venerdì 14 giugno 2013

Jesus & Companions

Ho deciso che, per un certo periodo, punterò su individui dotati di un certo qual grado di religiosità.
Non è per qualche forma di contrasto contro chi crede.
Voglio dire, ognuno è libero di credere in ciò che pare e piace.
Anche perchè se ti metti in testa che credere a qualcosa di invisibile che determina ogni forma di equilibrio e accadimento in tutto il percepibile (e non) sia un errore da correggere, perdi in partenza.
O meglio entri in un circolo vizioso in cui tu vorresti salvare l'individuo dalla sua supposta idiozia mentre lui/lei vorrebbe salvarti dalla tua di idiozia, incapace di accettare il grande piano divino pertanto commettendo la scelta sbagliata e finendo per essere perso in eterno tra le fiamme infernali.
Ecco perchè si passa da un rapporto di disturbo-tentativodisalvataggio ad una sorta di studio asettico, molto interessato ma per tutte le ragioni che nessuno vorrebbe mai sentire.

Dicevamo.
Sei tu e c'è l'individuo che crede.
Uno di fronte all'altro. Può essere in un confessionale, una fermata di un tram, una discussione improvvisata nel prendere uno dei volantini che sempre finiscono per arricchire la mia scorta di esche per il caminetto invernale.
Tu e lui siete in un certo senso legati da un concetto di incomunicabilità iniziale.
Il tuo "mondo" non concepisce il concetto di fede. Il suo non concepisce l'assenza della fede.
Due muti che tentano di spiegarsi a gesti, partendo da quella situazione.
Tu però capisci di dover fare il primo passo, come il galantuomo che offre il braccio alla signora per reggersi meglio.
Gli spieghi come la vedi, a larghe linee.

Ci hai pensato bene in differenti periodi della tua vita, belli e brutti.
Hai riflettuto su quanto sia possibile o meno l'esistenza di qualcosa di intangibile e incommensurabile capace di determinare tutto quanto ma al contempo in grado di garantire una scelta o un bivio. Con uno segui la sua via, con l'altro la abbandoni.
Concepisci il concetto di beatitudine e dannazione visti come lo stadio conclusivo dell'esistenza di un individuo e sai quanto ciò possa essere lenitivo per l'anima.
Dico, il sapere che siamo vicini alla dirittura d'arrivo, dover tenere duro solo un altro pò per poi essere felici per sempre sempre.

L'unica cosa che non ti torna è il playground terrestere e le sue regole, diciamola così.
Non danneggiare altri è sempre relativo alla fine. Il fatto solo di mantenere uno stile di vita come il nostro implica il dover necessariamente danneggiare, e non poco, una larga fetta di individui anche loro in gara per il paradiso (a meno di non credere alla versione di south park secondo cui gli asiatici non hanno un'anima) .
I comandamenti presuppongono una larga fetta di mancanza d'intelletto.
Voglio dire, chi ammiriamo maggiormente? A cosa ambiamo quando vediamo le fortune di altri? All'individuo mansueto e poco brillante, macchina ben oliata che prosegue verso il traguardo a testa china e senza pensare.
O l'individuo istrionico, dotato di zone d'ombra e di luce, capace di plasmare ciò che gli sta attorno per il proprio tornaconto e quello degli altri?
Poi , per conlcudere. Veramente si pensa alla vita come ad una sorta di traguardo e beatitudine? Un fotofinish dell'esistenza capace di darci tutto ciò che desideriamo?
E se desiderassimo anche la sofferenza, il male, l'incapacità di reagire per poi trovarne le forze dentro noi stessi? E se volessimo sparire, una volta morti? E se volessimo l'assenza di ogni forma di gioia e dolore?

Non sarebbe una migliore immagine sapere che, una volta morti, qualcosa di noi permane sempre qui, sempre ora, sempre in mezzo agli altri?
Che quel qualcosa può contare sulle proprie esperienze, sulla propria conoscenza e sulla propria vita per rimanere integro quanto esso desidera e come desidera?
Sapere che forse per alcuni questa sarà una condizione di miseria, attaccati come siamo a tutto ciò che è materiale e tangibile?
Mentre per altri sarà una forma di stato contemplativo in grado di donare percezioni mai avute prima e di poter in un certo senso colmare ogni forma di esperibile?
Non sarebbe meglio?

Ah, vuoi dirmi che per te questo è il concetto d'inferno?

1 commento:

  1. L'obbligo del per sempre essere è la cosa più angosciante delle religioni abramitiche, eppure lo vedono come un cazzo di divertimento. Bisognerebbe spiegargli cosa davvero è, magari ci faccio un post.

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