domenica 18 marzo 2018

Orizzonti




Ho sognato una ragazza bellissima, pallida e senza età. Ci trovavamo in un canale cementificato, come quelli che da uno squallido entroterra conducono l'acqua al mare.
Di solito questi canali sono bassi e maleodoranti. Nel sogno, invece, l'acqua era profonda e nera, e l'aria odorava di gelo invernale. La ragazza si trovava al centro del canale, con le braccia incrociate sul petto e lo sguardo rivolto verso l'alto. Senza fretta affondava.
Ho provato in tutti i modi a salvarla, ma lei lentamente, inesorabilmente, andava giù.
Poco prima di svegliarmi l'ho vista affondare nelle nere acque, e i suoi occhi erano aperti.
Fine del sogno.
Avevo già fatto un sogno simile un anno fa, ma in quel caso gli occhi erano chiusi. Occhi aperti, occhi chiusi, poco importa. Quel che  importa è che io, qualsiasi cosa rappresenti, se la mia anima o un ricordo, quella ragazza non la voglio più vedere.
Quindi me ne sono andato al mare. Un po' di aria fresca, di acque lontane, di pietre e sabbia ho pensato potessero farmi bene. Il mare da me non è granché, a nord c'è un monte che si affaccia alle onde come una nave gigantesca ancora in cantiere ma che già vuole salpare, a sud si stendono vuoti spazi, interrotti solo da qualche casa decolorata dal sale.
Le case vicino al mare non hanno bisogno di niente. Poniamo il caso che decida di costruire una mia abitazione sulla spiaggia, ebbene, quattro mura di calce bianca, un tetto piatto e una porta di legno chiaro, ed è una villa. Cosa manca? Vicino al mare tutto è bello, persino le case senza tetto né finestre, persino i pescherecci corrosi dalla ruggine nelle acque multicolori del porto.
Se poi al mare si accosta una bellezza, allora bisogna considerare l'idea di distogliere lo sguardo, ché se si è sensibili ci si può pure ammalare.
Per contro, più ci si allontana dal mare - suprema bellezza naturale e simbolo dell'anima - e più si sente l'esigenza di abbellire l'ambiente.
La montagna presa a piccole dosi mi piace. Certo, dipende dalla compagnia, ma da solo non mi sentirei di restarci più di due giorni. Ed è impossibile non notare che, sebbene si innalzi, e sia talvolta pura, le manca qualcosa. Altrimenti non si spiegherebbe la cura maniacale con cui i montanari addobbano case e strade.
Andate in un qualsiasi comune alpino e troverete migliaia di fiori su ogni terrazzo, case celesti, gialle, rosse e verdi, facciate pitturate, imposte di legno pregiato, grondaie barocche, giardinetti impeccabili, strade tirate a lucido, pulizia ospedaliera e fontane, fontanelle, sorgenti e vasche d'acqua cristallina. Persino le foglie sugli alberi paiono più ordinate, e quando il vento cala dalle vette esse si muovono all'unisono, seguendo la misteriosa disciplina dei monti. Non ho mai visto una merda per terra in montagna. E se ci fate caso, se guardate attentamente, vedrete che anche la gente sembra più ordinata, come se sentisse l'esigenza di adeguarsi con l'ambiente. La gente in montagna non urla neanche!
Ma se la montagna è così bella perché ha bisogno di una così splendida organizzazione?
Già, perché? mi piacerebbe chiederlo alla ragazza del sogno, ma lei non parla e non sa niente. E poi devo smettere di pensarci.

Vicino al mare, come dicevo prima, va bene tutto. Le località marittime più belle che ho visitato non avevano nulla se non l'essenziale per l'esistenza. Anche un rudere fa la sua figura, e le persone sembrano non aver bisogno di niente. Il mare basta per ogni cosa, non serve altro.
Se provo a immaginare una città alpina trasportata sulla costa, vedo solo un grande spreco di energie. Guardando le onde che si rincorrono l'un l'altra e l'immenso orizzonte che sopra vi si spalanca, non ho bisogno di altre bellezze. Inevitabilmente i fiori appassiranno, i muri diverranno scoloriti, e lentamente apparirebbero tapparelle di plastica al posto delle elaborate finestre in legno. Perché poi scomodarsi a piantare alberi meravigliosi quando persino una palma mantiene la sua dignità desertica se posta vicino alla spiaggia? non vi è nessun motivo di farlo. Ogni abbellimento è superfluo.
Vicino al mare tutto scompare.
Logicamente mi viene da pensare che ai monti manchi qualcosa, altrimenti chi li abita non si sarebbe dato tanto da fare per abbellirli. Ma cosa?
Certo le cime sono affascinanti, ma per quanto? Io, da turista, le ho potute tollerare, come dicevo, per non più di 48 ore, poi tutto diviene soffocante, ci si sente circondati da un'oppressione fatta di rocce, lo sguardo - libero di vagare quando osserva il mare - non può spaziare se non salendo in alto, intrappolato com'è nelle valli, e una volta lassù, su quella che sembra la cima del mondo, non ha confini, ma tutto è uguale; venendo a mancare la separazione tra terra e acqua, lassù ogni cosa è terra che si è elevata, creste innevate e foreste che si arrampicano fin dove possono arrivare. Eppure tutto questo non rilassa se non per pochi attimi soltanto: poi quello che desideriamo è scendere in ogni gola che sfioriamo con lo sguardo, negli anfratti ombrosi dove il sole non può spiare. E nei sentieri che scuri attraversano i boschi.
Forse vale solo per me, ma della montagna mi interessa quel che non si vede, ciò che è nascosto dietro una ripida parete o in fondo a un burrone, l'invisibile, l'ignoto che da sempre attende di essere svelato, ma che seppure lo raggiungessi ce ne sarebbe subito un altro. Strano labirinto senza percorso la montagna, millantatrice di misteri. Ma se dopotutto sono le profondità a interessarci, come trovarne in un luogo che, non a caso, viene definito tetto del mondo.
Sull'attico di Dio troveremo solo false profondità, tutt'al più un tiepido slancio verso l'infinito, prontamente interrotto dalle cime lontane.

Il mare, dicevo, basta a se stesso. Il tempo scorre e lui scorre col tempo. Mi piace immaginare che prima o poi si riprenderà tutte le terre emerse, livellando monti e colline. Le sue profondità, al contrario della montagna, le tiene ben celate dietro la sua superficie ondeggiante: a noi il compito di immaginarle. Immaginazione, ecco dov'è la differenza. Davanti alle onde, a un tramonto, a un gabbiano che torna al porto per dormire, io divento quelle onde, quel tramonto, quel gabbiano, e col pensiero mi immergo nelle acque come se scendessi dentro me stesso.
Laggiù, sul fondo dell'esistenza, la superficialità delle vette è bandita, e la mia anima si dilata in quell'immenso abisso marino.
Se poi mi giro e sono sbadato, scopro di essere seduto su uno scoglio (pensate che orrore gli scogli senza mare, così i monti, scogli giganti) ad osservare le maree, e sotto di me, in un nero anfratto dove le acque sbattono rissose, la ragazza sognata sprofonda ancora e ancora, senza che io mai possa salvarla. E sia.
Lontano, sulle acque inargentate dal sole, una barca scivola estranea come se nulla esistesse. Mentre la guardo mi sembra di sparire.