lunedì 27 giugno 2016

Per l'estate pensavo di ammalarmi



Fa caldo, e sudo, sudo talmente tanto che ormai non piscio più; il ventilatore rantola, quando si gira verso il nulla mi sembra di precipitare, poi riecco l'aria, ma è solo un attimo e rieccomi all'inferno.
Penso a un film, un film che ho visto. L'hanno dato su raimovie qualche tempo fa.
È la storia di un ragazzo che non beve non fuma e non guida neanche l'auto tanta paura ha di morire, con una discreta ragazza, un amico scemo, una bella casetta e un lavoro soddisfacente. Mentre è in giro a correre per tenersi in forma sente un mal di schiena sospetto. Va in ospedale e si fa visitare. La diagnosi è questa: ha un cancro alla schiena.
Le sue possibilità di guarire sono al 50%. Come tirare una monetina. Da una parte c'è la vita, dall'altra la morte. Ovviamente l'universo gli crolla addosso, gli amici piano piano si allontanano (non per cattiveria, è solo che funziona così), la ragazza lo tradisce, si ritrova a prendere l'autobus da solo dopo ogni chemio, e roba del genere. Insomma, cade tutto a pezzi e sta sempre male.
A un certo punto, però, la sua psicologa, quella che dovrebbe rendergli tutto più sopportabile, si invaghisce di lui. E lui di lei. Sì, non è molto esperta, ha avuto solo altri due pazienti, è giovane, ma si sa come vanno queste cose, la sua carineria sopperisce al resto, e lo aiuta, gli sta vicino, gli vuole bene, e pam! lui trova la forza di andare avanti, segue le terapie, si opera, guarisce, riallaccia i rapporti coi suoi genitori, si accoppia con la psicologa ed è felice. Oddio, felice... diciamo che non è più disperato. Forse sì, perché no, anche felice. Per un po' suppongo che sia possibile.
E io... io non riuscivo a crederci, ero scioccato, basito. Com'è possibile, mi chiedevo, che un tizio che sta per morire abbia una vita migliore della mia? A questo punto mi conviene ammalarmi.
Perché no, nel film ha funzionato. Va bene, è solo una commedia, è hollywood, non c'è nulla di reale, è la solita merda a spruzzo propinata dagli americani, e probabilmente se mi venisse un cancro finirei in un lazzaretto gestito da suore filippine a pane acqua e rosari; eppure forse varrebbe la pena tentare. Anni fa pensavo che amputarmi una gamba avrebbe migliorato la mia vita sociale, il ragionamento  è simile.
Ora poniamo il caso che, diciamo a giugno, mi venga un cancro. Mi ricoverano, fanno accertamenti, parte la terapia e subito ho l'aria condizionata. Mica male, considerato che qui si schiatta di caldo. Ed è già un miglioramento.
Poi naturalmente qualcuno dovrà parlare con me, uno psicologo specializzato, quelli che hanno l'assurdo e impossibile compito di farti apprezzare la vita, che per carità, potrebbe essere un cinquantenne che fuma la pipa, ma potrebbe anche essere simile alla tipa del film che ho visto - è un rischio che val la pena di correre. E poi è scontato che mi daranno degli antidolorifici, magari dell'erba, se le cose si mettono male anche di più.
Aria fresca, psicologa carina che mi ascolta e mi droga. Un bel miglioramento. Mettiamoci anche i pasti dell'ospedale che a me son sempre piaciuti.
Sia chiaro che l'obiettivo, oltre a questo, sarebbe anche quello di guarire. Dico sarebbe perché, in fondo, non è poi così prioritario; morire tra sei mesi o fra quarant'anni che cambia, davanti all'eternità è ben poca cosa - ma penso che forse vorrei comunque guarire. La vita è davvero ostinata.
Comunque non ho niente, anzi, mi sento quasi bene. Almeno fisicamente. Che sfiga. È inutile, si finisce sempre a tormentarsi con delle sciocchezze, e a quale scopo; Cioran dice che è inutile fare qualsiasi cosa se poi si ritrova l'universo ancora intatto, però si sa, son frasi che si dicono, in occidente nessun filosofo è mai stato coerente con quello che scriveva e, sebbene non sia un filosofo, neanch'io faccio eccezione, il che vuol dire che dopotutto un cancro non lo vorrei, nel senso che non credo del tutto a ciò che scrivo, ma neanche lo disconosco completamente. Insomma, come sempre, un po' di cose sono vere, altre no. Che caldo.

Ragionamenti estivi




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