martedì 29 maggio 2018
Piccole anime
Da bambino i miei interessi non erano simili neanche tanto così a quelli dei miei amichetti. In realtà di amichetti non ne avevo proprio.
Dunque vediamo, mi piaceva l'orrore, la guerra e ammazzare animali. Nel caso ci fosse tra chi legge qualche bella ragazza facilmente impressionabile voglio subito dire che fare fuori animali è una fase passata. Quindi NON SONO UN MOSTRO. A meno che non vi piacciano i mostri, s'intende.
Ora, se c'avete creduto, andiamo avanti.
Dicevo, fare il male serve a capire cos'è il male. Specie da piccoli. Altrimenti come lo riconosci?
Certe cose è meglio farle subito e poi lasciarle stare per sempre. O finché non servono.
Io ammazzavo animali. E mi piaceva proprio, oh sì, ci pensavo appena sveglio, formando i miei tormentosi piani a occhi sbarrati nel letto.
Ad esempio i miei cimiteri, quello delle lucertole, hum, quello dei piccioni, e quello dei cani. No, i cani non li ammazzavo. Troppo grossi e mi avrebbero scoperto. Ma li facevo seppellire tutti nello stesso punto e ogni tanto andavo a trovarli. Sempre avuto voglia di scavare là sotto... chissà, forse l'ho pure fatto e non mi ricordo.
Quello delle lucertole era il più abitato. Un ossario più che altro. Vi posso assicurare che catturarle non era semplice ma lo sperimentare sempre nuovi modi di torturarle e ucciderle forniva la motivazione necessaria. Bruciate vive, gonfiate d'acqua con un ago, paralizzate da colpi sapientemente dosati, schiacciate, date in pasto alle formiche con gli arti rotti (poi ammazzavo pure le formiche, quelle troie), soffocate in un barattolo e così via. Ricordo che la loro muta agonia aveva espressione solo negli occhi. A un certo punto li chiudevano come a evocare la morte, a supplicarla. Non funzionava mai e tutto il dolore del mondo continuava a tormentarle.
Gli uccelli solitamente li annegavo nelle loro vaschette d'acqua. Ricordo la vicina con l'allevamento di piccioni e di quanto si lamentava. Non che si arrabbiasse, quello non lo ha mai fatto. Diceva solo a mia madre che "sta strage bisogna pur che finisca". Piccioni del cazzo. C'era un grosso barile di ferro in un cortile che bazzicavo, lo riempivo di acqua e terra fino a creare un inferno di fango e poi ce li spingevo dentro con un bastone. Chissà quanto ne mandavano giù prima di rendere la vita al nulla. Stessa cosa coi pulcini. Poi lasciavo tutto a marcire per giorni finchè esasperati dalla puzza i vicini venivano a pulire. Mi odiavano, uno in particolare penso mi avrebbe volentieri frustato se non peggio.
Si era messo in casa una qualche zoccola dell'est che amava coltivare rose. Un cassonetto dell'umido arrivato dalla polonia buono neanche a tirargli i sassi. Ma a lui piaceva così ecco una valanga di rose piantate ovunque. Bianche, rosse, gialle, c'erano ovunque spine e rose di merda. Quando mi avanzava un po' di tempo ammazzavo pure quelle chè ogni assassinio fa esperienza, tagliavo tutto, porcamadonna ogni volta glielo sbudellavo quel cazzo di giardino da cicciona polacca maledetta. E lei giù a dirmi "ma che bel bambino" e "porta una rosa a mamma tua" e puttanate del genere. Allora le ho ucciso il gatto. Era uno di quei mici-troia che si fanno toccare da tutti come le peggio ragazze-cagne, tanto per restare nella zoologia, passivo come le stesse, e pure brutto. Tenevano una credenza in garage il tipo e la polacca, probabilmente perchè, ormai, in casa ci entrava solo lei: così ho schiaffato quel gatto in un cassetto e ce l'ho chiuso dentro.
Il giorno dopo sono tornato a vedere ed era ancora vivo, aveva cagato in quei 20 cm di spazio che aveva. Ho chiuso e sono tornato dopo un po', non so quanto. Di roba da ammazzare ce n'era sempre tanta e avevo il mio bel da fare.
Insomma che quando sono tornato era stecchito, annegato nell'odore della sua merda, sepolto vivo in un cassetto e morto pazzo per il terrore dopo essersi distrutto le unghie sul legno per provare a uscire. E quell'immonda grassona a chiamarlo dappertutto, e micio di qui, e micio di qua, e dove sei andato, e alla fine manco per sentirla gliel'ho buttato tra le rose. Sembrava un cristaccio peloso crocefisso tra le spine. E puzzava di merda.
Io, beninteso, non me ne sono certo restato lì ad aspettare che mi accusassero, e via! a giocare da tutt'altra parte. Dopodichè qualcuno deve aver trovato e rimosso il gattaccio morto e sospettato di me, visto che la cicciona ributtante non mi diceva più bel bambino e il garage - che avevo lasciato pieno di merda - da quel giorno lo trovai sempre chiuso.
Poi vennero nuovi vicini al piano di sotto con un cane enorme. E che potevo fargli? ogni tanto una bastonata mentre dormiva gliela davo ma poi bisognava scappare fino alla fine della catena. E per dio non ho mai capito come si ammazza un cane con un'unica bastonata. Devo dire che per fortuna la bambina padroncina del cane forniva un rimedio soddisfacente.
Per essere così piccola aveva già una serie impressionante di tic nervosi tutti da osservare. Inoltre sua madre non faceva altro che lavarla e lasciarmela nuda davanti. Erano terroni e probabilmente si aspettava che la mettessi incinta per farmela sposare. I terroni fanno così. Ma è durata poco, tempo qualche mese e abbiamo cambiato casa.
Che altro dire, se un inferno esiste tutte le bestie che ho ucciso sono lì sottoforma di piccolo demone ad aspettarmi per avere vendetta, anche se in fondo si stanno già vendicando. A volte la notte è a causa loro se non dormo.
E allora stringo forte gli occhi come quelle lucertole e il cuore mi batte infranto perché la vita è dolore e anche alla più piccola anima spetta il suo tormento.
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Sei un poeta...
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