giovedì 11 settembre 2014

Rapsodia ragionata

Riccione S.P.A.



1

Intanto fa caldo, e in questo periodo bene o male mi tocca puntualizzarlo sempre. Poi è umido, e preciso che è un male. Infine - ma si fa per dire - mi trovo a Riccione.
Aspetto un treno, e dovrò aspettarlo per un po', così mi sono convinto che non necessariamente devo farlo in stazione, tra campanelle ridondanti e polvere di ferro.
Il bagaglio è un bel fastidio, ma infondo neanche tanto. È questa umidità che... ma andiamo.
Siamo a fine stagione (per stagione qui si intende solo l'estate) ma c'è in giro ancora diversa gente. Li guardo passare e ci passo accanto; li osservo bene, mi estraneo, anch'io mi passo accanto.
Sbigottito, per un attimo, mi vedo andare via. Poi sono ancora qui, in mezzo agli stagionanti di Riccione.
Da queste parti se non ricordo male c'è una grossa libreria; certo non ci vado per comprare, i libri nuovi costano troppo - vado a dare un'occhiata.
E intanto che mi dirigo non posso non notare che se fossi una donna mi divertirei molto di più: sono tutti negozi per donne! Una persona più sprovveduta penserebbe già di essere in un troiaio. Io penso ancora di essere a Riccione.
Qua e là, tra confuse comitive di anziani e giovani ossessionati dalle mode, vedo dei russi precipitati da qualche oriente, dei discreti figoni, le solite famiglie nascoste dietro un passeggino; vedo il solito mondo acquartierato lungo il mare.
Le case, gli alberghi, non sono chissà quale bellezza da vedere; le roccaforti della classe media, i ristoranti, si presentano annoiati e fintamente addobbati di richiami alla tradizione, mezzi vuoti di persone mezzi pieni di intenzioni.
Oh! quello lì probabilmente è venuto a mangiare un qualche spaghetto ai frutti di mare, e mangia, guardatelo come mangia quasi in mezzo alla strada, possibile che voglia farmi vedere quanto ha fame?
Le ragazze sono vestite male, quasi tutte hanno le stesse scarpe, gli stessi forma-culo, paiono uscite anche loro da una fabbrica, e sorridono vuote. Chiacchierano tra di loro e non si dicono niente. Ma lo fanno bene, maledettamente bene: sembra che non sappiano fare altro, e all'improvviso ho voglia anch'io di non fare niente come loro, insieme a loro.
Una russa sgrana gli occhi su una borsa da qualche migliaio di euro. Come se in Russia le servisse a qualcosa, che altro ti serve quando hai la vodka e la neve?
Ed è talmente umido che mi sembra di fare una nuotata, quei due chilometri di acqua alle ginocchia tipici dell'adriatico si sono spostati anche verso terra, e la gente ci ristagna come batraci al sole tra le mosche del consumismo.
Sì, ci sono solo negozi a Riccione, e gente che vuole comprare. Se me ne stessi fermo in un posto abbastanza a lungo qualcuno verrebbe a vedere se ho un prezzo.
Ma è inutile stare a pensarci, dopotutto un paio di gran bei culi li ho visti. Non mi serve altro. Forse una vodka. E la libreria?
Andiamo.
Venite con me ragazze? Io e voi contro il mondo, questo dannato, squallido, venduto mondo, mezzo pieno di gente mezzo vuoto di intenzioni. Andiamo?
Vado da solo.

2

Ta-dan! La libreria non c'è più, nel lungo locale che occupava ora vendono vestiti. Ma sentite un po', di quanti vestiti ha bisogno la gente per campare bene?
Comunque non sono scarpe, né borsette, e non è neanche roba per donne. No.
Ecco, è roba per bambini, ci sono dei manichini per far vedere come si debbono vestire i figli di questa gente. Moda infantile. Che cazzata.
Però scommetto che a comprare questa roba sono le madri. Alla fine pure questo è un negozio per donnette.
La libreria dopotutto è facile che l'abbiano spostata, neanche Riccione può fare a meno di un posto dove si legge, e poi alla gente piace comprare pure i libri, esibirli, portarseli al mare. Senz'altro hanno riaperto un po' più in là.
Già che sono qui potrei andare a vedere il mare, pieno di natanti sull'orizzonte, ombrelloni come funghi che lanciano spore di chiasso e gelati.
Forse è meglio aspettare l'inverno.
Allora una granita, un caffè?
Probabilmente me ne torno in stazione, solo prima ho bisogno di sedermi, togliermi lo zaino e riposare.
Che gente che passa, e guarda quella che tacchi. Più ti avvicini al mare e più hanno voglia di scopare.
Ma che abbiamo qui, un passerotto? Saltella intorno alla panchina, dà dei colpetti col becco sul fetido asfalto e vola un po', mezzo metro, un metro, mi guarda preoccupato e sembra pazzo. Anche io a Riccione sembro un pazzo.
I russi, una volta, guardavano all'occidente come a un luogo incomprensibile, ora vengono tutti qui. Diceva un poeta sovietico che, dopo aver visto l'occidente, inizialmente voleva guardare tutto, poi voleva comprare tutto: alla fine avrebbe voluto distruggere tutto. Da noi è normale.
Tornando in stazione comprerò un blocco note e una penna per buttare giù due righe, per buttarmi sulle righe che passano accanto ai binari.

Le righe su cui scrivere. 

3

Sono lanciato a grande velocità su questo treno, verso la mia meta, a una buona media di quaranta chilometri orari. Dico buona perché non si è ancora rotto nulla, ancora non ci siamo fermati.
Solito vocio, soliti rumori scomposti dei vagoni, ronzii, stesso sballottare di sempre.
Dietro di me un vecchio attacca discorso con una ragazza. Le sta facendo un sacco di complimenti, è così felice che saltella come un passerotto, e sbatte, sul sedile e per terra; ogni tanto mi arriva uno scossone. Il frum-frum dei finestrini aperti, il tonk-tonk delle ruote metalliche, sembra di essere su un panzer, dove siamo? a Bologna liberata o a Berlino assediata?
Mi inganno, ma è solo per un attimo e c'è già un negro che mi passa vicino. Cazzo, è proprio Bologna. Eccone altri. Le negre, in treno, sembrano tutte delle gran puttane, provate a dire il contrario. Provateci un po'.
Ho un amico che piuttosto di infilarlo in una negra se lo farebbe tagliare - ma sarà vero? -, io no, per me sono tutte cazzate - ma sarà vero? -, voglio dire, su, come si fa a rifiutare una scopata in questa vita di merda; ogni lasciata, cari miei, è persa, e poi le donne sono donne, sposati e ingravida le tue ma scopa con chi ti pare.
Ovviamente per le donne questo stesso discorso non vale, chi va con un africano poi può pure trasferirsi in africa, o per quello che mi interessa si può anche ammazzare.
Mai detto di essere una persona tollerante, la tolleranza uccide dentro e fuori.
E niente, in Emilia pure se ci passi col treno c'è odore solo di porco e di pianura. In questa fase del viaggio inizio a sentire la stanchezza, sono già molte ore ormai, e anche quello che scrivo si inacidisce come il mio umore. Del resto tra non molto dovrò cambiare treno, sempre che sia in orario: ma che dico! volevo dire che mi auguro non abbia troppo ritardo.
Al massimo venti minuti, o lo perdo e mi toccherà aspettarne un altro, chissà quanto.

4

Belin, alla fine ce l'ho fatta, non l'ho perso. Per un pelo come sempre.
Poi si stupiscono che dovendo viaggiare in treno abbia l'ansia due giorni prima. Lo credo bene, qui non si sa mai come finisce, sempre al confine tra il tutto bene e il dormire in stazione. Che orrore.
Dopotutto anche se siamo nati, e siamo vivi, è per un pelo. Tutta questione di coincidenze, come coi treni. Che orrore.
Dovrei quindi arrivare in nottata.
Forse l'ho già scritto in un altro post, ma a certe persone viene da chiedere se non si aspettassero di trovare una festa. Certe facce, e che musi da cane! fissano tediati le proprie mani alternandole con i grigi paesaggi industriali che scorrono ai lati. E sono proprio delusi, come se gli avessero fatto un torto. Portarsi un libro, un pc?
I più portano un cellulare, ma dopo quanto che ce l'hai in mano impazzisci e inizi a mangiarti la faccia di chi ti sta accanto?
Due ore?
Non ci siamo, la gente non è organizzata, non sa viaggiare. Io invece sì.
Per prepararmi come si deve mi sono visto anche dei porno ambientati in treno. Già. Tu sei lì che ti annoi perché non hai niente da fare, poi tocchi una tetta alla tua vicina di viaggio e lei cosa fa?
Ti fa un pompino.
Parola mia che una roba così non mi è mai successa.
Dev'essere perché sono abbastanza organizzato e la mia non-noia evita di arrapare le ragazze. Sì, dev'essere quello. Oppure c'è sempre troppa gente, o sono tutti troppo seri. Vai a capire il perché.
Poco male, ancora questo treno, un altro, e sono arrivato.
A meno di non avere un piacevole contrattempo, chiaro?
Del tipo che mi addormento - come se fosse possibile dormire in treno -, o muoio, o qualcosa del genere.

Una negra qualsiasi in tutta la modestia delle sue forme.


5

E dunque eccomi qui, sull'ultimo treno e quasi arrivato. Man mano che avanzo ho sempre meno voglia di dilungarmi nelle descrizioni e in riflessioni abbaglianti. Sono sempre più stanco.
Dietro quel "quasi" ci sono nove ore di viaggio, ma ne sarà valsa la pena solo per dire - quando potrò farlo - che è finito. Meglio ancora sarà quando l'avrò dimenticato.
Riccione è lontanissima dietro le spalle, con i suoi russi agghindati e i suoi locali per grilli parlanti.
La liguria è tutt'altra cosa, la pietra scura, le ardesie gonfie di tetraggine e le mulattiere che assediano il mare. I turisti spaesati che chiedono a chiunque come fare a scendere a Rio maggiore la cui stazione ospita due vagoni per volta, la scientifica improvvisazione di una terra arrangiata tra il mediterraneo e l'appenino, distesa su una costa che non c'è, arrampicata tra i resti del vallo ligure tedesco e i sentieri che portano alle pinete resinose dense di ombre.
Qui la vita cade via come gli aghi dei pini spazzati dalle onde fiorite di bianco. Ma è solo un attimo.
Ogni tanto si scorge una chiesa affacciata sul mare, e tutte sembrano lì per cadere in acqua, per sprofondare. Sprofondate!
Ancora un pezzo a piedi e ci siamo. Costeggio il mare. C'è poca gente, ma ormai siamo a fine stagione (qui per stagione non si intende nulla in particolare)
C'è il palazzone del duce, una costruzione fallica pensata per ospitare le colonie della giovane Italia. Ora ci dormono gli zingari, auguri Italia.
Ci sono i Bunker. E c'è il mio preferito, quello che dove un'ignoto soldato ha scritto con le dita la data di costruzione, luglio 44, indistruttibile, inamovibile, usato da tutti come cesso e discarica. Andate tutti al diavolo.
In un colonnato di marmo a pochi metri da casa un ispanico ha imbrattato i muri col suo spagnolo da colonia, c'è scritto che amerà per sempre una ragazza, lo ha scritto nero su bianco.
In spagnolo. Con una bomboletta.
Fucilatelo.
A casa rileggerò tutto, e penso che alla fine butterò via ogni cosa.

Vallo ligure


Nota1
A La spezia sono stato fermato da due stranieri, probabilmente due slavi. Uno magro, emaciato, fragile. L'altro basso e tozzo. Il primo, ubriaco, ha sfasciato il bagno, poi mi ha chiesto come fare per andare in toscana. Puzzava di alcol come una distilleria, aveva gli occhi densi, arrossati.
L'altro era più defilato, parlottava a stento e doveva prendere il mio treno.
Ho provato a tenerli, volevo proprio capirli 'sti due, me li volevo ricordare.
Non sono stati molesti, ma avevano un modo di fare come se ragionassero con le unghie e i denti, una mentalità che la stanca borghesia italiana ha smarrito tra negozi e ristoranti.
Anche inglesi e francesi sembrano venire in italia per fare quello che a casa loro non possono fare. Italia bordello, Italia a gambe aperte.
Si ride, ci si diverte.


Il mio Bunker







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