venerdì 12 febbraio 2021

Un giorno a caso

 




Mi sveglio alle 6,30 con l'allarme del telefono. Sbavo, ho freddo, mal di collo, mi viene subito in mente la poesia che sto studiando a memoria: la ripeto mentalmente mentre mi rigiro. Mi fa male il collo, ho un'erezione, do un paio di schiaffi al pene per punirlo e mi alzo. Rutto, sbavo, mi gratto, piscio.

Mi infilo i pantaloni e guardo cosa c'è per colazione. Ci sono delle lumachine di mare col pomodoro. Mi metto davanti il piatto e le mangio una ad una, succhio il sugo. Buone. La colazione dolce è da donne. Antidepressivo e acqua. Buono. Finisco di vestirmi mentre ascolto il telegiornale. Le vicende umane mi annoiano, penso a un libro che leggevo ieri sera. Mi dà energia per uscire. Esco e vado a prendere il bus.

Fa freddo. Sul bus è buio, l'aria è pesante. Stamattina siamo i soliti quattro morti di sonno. La tipa che si mette sempre qui davanti ha delle tette enormi. Chissà che effetto fa toccarle in un bus pieno di morti. Sarebbe una scarica di vita. Piove. Studio un po' la poesia, Per tutti la morte ha uno sguardo, ripeto. Pavese al mattino mi infonde serenità. La gente sale, la gente scende. Guardo fuori la pioggia e penso che le stelle ci sono già ma non si vedono. La tettona chiama la fermata con la nocca, non vuole sporcarsi di feccia il ditino. Ora scendo! le vado dietro e le metto una mano sul culo. Ci faremmo due risate. Sai che ridere. Ma naturalmente non sono sceso, perché in fondo non mi andava poi molto di ridere. Arriva la mia fermata e scendo.

Cade una pioggia finissima che sembra artificiale. Chissà se un computer può prevedere ogni singola goccia di pioggia che cade al vento. Sarebbe uno spreco di energie, come lo è quasi tutto. La vita, penso, non fornisce abbastanza senso per giustificare l'enorme fatica che si fa a vivere. E se il senso non c'è i giorni sono tutti vuoti e uguali. Cammino e penso allo spaventoso spettacolo di un universo che arde, all'amore che ormai è tutto finito, ai giorni squallidi di noia e alle enormi tette della tipa in autobus. Arrivo in stazione e, davanti all'edicola, leggo il manifesto coi titoli di giornale:


AMMAZZA MOGLIE FIGLI SUOCERA E CANE

POI SI SUICIDA


Chissà com'è ammazzare un cane. Io me lo mangerei, un cane. Mi mangerei anche le tette della tipa sul bus. La gente uccide e si ammazza mentre io non sono capace di fare niente. Certo che la vita oggi è davvero vuota. Mi sembra di essere privato di tante, troppe cose. Ad esempio non decapiterò mai nessuno. La gente si scandalizza per minuzie come la panna nella carbonara ma se le fai vivere una vita priva di senso non fa obiezioni. Penso a un cacciavite che entra in un orecchio, a un rompighiaccio che buca l'ombelico, a dare la scossa a un cane e poi al padrone del cane. Cani bastardi. Subcreature. Tutti untermensch, tutti! La bigliettaia troia, l'edicolante deforme, il negro che muore di freddo, il panzone alcolizzato che ciondola da un bar all'altro dalle sei, tutti, tutti untermensch!

Fra poco passa la corriera. Enormi ruote che schiacciano crani, cervelli schizzati sul marciapiede bagnato. Gente che divora se stessa, andiamo, andiamo!



Scritto e non riletto.