mercoledì 26 agosto 2015

Sto impazzendo


Io in un momento di serenità mentale
Da qualche giorno mi pare di star diventando pazzo. Vedo ombre fuggirmi accanto, macchie nel cielo; rumori graffianti si insidiano nei miei orecchi.
Oggi me ne stavo tutto ben tranquillo in cucina, per dire, dato che mi pare significativo, pulivo e rassettavo, così, senza niente di particolare in testa, e com'è come non è mi viene in mente un tale che conosco, e subito me lo immagino nell'atto di provocarmi; allorché, badate bene, sempre mentalmente, mi figuro a tenergli testa, e in men che non si dica giù schiaffoni e promesse di morte, tanto che alla fine volevo tagliargli la gola - e a occhi sgranati fisso i piatti, i piatti! Il tizio non c'era, ma era come se ci fosse, anzi, se ci fosse stato. La rabbia in corpo era tale da immobilizzarmi, sicché mi chiesi: cos'è stato? e già ero lì a immaginarmi dell'altro, in un giorno passato, dove col tizio c'erano altri figuri, e mi vedo pur io, così arrossato e nervoso da tremare in ogni parte del corpo, e dico: tu cosa? tu cosa fai?! E lui: io faccio questo e quello e non mi sta bene!
Non ti sta bene cosa non ti sta bene, eh? cosa?!
Quello lì e pure quell'altro, mi dice.
Ma allora io ti ammazzo a te! guarda che ora ti ammazzo sul serio!!
E tremo tutto, anche ora tremo. Mi incazzo da solo immaginando situazioni che richiedono una violenza inimmaginabile, in testa ho solo minacce di morte.
E la ragazza che vedo passare tutti i giorni? Ah sì, quella lì, si capisce, non vede l'ora di venir legata e portata in cantina. Le si legge in faccia che vorrebbe proprio una brandina nella grotta di tufo, tra le conserve e la birra. Ma guarda un po', vuole vivere con me, la tipa. Vediamo cosa potrei farle...
Sul collare mi pare ci sia poco da tergiversare, e anche una veste da camera le ci vuole. Una veste da grotta. Il tufo non regge molto, la catena sarà bene fissarla su qualche roccia. Che prenda o meno a volermi bene, col tempo si vedrà; ad ogni modo bisogna che la faccia mangiar bene, una donna anemica perde facilmente l'umorismo. Nei primi tempi potrebbe aver nostalgia dei suoi amici e parenti, per quanto la cosa mi paia oltremodo assurda. Sarebbe il caso che la distragga con qualcosa da leggere di modo che non stia troppo a pensarci. Per lavarla poi non so, a dirla tutta potrebbe vivere così poco da non esserci nemmeno il bisogno di portarle dell'acqua. Chissà come finisce, è talmente un'incognita che finché non ci provo non lo saprò mai. Certo che se becco quel tizio, ah! mi vuol proprio provocare quello, tanghero che non è altro, ma se lo piglio... Sarà meglio che non mi si ponga più davanti.
Ancora non mi conosce quello, ah sì non sa chi sono.
A proposito di non sapere, ho smarrito una certa cosa, una robina piccola ma di ottima fattura che porto sempre con me. Non serve a nulla in particolare, almeno così mi pare. Non ricordo esattamente cosa sia, mi pare una chiave o una qualche cosa che luccica.
Comunque non importa... non... ci vorrebbe qualcosa da bere. O magari un ghiacciolo, sì, un bel gelato freddo, rinfrescante, corroborante; meglio ancora sarebbe un liquorino, una vodcuccia. Oibò, mi andrebbe proprio, ora che ci penso, di ubriacarmi; non di bere così tanto per, un sorsetto e via, no, bere fino a non capire più niente, finché non viaggio attraverso la materia, e tutto gira, gira, colori non ce ne sono più, e si preeecipita verso il nulla, come da una stella all'altra, e voci sommesse danzano all'intorno, voci che diventano piste di preferenza da seguire, e poi lucine, lucine etiliche nell'aria, come magie preziose, gemme incastonate nel nero che si spalanca sul baratro. Una cosina così, per rilassarsi. Una sborniuccia...
Un'abominazione della mente, diecimila eoni di sbornia! Salute Vodka! Ave Fernet! Yog Whisky! Heil gin! Un pantheon di alcolici, una cosmogonia etilica sognata in un collasso.
Dicono che l'alcol fa male ma sapete una cosa? non è vero niente. In realtà la maggior parte delle cose indicate come dannose fanno un gran bene. Perdere ad esempio, o venire umiliati. Io, parola mia, nell'umiliazione, nell'apparire completamente sputtanato provo un piacere ditirambico, l'esaltazione nel non essere riuscito e dell'aver deluso: che grande gioia deludere gli altri, che piacere indignare gli altrui schemi mentali. Alfiere di tutte le sconfitte, prodromo della mia sventura, quale gioia mi reca farmi esempio vivente dell'imperfezione del creato. Epicentro di ogni errore, buco nero per i raggi di una vita migliore, assorbo e trasformo le sterili visioni altrui per risorgerle sotto forma di lutti tarati sul mio cadavere metafisico.
Ma via, fa lo stesso. Ho chiesto a una ragazza di farmi un quadro da appendere in camera sopra il letto. Il soggetto è la morte. Ci metterà un paio di settimane ma a quanto vedo i risultati sono già discreti. Ecco cosa mi serve: un approdo eventuale. Qualcosa a cui correre incontro nel tempo che giustifichi l'andare avanti - o in qualsiasi direzione vada il tempo.
Per dire - si fa sempre per dire, eh - ma che forse ci si può invaghire di una donna, del suo bel viso, di tutte le sue cosine apposto? Innamorarsi di un carnaio, di un ossario vagante? Eppure eccomi lì, già mi vedo: che belle labbra che hai, che bei dentini: vorrei un bacino! Puah, mi faccio pena da solo, eppure... Del resto non ho il fanatismo dei santi né l'esaltazione degli idealisti: m'è toccata solo la lucidità dei dannati, senza nemmanco la compagnia di qualche demonio ad arrostirmi il muso.

No, no, non ci siamo. Mi pare, ecco sì, mi pare di star bene - ma per bene intendo altro, intendo come non esserci - solo quando ascolto Bach. I suoi concerti per clavicembalo sono la cosa che più somiglia alla complessa solitudine di Dio, al pulsare impazzito della vita: un supremo atto d'amore senza amante. Una benedizione giunta dal vuoto. L'approvazione delle galassie.
Tutto il resto mi annoia. Anche il lavoro manuale, che molti dicono sia rilassante, mi stufa e m'innervosisce. Allora mi siedo e guardo i cadaveri passare, loculi su loculi di foto illuminate al lucore di lucine esangui. Cimiteri andanti. La decomposizione è l'unica visione dell'avvenire che non mi strangoli: qualsiasi altra mi pare assurda, come a dire che vedremo dei draghi volare. Il programmare, poi, cos'è se non una scommessa contro l'evidenza delle cose, un azzardo senza carte in mano? Solo le religioni e il nichilismo mi smuovono quel tanto che basta da avere la forza di farli scontrare. Naturalmente non arriverò mai a niente, ma a cos'altro, realisticamente, dovrei aspirare?
Se solo Dio, un Dio qualsiasi esistesse! Se non fossimo soli, tutti quanti, a rimuginare, sonnambuli senza palpebre, postulanti di un tempio in fiamme. Dioniso! Apollo, dove siete?
Favore concesso ai valorosi della rinuncia, dove vai?
Il bacio di una Lamia a prosciugarmi; dolore di tutte le lacrime portami via.
Chissà poi cos'era quell'oggettino che ho perduto. Chissà.




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