Well, here we are.
Nulla di ciò che viene detto o fatto o letto (o anche solo pensato) è realmente farina del nostro sacco, qualcuno l'ha ideata prima di noi. E quel qualcuno l'ha presa a prestito da qualcun altro prima ancora di noi. E così via fino a risalire a quella prima, geniale persona che ha inventato tal concetto / modo di dire / sillogismo / gioco di parole.
E che forse l'ha pure copiata prendendola a prestito da un discorso sentito in un bar, una sera, da parte di qualche beone illuminato che non sapeva neppure di cosa stava parlando ma cazzo, se si divertiva.
Sempre detto: drugs fuels music, alchool fuels literature.
Con un pensiero così scoraggiante di primo acchito, così, giusto per chiarire da che parte del bicchiere mezzo pieno/vuoto stiamo, vediamo di dare una breve scossa d'abbrivio al tutto.
Mi son sempre domandato dove si andrebbe a finire se un individuo fosse in grado di assimilare concetti dalle fonti più disparate.
Mettiamo sempre questo bar, o taverna.
Anzi no, deve essere per forza di cose una bettola.
Una bettola dove il discorso medio verte sul calcio, sullo sport seguito ma mai praticato, sul programma televisivo sparato al massimo e dove dal mattino alla sera vengono serviti bianchetti, negroni e amari in bicchieri dal fondo opaco per i troppi lavaggi.
Ogni persona li dentro si conosce bene o male, tutti hanno condiviso piccole avventure di paese, piccoli drammi come un divorzio, una morte in famiglia, un incidente.
Condividono drammi, piccole gioie, come quando uno di loro ha vinto al gratta e vinci 100 euro e li ha spesi tutti in bevute offerte. E' stata proprio una serata gloriosa quella.
Beh, diciamo che questi individui, o tribù giacchè sono un clan all'interno del clan, sono lì a parlare, una sera estiva.
Ha piovuto da poco, l'umidità è salita a livelli incredibili e anche bere qualcosa di alcoolico fa sentire ancora più accaldati.
Il discorso generale, fatto più di pause che di frasi dette, verte tutto sulla calura presente.
Ogni presente al discorso si sente in dovere di ricordare come faccia più caldo che in ogni altro anno, come si raggiungano livelli incredibili di umidità e come stare seduti sia una fatica di per sè.
Specialmente Luca, quello con il diabete che una volta è svenuto proprio lì, sulla seggiola di plastica che sta occupando.
Poi, improvvisamente, uno di loro, senza pensarci, lo dice:
"E se prendessimo due macchine e andassimo in un posto dove non siamo mai stati? Dove si potrebbe stare al fresco magari? Vedere cose nuove?"
Il silenzio, questa volta, non fa parte del discorso.
E' un silenzio greve, un pò sconveniente, denso di significati.
La tribù (o il resto della tribù) sta silenziosamente deliberando riguardo quell'uscita.
"Potremmo andare al lago. Chissà che fresco che fa lì"
La seconda uscita è sputata con un velo di insicurezza. L'uomo sa di avere commesso un possibile peccato capitale e nell'ansia di rimediare all'errore riconducendolo alla routine del proprio clan ha forse peggiorato la sua situazione.
Improvvisamente, il verdetto.
"Sì come no, Giacomo,e poi andiamo anche all'avventura! Domani devo svegliarmi presto io"
Tutti sanno che Gino non ha un cazzo da fare il giorno successivo dato che è disoccupato e campa con la pensione d'invalidità della madre. Ma tutti sanno anche che quella frase è la sentenza: eresia.
Da quel momento, per tutta la serata, tutti non guardano più Giacomo in faccia. Evitano di sentire le sue risposte ai discorsi e quando lo fissano di sottecchi non è un bel vedere per la calma placida di quell'uomo, reo di aver acceso una scintilla d'interesse nella placidità calma e monotona di quell'infinito di paese.
Giacomo all'inizio non ci pensa e sente di essere ormai un paria, almeno per qualche tempo.
Sa che non sarà più parte degli scherzi tra loro se non come vittima (e non saranno scherzi bonari, tutti derideranno la sua lieve balbuzie quando beve e gli diranno che sua madre probabilmente è stata un pò troppo indulgente negli alcoolici quando era incinta di lui).
Ma da altra parte sente che qualcosa si è ridestato in lui. Sente che potrebbe veramente fare ciò che ha pensato in quell'attimo, sente che potrebbe anche prendere la sua macchina e andare a farsi un giro, potrebbe scoprire posti nuovi, potrebbe arricchirsi e potrebbe parlare a persone nuove, e fanculo la balbuzie.
Ma poi il bar chiude e Giacomo, sudando lievemente per l'umidità, ritorna in casa.
Quel pensiero forse rimarrà latente in lui, forse si svilupperà o forse sarà seppellito nel desiderio di tornare all'interno della cerchia.
Chissà, forse un giorno.
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