficile; del resto, come detto, godetti sempre di grande capacità impiegatizia e spirito di raziocinio.
Comunicata la mia decisione in famiglia, ricevetti come risposta la mia prima offerta lavorativa; mio padre, infatti, decise che il lavoro di garzone, nella bottega del quartiere, mi si sarebbe rivelato più che accessibile, prese per ciò contatto nientedimeno che col padrone della bottega (eccentrico!), mettendo una buona parola per me.
E devo dire che provai, feci del mio meglio per riuscire nell'impresa, ma decisamente, e sono sicuro che mio padre non ebbe a volermene, non era cosa per me. Sono infatti convinto che ogni lavoro dovrebbe il più possibile distaccarsi dalla scienza, o dalla cultura, e, signori miei, avete mai fatto il garzone? Nel vestirsi decorosamente, spostare casse e cesti, e affettare alimenti su richiesta, vi è un qualcosa, una componente indecorosa, per la quale sarebbe richiesta, come minimo, la stravaganza di un pagliaccio, e l’ingegno di uno stratega. Per non parlare poi della comunicazione, come se io fossi un reprobo politicante, o, che so, un oratore berciante dei più abili. In poche parole, dopo due giorni, presi tutti i miei averi (i vestiti che indossavo), e partii per iniziare il mio cammino. Nel vero mondo degli affari.
Il mio primo grande lavoro me lo procurai presso un rivenditore di tessuti; in questo campo funziona così: la gente entra nel negozio, trova il capo di vestiario che più le si addice, e, a volte, per esserne sicura decide di provarlo. Ora, come potevo io, col mio genio, non cogliere innanzitutto l’occasione, e in secondo luogo la lacuna amministrativa che vigeva in quel campo?
Avere un indossatore di vestiti, avrebbe fatto risparmiare tempo ai clienti, i quali potevano vedere già indossati i capi in esposizione, risparmiando la fatica di provarli nel negozio. Senza pensarci un attimo, non dando neanche il tempo al proprietario di negoziare, mi offrii immediatamente come manichino umano, spuntando anche la considerevole somma di cinque centesimi al giorno.
Era fatta! Iniziai a guadagnare soldi a palate standomene immobile per 10 ore, con l’unico inconveniente di cambiarmi d’abito due volte la settimana. Dopo appena due mesi di attività nel tessile, avevo già fondi a sufficienza per investire in mezzi miei, e mettermi così in proprio. E così feci.
Incassata la considerevole somma di tre sterline, delle quali nulla spesi per mantenermi, in quanto bevevo l’acqua del fiume, che a mio avviso è buonissima, e beccavo il pane lanciato ai piccioni (e compatisco quei giovani ragazzi che fanno tante storie sul cibo), decisi di investire nel settore delle pulizie, dove già avevo esperienza, acquistando un rotolo di plastica, e un paio di palette, accessori che mi consentirono di variare attività a seconda del tempo.
Nelle giornate in cui il sole splendeva in cielo, e la gente se ne andava a zonzo per le strade, raccoglievo, usando le palette, cicche di sigaretta lasciate dai passanti; e in questo campo mi allargai presto, tanto da assumere un fumatore tutto mio, che me ne forniva almeno duecento al giorno, e un simpatico cane cieco, che chiamai ‘Nasone’, usato per scovare altre sozzure per strada, che, insieme alle cicche, rivendevo alla discarica.
Il telo di plastica poi, si rivelò un cospicuo investimento, che nelle giornate di pioggia, col solo indossarlo e distendermi sulle pozzanghere, mi permetteva di fare da tappetino ai passanti, i quali non mancavano mai di manifestare la loro gratitudine con laute mance.
Insomma, in breve tempo riuscii a coprire l’intero settore delle pulizie e buona parte di quello turistico, sicché mi ingegnai anche ad indicare alberghi e ristoranti ai turisti, affliggendomi addosso cartelli e scritte; e non di rado indossavo anche manifesti, se il circo era in città.
Ma fu proprio con il capitale raccolto nei primi due anni che fondai l’attività che mi avrebbe portato al successo: L’uomo dei tabù!
L’idea, non me ne vogliano i meno dotati, dimostrò il mio genio assoluto, lanciandomi nell’alta finanza, e costringendo i poveri di spirito - dottori profumati, professori imbalsamati, imprenditori esuberanti – ad inchinarsi alla mia superiorità d’ingegno, tanto che poi tutti finirono per servirsi di me.
Vi starete chiedendo quale sia l’occupazione dell’uomo tabù, semplice: affittato da un cliente, giravo con una paletta e un fischietto, e, a seconda dei casi, e su specifica richiesta del pagante, coprivo con la paletta oggetti indesiderati, e fischiavo nel caso in cui qualcuno cercasse di comunicare col mio affittuario. Di modo che, pagando, non si sarebbero dovute vedere cose sgradevoli, o intrattenere conversazioni poco stimolanti. Nel periodo di quell’attività esercitai contro ogni tabù, come coprire gli organi genitali dei cani, per conto di un esteta; nascondere i seni delle donne, per conto di un prelato; o ancora cancellare dalla vista indesiderati bambini affamati per conto di grassi signori; pensionati col cappello per i giovani svogliati o giovani svogliati dai pensionati col cappello, e poi molto e molto ancora, senza dimenticare di usare il fischietto ogni qualvolta era richiesto: incontro con parenti, vecchi amici, o anche solo persone non allineate col richiedente.
Fu così che resi la vita sociale un paradiso di comodità, dove tutti camminavano con la protezione della mia paletta, l’aiuto del fischietto, la comodità del mio corpo-tappeto in caso di pioggia, e la pulizia in caso di bel tempo. Gli incassi salirono alle stelle, tanto che potei smettere di dormire sotto una quercia, e potei trasferirmi nel sottoscala umido di un ebreo, che di recente aveva smesso di usarlo come magazzino per il pentolame. Ormai nel lusso, e con la paura di perdere la possibilità di condurre tale stile di vita, escogitai, sempre all’interno della società, col cane cieco, e il fumatore – che nel frattempo era come deperito – l’attività che di recente mi ha portato alle cronache, e sulla cui spinta ho scritto questo breve racconto: il tennis con i piccioni.
Ecco, se c’è una lordura e una minaccia per le nostre città, questo è lo sterco dei piccioni; strade piazze e tetti ne sono invasi; chiederete voi: come combatterla? Semplice: racchetta e buona vista.
A raccoglierla ho provato, ma il danno, ahimè, era fatto, e sparare ai piccioni era un investimento troppo grande; così decisi di rimandarla al mittente, e come se non con una racchetta adatta, e tanta voglia di correre? A ben vedere non esisteva modo migliore. Fu in questo modo che risolsi anche il problema dei piccioni, ricevendo ben 2 centesimi a colpo, incassi che mi fruttarono una fortuna, e, detto fra di noi, ancora qualche rovescio, e potrò finalmente costruire la mia casetta in campagna.
Ma che non vi venga in mente di rubarmi il lavoro!

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