domenica 14 giugno 2015

Non essere mai nati




Indubbiamente sarebbe stato molto meglio non essere nati. Ricevuta questa disgrazia, non resta che sperare di morire bambini. Ancora inconsapevoli, la morte potrebbe somigliare a un gioco. Se invece il fato si accanisce ulteriormente e si continua a vivere, allora è bene rimanere nella più totale ignoranza. Da contadini devoti di Dio non avremo che da temere le stagioni e che il raccolto sia soddisfacente. Una sera la Morte verrà a cogliere noi entro quattro mura semplici, in un letto di paglia. E saremo troppo stanchi per lamentarcene.


A Delfi, sul tempio di Apollo, era così scritto: conosci te stesso. I greci ne fecero il loro emblema. Ma che disperazione capire cosa siamo: beate le bestie, esse si ignorano.

I campanili, attici di un Dio guardone, ci tormentano con la loro mania dell'alto. Meglio sarebbe essere circondati da neri monoliti riverberanti caos. Avremmo allora la scusa per massacrarci a vicenda senza più alcuna reticenza, così che finalmente Dio abbia qualcosa cui interessarsi.

Incredibile che le persone non inizino a massacrarsi a vicenda per il semplice fatto di trovarsi l'una davanti all'altra. Se qualcosa ci salva dal massacro definitivo è certo il non essere all'altezza del nostro odio.

Pare sensato credere che Dio, inizialmente, creò l'uomo per vederlo combattersi. Appassionato di massacri, feticista dell'orrido, quale delusione deve aver provato nell'essere frainteso dai suoi stessi servi. Nessuna empietà fu mai più grande di quella dei pacifisti.

Appare chiaro come la conoscenza dell'interiorità umana di Cristo fosse raffazzonata. Nel suo esortarci a non fare agli altri ciò che non vogliamo sia fatto a noi egli ignora completamente il piacere che prova l'uomo nel farsi del male. Creatore di fraintendimenti, seminatore di dubbi, non fece altro che confondere le idee a tutti. Persino il silenzio di Dio gli è preferibile.

Quel matto di Odino aveva certo capito tutto: barba lunga e vedere da un occhio solo. La prospettiva dell'ubriaco.

Stephan Vladimirovic si uccideva ogni sera con la vodka. Ne beveva fino a svenirne, a riconoscere nel buio le lucine etiliche. Tutto il genio russo vortica intorno alla perdizione. Un paese così vasto e rarefatto non può che agognare l'annullamento. Per questo diedero tanta importanza a Dio. Per questo sono un popolo eternamente giovane.

In realtà nella civiltà non troveremo mai alcun senso. Per quanto si cerchi, l'unica verità è nella barbarie. Libertà assoluta.

Questi valori europei, questa propensione alla tolleranza, all'accoglienza, all'elargire diritti umani, non li sento, li vivo come una resa, una sconfitta, una sorta di: non siamo più potenza economica, non abbiamo supremazia militare, tanto vale diventare tutti pretini sciocchi, umanisti sconsiderati. Altruisti per necessità, panrazziali per sfinimento, pur di giustificare la nostra disfatta ci divincoliamo nei ragionamenti del terribile.
Resi anemici dall'agonia del cristo, impoveriti da una società intrappolata nell'immediato, sarebbe invece necessario ritrovare una cocciutaggine inaudita davanti alla storia. Il coraggio di riscoprirsi apertamente feroci.

Duemila anni di crocefissi addolorati hanno prodotto l'elogio della sofferenza nella cultura popolare. Incapaci di superare la dimensione umana vi siamo annegati dentro.

Invece che Dio, demone del deserto, pazzo di tutte le perversioni della sabbia, è Lucifero che dovremmo seguire. Il nostro fato brucia allo stesso modo: da un paradiso perduto entrambi cadiamo verso l'inferno dell'avvenire.

C'è un momento in cui sono felice. I primi venti minuti quando mi alzo la mattina. Il sonno ancora appeso alla testa mi impedisce di vedere chiaramente la vita.

A chi mi dice: "non sai vivere", io rispondo così: forse che c'è un modo migliore degli altri?

In generale non accetto consigli da nessuno che veda più di un'ora di televisione al giorno.

Quando i gatti dormono al sole è a Dio che pensano?

Se non fossi nato, invece che in un cimitero, avrei la mia tomba nell'infinito: in tutto ciò che come me non sarebbe mai stato.

Precipitando verso l'ultimo gorgo ci rendiamo conto che è lo stesso da cui uscimmo alla nascita.

Dacché ho ricordi non mi sovviene alcuna esplosione di felicità che non fosse legata a oggetti materiali. Persino le mie emozioni diffidano del prossimo.

Il più buon profumo del mondo è la pelle abbronzata delle ragazze. Gliela vorrei strappare.

Come barche nella notte ci sfioriamo senza riuscire a vederci. In compenso si sente benissimo che tutto scricchiola e traballa.

Il saggio dice che c'è più saggezza in una bottiglia di vino che in tutti i libri di filosofia. Nella vodka dev'esserci certo il segreto per viaggiare tra i mondi.

Siamo solo all'inizio della storia. Ci sarà di certo dopo chissà cosa, tra migliaia di anni saremo noi il mondo antico. Ci studieranno come reperti del passato, ma non avranno capito nulla in più di noi. Ogni loro risata noi l'avremo già condannata e resa vana.

In chi fa colazione con pasta e cappuccino c'è qualcosa di nauseabondo e sconfitto: essi sono gli omosessuali delle abitudini...

Fumare al mattino mette addosso una strana acidità, ma io ho smesso, ora mi alzo dopo mezzogiorno.

Bere attorno al fuoco ha un effetto benefico. Ci si dimentica di stare bruciando noi stessi.

C'è più armonia in un gatto che in tutta la storia umana.

Se Gesù Cristo avesse intuito cosa sarebbe divenuta la sua chiesa avrebbe forse accettato le lusinghe di Lucifero nel deserto. Sarebbe allora divenuto un Cristo Nero, l'oscuro signore di cui ha bisogno il mondo.

Vedo i parrocchiani cercare una forma di unione nel loro culto, un'aggregazione cameratesca, e dico a me stesso: non erano meglio le SS?

Chi battezza il proprio figlio è complice di san paolo, il pazzo che voleva insegnare la tragedia ai greci.

Sapendo benissimo cosa sono le donne, seguitiamo a paragonare l'incontrarle per caso a esplosioni solari, a nebulose che si incendiano di viola: che stupidità cosmica.

Come doveva sentirsi bene Galileo il giorno in cui ha capito che la terra gira intorno al sole. Mostruosa intuizione la sua, quella d'aver capito che tutto è alla deriva. Galileo patrono dei naufraghi.

Gli autori morti sono sempre preferibili. Naturalmente si tratta di una scorciatoia psicologica. A nessuno piace adorare un proprio simile, facendolo si finisce per provare una specie di odio verso l'oggetto della propria ammirazione, una sorta di: mi fai sentire inferiore! Se è morto, invece, nulla importa. È come un personaggio dei suoi libri ormai.

Sento una vicinanza verso gli ultimi, gli estromessi da ogni avvenire, che fa di me un possibile cristiano. Abbagliato dal vuoto idolatro ogni perdizione.

Cristo fu il profeta di tutte le sconfitte. Il padre di ogni rinuncia. Senz'altro il primo nichilista della storia.

A cosa credere ancora dopo che ogni cosa buona e giusta in questo mondo è stata sconfitta? L'eroina sarebbe forse una divinità accettabile.

Nulla è più salvifico davanti alla vita che dare e ricevere qualche cazzotto. Questo Socrate non l'aveva detto.

Quando sarò morto non io ma il mio dolore avrà un suo fantasma, esso sarà esistito tanto più intensamente di me da perdurare al mondo.

Dovremmo tutti adottare un cadavere e osservarlo almeno due ore al giorno. Dalle serafiche putrescenze iniziali sino al consumarsi dell'ultimo osso impareremmo a comprenderci meglio: una comprensione definitiva.

Quasi senz'altro, tranne per alcune preziose eccezioni, sarebbe meglio non esser nati. Tuttavia il potersene lamentare attenua inspiegabilmente il senso di quest'orrore, lo mitiga in stoicismo. Ci salva dallo strapparci via. Se per maleficio divenissimo tutti muti, incapaci di comunicare, l'umanità sparirebbe in pochi attimi di disperata ferocia. O soffocherebbe silenziosamente nel gorgo della propria indicibilità.


























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