giovedì 13 giugno 2013

A little blue book

Ho ri-preso l'abitudine di portarmi appresso un quadernetto con penna annessa.
L'avevo da secoli, questa abitudine.
Il quadernetto, per essere adatto allo scopo, deve stare in una mano.
Possibilmente non sgargiante ne con scritte.
Ma non c'è problema con quelli procurabili da feltrinelli o nei supermercati, sempre gli stessi (e lo so perchè una volta ho tracciato un segno sulla sovracopertina di uno. Son tornato dopo sei mesi ed era ancora là, stesso segno, stessa traccia).
Su questo quadernetto, a prima vista, risulta necessario un profondo lavoro filologico di decifrazione tratti.
Ogni tratto necessita una profonda conoscenza del cuneiforme così come della stream of consciousness.
Tratti, segni a matita, ritratti abbozzati di  individui che incrocio in aree affollate.
Piccoli scorci descrittivi di ciò che vedo o sento.
E' la versione vintage degli smartphone e dei babbi che mettono post su spotted.
E soprattutto non necessita di connessione 3g o wi-fi.

La cosa che mi ha lasciato perplesso però è che quando sei lì che rubi piccoli attimi  imprimendoli (purtroppo non ho una memoria così forte da tenere a mente mille dettagli che rubo in giro in una giornata) tutti sembrano interessatissimi a guardare che stai facendo.
Vecchietti che ti sbirciano dal posto accanto in una malsana e maleodorante atmosfera da metropolitana estiva.
Ragazze e ragazzi che guardano te che scrivi e sembrano veramente curiosi . Perchè non hai in mano un cellulare? Perchè non stai guardandoti attorno?
E' come se il non avere acceso accanto uno schermo mentre giochi a ruzzle o a candy crush saga e ti tagghi ad ogni cazzo di fermata della verde ti renda penetrabile al commento altrui.

Il fatto importante, comunque, è la capacità di visualizzare correttamente ciò che hai visto il mattino la notte, quando ti accendi una luce e ti metti a scrivere per davvero nei ritagli di tempo.
Ad esempio non mi ricorderei mai di quella ragazza che ho visto piangere in metropolitana giusto oggi.
O meglio, ricorderei la scena ma non ricorderei il fatto che aveva una strana voglia su una spalla, scoperta dalla canottierina.
Così come non ricorderei che tentava di chiamare più e più volte un numero e che ogni volta dava segreteria telefonica.
E non ricorderei neppure il signore che mentre lei piangeva seduta da un posto in piedi tentava di guardarle nella scollatura.
Ok, magari questa la ricorderei, è divertente.

Il fatto è che per scrivere servono sempre più particolari, milioni di particolari che si fondono e si ammassano tra loro fino a coagularsi in un grosso tumore scrittoreo.
Sei lì che dici "ok, ricomincio a scrivere" e improvvisamente tutto ciò che hai è uno scheletro, una possibile trama e troppi pochi particolari. Troppe poche facce e troppe poche situazioni.
E devi riempirle in qualche modo.
Ecco perchè avevo un quadernetto e perchè avevo abbandonato l'abitudine.
Meglio segnarsela, stavolta.

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