martedì 9 ottobre 2018

Pensieri precipitati









L'uomo, questo pendolo oscillante tra Dio e le puttane.


Ascoltate l'eternità! su tutto volteggia una nota macabra.


Quando siamo stanchi ogni cosa è più... facile. Pensare sembra non essere più una necessità. E neanche agire. Persino il Tempo pesa di meno.
Purtroppo il riposo ci porta in dote una rinnovata partecipazione alle cose. Se solo ci si potesse procurare una stanchezza inesauribile. Una spossatezza definitiva di tutte le intenzioni...


Ma guardate l'uomo, una creatura a tal punto maledetta che basta la gentilezza di un suo simile per renderlo scettico.


Come zanzare inebetite ci aggiriamo attorno alla luce di un... pozzo. Se solo la mano di un Dio misericordioso si abbattesse a schiacciarci una volta per tutte. E invece dall'infinito non giungono che soffietti.


Tutti i politici falliti diventano storici. Resta in loro la passione per l'assurdo.


Il latino, la lingua di Roma, la tonalità di Marte, degradato dai cristiani a blaterio senile su Dio.


Il vuoto accecante che si scorge andando col pensiero oltre la nostra morte...


La Storia è la malattia della Fine. Quando una civiltà è agli sgoccioli ripercorre le proprie tappe con ossessione. Come il malato nell'agonia rivede tutta la sua vita, così una civiltà che muore analizza il suo cadavere nel tempo.
Lo storico? un becchino dei secoli.


Alla verità preferisco la propaganda di guerra. Una qualsiasi.


La musica non si adatta alla vita. La ricopre soltanto. Aleggia intorno e in alto come un Dio chiassoso e ispirato. Come l'anima non si appoggia a nulla, eppure sostiene tutto.


Il progresso porterà a una catastrofe così grande che per sopportarla bisognerà scrivere una nuova bibbia. Questa volta senza traccia di speranza al suo interno.


Il Ragnarok ci evita. Ogni giorno è una battaglia finale mancata.


La ragione è l'esilio dorato di ogni vitalità.


La nostra civiltà è sommersa dalla merda dei piccioni eppure c'è gente che si ingegna a sfamarli. L'uomo si capisce dalle piccole cose.


L'unico modo di salvaguardare una tradizione è isolandola.


Dietro la polemica c'è sempre una paura che in silenzio non riusciamo a sopportare.


Il paradigma di come per me bellezza e tristezza siano collegate è la montagna. Che meraviglioso spettacolo! eppure non c'è nulla di più avvilente di una stalla per vacche a un passo dal cielo.


L'alpinista: un ragno sgraziato intrappolato tra nuvole e ghiacciaio. Quale enorme, inarrivabile gesto se una volta giunto sulla cima... si gettasse! Invece, mistica al contrario, decide di tornare verso il basso. La grandezza dell'ascesa ormai è perduta.
Colpevole di aver resistito alla vertigine del vuoto, lo scalatore si insinua nuovamente tra le altre bestie. Ci vuole un bel coraggio nel guardare in viso un montanaro dopo aver spiato i paraggi di Dio.


La cosa che più ci avvicina a Dio, il momento in cui siamo tutt'uno con lui, è lo sbadiglio. Una stanchezza senza fine pare commuoverci: ahinoi, un istante dopo siamo di nuovo sulla terra, quell'attimo di stordimento celeste convertito in sonnolenza. L'occhio lucido riflette ancora il miraggio di una luce appena intravista. Ma si è trattato solo di un attimo; niente più del buio, ormai, dietro le palpebre.


L'assolutismo è il preambolo di tutte le autodistruzioni.


La filosofia è una religione senza imbecilli.


La prima versione di un Dio è quella buona. Quella umana, praticamente osservata in natura. Quando si giunge a una sua idea perfetta, a svelarne i misteri, il Dio muore. E l'uomo resta solo con le sue miserie rinnovate.


Quale piacere nella parola No, nel negare e negarsi agli altri. Una semplice sillaba ci illude di poter cancellare l'universo e rimediare in qualche modo a questa catastrofe.


Ci si stupisce davanti all'inciviltà di certi popoli. Ci si indigna persino. Eppure è davanti alla civiltà che bisognerebbe sbigottire, poiché essa sola è eccezionale. Un'eccezione quasi inspiegabile.


Si può accettare l'ottimismo solo a patto che non se ne parli troppo.


L'ottimista fa lo stesso lavoro del teologo: cerca l'aspetto positivo del Vuoto.


Essere così volubili da cambiare colore sotto al sole.


Dio è solo un'idea con cui confrontarsi. La più lontana. Al di là di esso le maree del vuoto e della notte. Al di qua, anche.


Invidio chi vive vicino a un bosco, posto ideale dove smarrire per un poco sé stessi. Non a caso dove l'uomo prospera si incontrano solo mucchietti di alberi isolati. Tutto si riduce a una radura più o meno spettrale.


Quando per puro caso ci si imbatte in un camposanto - le cui fattezze sono riconoscibili al primo sguardo - avvertiamo un cedimento interiore  e qualcosa in noi si ritira. Dura solo un momento, nel quale però abbiamo tutto il tempo (orrido sguardo) di immaginare i suoi abitanti. E noi fra loro.


L'esperienza luminosa di pensare alle stelle durante un orgasmo. Unendo così l'infinito del cosmo allo sbrodolamento delle carni.


Non vi è alcun dubbio che l'uomo si sia specializzato nei deliri organizzati. Praticamente dacché la storia è documentata non ha fatto altro.


Invece di restaurarle ci ostiniamo a vivere tra macerie salvaguardate. Pezzi di muri, colonne spezzate, archi solitari. Tutto ciò è oltremodo decadente e insano. Hitler in visita a Roma disse che il colosseo andava usato, oppure andasse al diavolo. Parere eccentrico? è possibile visto il personaggio. Eppure sono convinto che i simulacri del mondo antico non giovino all'umore.
In alternativa, beata quella civiltà che non ha mai ceduto alla tentazione di eternità insita nella pietra. Limitandosi al legno non si incappa nella megalomania di resistere ai secoli.


Del romanticismo ci è giunta solo la superstizione. Il novecento lo ha totalmente esorcizzato dalla vita reale. Che rabbia non poter precipitare dentro l'ingenuità salubre di un duello per onore o in un ideale sconsiderato. Ah! si ha nostalgia di tutto. Anche di una morte eroica. Anche della tisi!


Senza dolore non avremmo di che riempire la notte.






In conclusione.

Per buona parte della mia vita sono stato nazista*. Forse la più importante, fino a dieci anni. Naturalmente non ne comprendevo le idee, ma le uniformi tedesche erano la cosa più bella del mondo.
Invero non riuscivo a spiegarmi come avessero potuto vincere la guerra eserciti vestiti da operai e pescatori.
Da grande, semmai ho desiderato fare qualcosa, era essere una SS. Mentre i miei amici blateravano di calcio io, pistola giocattolo alla mano, cercavo ebrei dietro i cespugli. Guardavo film di guerra sperando sempre che la Germania vincesse. Vedendo Hitler nei documentari avevo esplosioni di vitalità innaturali. Volevo urlare contro la vita come lui.
Quando mio padre iniziò a dire che intendeva cambiare macchina ricordo le mie pressioni isteriche affinchè comprasse un carro armato.
A dieci anni vidi Schindler's List... spaccandomi dalle risate. Pensavo: cosa può esserci di più bello dello sparare in testa a un ebreo?
Subito dopo scoprii l'orrore. Prima il cinema. Poi la letteratura. La passione della mia vita era decisa.
La febbre di guerra sopita, trasferita al soprannaturale. Avevo bisogno di terrori più grandi per andare avanti.
Ma non si passano i primi anni di vita nella follia impunemente. Ancora oggi i campi di concentramento mi divertono.
Vedere un ebreo sopravvissuto mi fa dubitare di tutto: come ha potuto uscirne? Resta per me, la shoah, un massacro... incompiuto. Una wehrmacht irreale marcia ancora nei miei pensieri.
Che stupefacente errore della natura i ricordi.


*L'autore non è nazista, non odia gli ebrei.