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mercoledì 15 febbraio 2017

Elegia del disastro




Morire immerso nel mondo brandendo la spada; morire in un letto guardando tristi figure.
Cambia tutto, eppure non cambia niente.

Quando sento qualcuno russare la prima reazione è di uccidere; la seconda di calmarmi; poi uccido.

Se i romani non si fossero fermati a Teutoburgo, se si fossero spinti oltre, fino alle russie, oggi avremmo un'Europa completamente latina, per ciò in grado di unirsi veramente. I germani ci hanno creato solo problemi.


Siamo tutti maledetti per ambire qualcosa. Quando questa ambizione non si realizza, in qualche modo ci si ritorce contro. E così, da promessa di felicità qual era, si trasforma in tormento, e poi condanna. Eppure nessuno si realizza, e quand'anche crede di riuscirci sta solo venendo a patti con la sua maledizione, la sta nutrendo. Maledendosi.


Dicono: la chiesa ha sempre perseguitato le donne. Ma suvvia, come non farlo, se loro per prime tormentano noi! La chiesa si è solo difesa. Prima di diventare donna anch'essa.


Ogni volta - se mai è accaduto - che siamo andati vicino a un'apocalisse nucleare, s'è sfiorato il paradiso, che poi è l'annientamento di qualche miliardo di persone.



La mattina, appena sveglio, prenderei un calmante. Il pomeriggio ne prenderei un altro. La sera penserei innanzitutto a calmarmi, per dormire molto. Fino a svegliarmi a tarda mattina, in cerca di calmanti. L'esistenza stessa pare essere una malattia dei nervi.


Se mai dovessi trovarmi davanti a un plotone d'esecuzione avrei solo una cosa da dire: troppo tardi!


In quell'attimo prima di scomparire per sempre dalla storia dell'universo penserò alle farfalle di montagna, che vivono solo un giorno e non pensano a niente.


Il nostro sistema nervoso è la prova che non solo dio non esiste, ma che ha sbagliato tutto.


Romeo si è ucciso perché credeva morta Giulietta. Lei ha fatto lo stesso. Non ricordo se le cose sono andate davvero così, ma hanno fatto bene a uccidersi giovani.



Ci si innamora solo con uno sguardo, il primo. Il resto è morbosità dell'affetto.


Baudelaire guardando le donne le vedeva già cadaveri. Io riesco a vedere i loro atomi ardere dentro qualche stella non ancora nata. Per non impazzire subito dopo sono costretto a immaginarle nude.


Ho letto da qualche parte che Lovecraft aveva la capacità di addormentarsi quando voleva sognando ciò di cui aveva bisogno: esiste dono più grande?


A un pronto soccorso, mentre aspettavo visitassero un mio amico, una signora di novant'anni si lamentava di avere dolori alle gambe, alle braccia, alla testa, ai reni. Aspettavo si disintegrasse da un momento all'altro.


Il passato fa spavento e il futuro non esiste: il presente fa di tutto per essere alla loro altezza.


Ormai mi specchio solo in una vecchia vetrina scurita, così da rivedermi tetro e già un po' sbiadito quale sono.


Mi lascio trascinare dalla vita come un edicolante mezzo addormentato.


La più grande soddisfazione non è soddisfarsi, ma comprendere che ogni soddisfazione è vana. Tuttavia non è poi così soddisfacente.


Decidendo di spostare i cimiteri lontano dai centri abitati Napoleone commise un crimine contro il buon senso. Era la presenza costante della morte a inculcarlo negli abitanti.



Ogni mio progetto per il futuro ha sempre avuto come compimento il suicidio. Ora, però, sto meglio: ho smesso di fare progetti per il prima.


Da bambino mi commuovevo sempre guardando i vecchi. Ora basta la vista di un qualsiasi essere umano per rattristarmi.


Riflettevo sul potermi uccidere con un overdose di morfina. Ma chi è che vuole uccidersi quando ha la morfina?


In un ristorante per una cena quasi improvvisata, ho osservato un'intera famiglia. Volendo evitare inutili descrizioni, erano semplicemente degli scimuniti dell'esistenza. Fissavano un televisore acceso senza scambiarsi una parola. Vedendoli divorare la loro pizza con le mani in un silenzio animalesco, ho subito pensato a delle scimmie stravaganti.
Scossi solo dalle peripezie dello schermo vi reagivano mugulando, immersi in un conclave di versi.
Andandosene, li ho immaginati sparire in qualche altra avventura del Nulla.


Spesso osservando i volti di persone giovani li vedo invecchiati di cinquant'anni, rinsecchiti, scavati, teschi viventi dallo sguardo senza fondo. Balzo subito alle conclusioni.


L'antipatia che si prova verso chi sfoga tutta la propria affettività verso un animale è in realtà diretta alla rinuncia di costoro, ormai scoraggiati, a dirigerla verso altri umani. E alla consapevolezza che non vi è alcun errore in questo.


Chiunque racconti la storia senza fornire una interpretazione critica dei fatti è un miserabile.


Ho sentito un prete dire che ogni volta che ci masturbiamo in Africa muore un bambino. Incoraggiamento all'autoerotismo bell'e buono.


La cosa più apprezzabile di Cioran è il suo non parlar mai di donne: unica esclusa tra le sciagure.


Data la quantità di galassie, il numero di stelle con pianeti è così grande da permettere non solo l'esistenza di specie intelligenti, ma addirittura una o più identiche alla nostra. Cosa dirsi nel caso di un incontro? Le enormi distanze del cosmo ci evitano certi imbarazzi.


La rivoluzione francese voleva costringere tutti a decomporsi nell'ovvio. Ma l'uomo ha una concezione enorme di se stesso, accetta di imputridire solo a certe condizioni. Ha bisogno di immaginare il suo carnaio in un frammento di assoluto, il più vicino possibile alle cripte verminose di Dio.


Per risolvere qualsiasi problema è sufficiente osservare una cartina dell'universo.
Immediatamente ci si sente legittimati a non fare più nulla.


Vale più un tarallo piccante di tutta la stirpe dei bomboloni.


Non sopporto chi fa rumore mangiando. Eppure ne hanno tutte le ragioni. Oltre a gustarsi più il cibo dimostrano una indifferenza verso se stessi e gli altri che non cessa mai di meravigliarmi.
Tuttavia continuano a irritarmi: ma io mangiando mi do fastidio persino da solo. Vorrei poter mangiare in uno stato di totale incoscienza. Vorrei mangiare da morto.


Non esiste pianta più brutta e desertica della palma. La loro presenza nelle città europee dimostra il totale corto circuito del pensiero.


Esiste qualcosa di più avvilente di chi porta il cane a pisciare?


È morto di vecchiaia, si diceva una volta. O di un Male. Oggi invece tutti muoiono di qualcosa. Una morte troppo precisa lascia delusi. Molto meglio dissolversi nel vago.


Solo gli eccessi contano, ogni moderazione ci avvicina alla morte interiore, allo sfinimento delle intenzioni.


Diffido di quelli a cui piace bere in compagnia. Perché insozzare le elucubrazioni sfocate dell'alcol con la fastidiosa goffaggine degli altri.


La nostra civiltà è assuefatta alle brutture. Si è mai vista cosa più brutta di un termosifone?


Non sopporto proverbi né luoghi comuni, hanno il difetto di ammorbidire gli orrori della vita, schematizzandoli. Amo gli spaventi sinceri, le nausee prolungate.



Quando esco di casa ho sempre paura di incontrare qualcuno che conosco.


L'agonia del sole: ogni popolo ne è rimasto sgomento. Li vedo quegli uomini così lontani nel tempo, terrorizzati al pensiero che non sarebbe più sorto, nelle lunghe notti intorno a un fuoco incerto.
Oggi nessuno ci farebbe più caso. Inclini per miseria a cercare un inesistente meglio in ogni cosa, anche in un'eternità senza luce molti troverebbero del positivo. Forse, per assurdo, solo in quel caso potrei riconciliarmi col resto dei miei simili.


"Prendiamoci una pausa dal pollaio" deve aver pensato, chi per primo ebbe l'idea di democrazia.


Cioran ha scritto che solo la musica di Bach non ha reso vano l'universo. Aggiungo una cosa: quando le galassie si saranno disperse e delle stelle resterà polvere, un suo adagio singhiozzerà la fine, per renderla definitiva.


Le persone. Più le conosci e più rimani deluso. Bisognerebbe conoscere tutti... superficialmente. Iniziando da noi stessi.


Il Pianto purifica l'anima, e ci avvicina al bisogno di niente.


Dio che non esisti, Maschera che diamo al vuoto... accogli la mia supplica nel vento fino al silenzio del tuo antico eremitaggio: spegni tutto, l'universo è un fallimento.


Il paradiso consiste sempre di ciò che abbiamo perduto. Per l'umanità dev'essere l'innocenza delle bestie.









sabato 22 novembre 2014

Quella volta che la Wehrmacht passò davanti casa



Bombardieri nazicomunisti cercano te

Ci sono esperienze che somigliano a un sogno leggero da quasi svegli, nebbiose e terse come un miraggio; indefinibili, eppure definite nei loro contorni che sono quelli dell'orizzonte.
Sono, queste, personali, ma uguali per tutti; diverse ma ugualmente meravigliose; e insondabili; irripetibili ma continue; evocative ma, in un certo senso, banali. Che quella goccia esondante di follia ce la mettiamo noi, cogliendola da chissà dove.
Sono, queste, un viaggio in macchina la mattina presto, col mondo ancora sommerso nell'oceano della notte; e il confine tra stelle e sole disputato, coi fanti chiari in marcia dal mattino e le fortezze abissali a resistere nel cielo. Cogli odori della strada distesa sempre sullo stesso verso, che per la luce di quello scontro non sembra ferma, ma pare venirti incontro da non si sa dove, così che ci si chiede: vado io o il mondo mi viene addosso?
Sono, poi, l'arrivo dell'inverno, e una strana leggerezza che tonifica nel primo freddo. L'aria gelata ha una sua consistenza di mura fortificate, e di fossato; divide le strade in corsie glaciali, e ognuno segue la sua, separato. Unica umanità quel gocciolio del naso, e il passo svelto, un poco agitato. Che d'inverno non si passeggia ma si fugge da un luogo caldo all'altro, esuli ermetici senza rimpianto.
Sono, naturalmente, quel momento mistico in cui penetri, seppure per un momento solo, per un attimo, la realtà e la sua danza disperata, dove ci si accartoccia in pianto per rinascere subito dopo, come se niente fosse stato.
E poi il sovvenire di un dolore, di una febbre o una fitta, la prima lenta la seconda deflagrante: ma entrambe avvertibili come si avverte un odore. E nel venire danno il piacere che dà uno strappo con la realtà, per aiutarci a sopportarle. E in generale chiunque poi stia male.
Ma dove vive chi sta male? dev'esserci, sì, un luogo del dolore senza ritorno, una geometria buia della mente; come un viaggio in macchina ma di notte, e senza una vera strada, che la morte non porta a nulla né ci dà la sensazione di venire da chissà dove. Solo si muore.
E altre cose ancora, tutte più o meno banali ma eterne, tutte distanti e vicine, normali ma strane.

Ci si ricorda di questi attimi come si ricorda un viso scorto da bambini, hanno nella memoria contorni vaghi che sfumano nel dubbio. È mai accaduta questa cosa o era solo sonno?
È accaduta o sono solo inciampato in un sogno?


Eppure ricordo nitidamente che ero in vacanza sulle Alpi, e che ero bambino. Su tutto una ambrata luce preistorica gravava sulle cose.
I miei genitori erano forse in qualche campo mentre  miei nonni si attardavano in sala da pranzo.
Che cos'è un dolore? è la sensazione di ricordare qualcosa che non è mai accaduto?
Un buco nero dai contorni di ruggine nella mente. Un tubo nella terra verso cui si scivola per rimanervi intrappolati, immobili, e poi si urla il dolore?
Ero in terrazzo anch'io, e poi nel bosco.
Ricordo che non mi ero mai trovato così chiaramente davanti alla vita e alle sue infinite espressioni. Ricordo che ero nel bosco con gli abitanti del bosco.
C'erano insetti dalle combinazioni di colori mai viste, api pelose e goffe e farfalline rosse coi puntini neri; c'erano strani sentieri senza nome, dove funghi mostruosi aduggiati al sole creavano ombre umide di mistero.
Correvo dal terrazzo al bosco, mi perdevo. Ero lì con i miei nonni ad annusare l'odore di legna bruciata che hanno le cucine alpine, la severità dei loro contorni spogli di tutto eppure perfetti.
La Wehrmacht passava lungo la strada e poteva essere vista dal terrazzo e dal bosco.
Lunghe file di soldati stanchi e curvi tornavano alle pianure del nord circondati da un grigiore stanco di tutto.
Sui loro volti c'era la fine del mondo, nelle esauste risate l'inferno. Si infilavano laggiù, nella curva che sta tra il passo e il bosco, la curva che dà direttamente sulle stelle e gli spazi intergalattici.
Senza esitazione vi saltavano dentro sparendo da questo universo.
Ricordo poi che andai più vicino alla strada per chiedere che mi lasciassero qualcosa. Mio nonno non voleva. Mio nonno sedeva davanti alla televisione e aveva un coglione che usciva dai pantaloncini corti. Penso che non potesse vederli. Vedeva solo la televisione.
La ritirata della Wehrmacht in quel pomeriggio d'agosto era una di quelle cose che potevo vedere solo io, come alcune creature della notte e del bosco.
Da cosa fuggono, mi chiesi.
Un soldato tra i tanti colse la domanda che avevo dipinta in viso: - Dai russi - mi disse.
- Ma come, qui, nel nord italia?
- I russi sono ovunque. Esistono solo due cose, noi che ci ritiriamo verso le stelle e i russi che ci spingono nel vuoto.
In lontananza si sentivano bordate pazzesche e Berlino che crollava sotto una tempesta d'acciaio.
Lì a presso, a dar manate al vento, c'era Goering. Si ritirava verso le stelle e l'infinito pure lui, col suo faccione piombato e gli occhi da lince assonnata, e quel che restava dei fanti gli andava dietro.
Non volle darmi la sua croce di ferro ma mi lasciò un fucile, un fucile con l'elastico.
Ci mettevi una pietrina sopra e l'elastico la lanciava via.
Poi se ne andò senza dire nulla con le altre ombre verso l'ultimo nero.
"Addio Wehrmacht!" gridai al vento
E il vento mi rise dietro.
"Addio Wehrmacht!" gridai, e col fucile di Goering lanciai un sasso al vento.
Rotolò sul selciato e quando fu fermo la strada era deserta. Si sentiva solo la televisione accesa e mio nonno che chiedeva cosa c'era per cena.
E seppi che ero rimasto solo.

Ci sono esperienze che somigliano a un sonno leggero nel dormiveglia tra questo e un altro universo, sono luoghi in cui ci si rifugia e si è protetti. Come in un bosco fatto solo di luci e ombre, dove fioriscono i ricordi e la bellezza cresce alta sino al cielo.

Andiamo?