domenica 16 agosto 2015
Se tutto andrà bene presto saremo morti
All'inizio siamo tutti allineati, non coltiviamo alcun dubbio. Prendendo confidenza col sistema iniziamo a capirne i meccanismi, sviluppando un'attitudine all'indignazione. Raccolta dalla fazione più accessibile, questa si trasforma in progressismo di rottura - partigianeria di sinistra. Dura il tempo di marcirci addosso, e subito il fetore ce ne rivela le intenzioni: creare non-morti. Nel prendervi le distanze precipiteremo un po più in là del banale, approdando a mete via via meno imbarazzanti e più sincere. Così, inferiori per eccesso, si abbraccia l'emarginazione diventando di destra. Da qui all'apocalisse il passo è breve, solo un paio di abissi più in là.
Ma cosa abbiamo fatto, non ci siamo forse spostati di notte da un nulla all'altro?
Non mi interessa più la politica né lo studio dei problemi umani: neanche mi interesso alla scienza dello star meglio.
Solamente mi è caro definirmi all'interno del dolore, e condannare qualsiasi illusione di felicità.
Non c'è nulla di peggio della compagnia di chi non sa bere. Inadatti al controllo delle profondità, la minima quantità di alcol ne fa emergere il lato ancestrale: quello delle scimmie.
L'uomo non accetta che la sua volontà, slegata dal corpo, non abbia alcun potere. Per questo si affida alla preghiera dandole chissà quale forza, per questo ama fare il volere di Dio.
Il talmud dice che i sogni mattutini si avverano sempre, e stamattina ho sognato la mia città attaccata dalle milizie islamiche. Arrivavano camuffati da pacifici lavoratori per poi iniziare a sgozzare persone; nella seconda parte del sogno ero un cecchino e sparavo loro dal terrazzo.
Uno dei prigionieri dopo la cattura mi ha spiegato che "non c'entra niente la religione, noi veniamo per le vostre donne. Le nostre sono brutte, le vostre tutt'altro, e voi non le scopate più".
Poi, com'è ovvio che sia, quel prigioniero è stato ucciso.
Col pensiero siamo tutti assassini; non esiste nessuno che con magistrale cattiveria non abbia eseguito condanne a morte inaudite con la propria immaginazione. Se si traducessero in atti l'umanità svanirebbe in pochi istanti.
Quando la gente mi racconta i suoi progetti per il futuro mi sembra di ascoltare storie fantastiche su draghi e altre creature magiche. Non capirò mai come si possa credere in certe cose.
Ho dei ricordi meravigliosi dei miei viaggi in montagna da bambino; eppure, più che la maestosità delle alture, o la vastità degli spazi, a tormentarmi sono le immagini dei girini schiacciati in un lago, gli uccelli morti di freddo, e le farfalle, che vivevano solo un giorno, e poi sparivano, e non capivo come facessero.
La narrativa fantastica è una delle poche cose che riesca a darmi conforto; in un racconto di Conan mi sento vivo e pronto ad affrontare qualsiasi orrore. Del resto, non posso dire lo stesso di questa vita qui, la quale acquista senso solo nel momento in cui la si evade o la si rifiuta.
Basta vedere una cartina dell'universo per risolvere qualsiasi problema.
Per gli orientali il cristianesimo è fatto solo di vampiri, castelli gotici e demoni in armatura. Decisamente lo sopravvalutano.
Il mio animale totem dev'essere certo un gufo: stare fermo ad osservare dal buio mi riesce benissimo.
Il Nietzsche profeta della volontà di potenza mi annoia; avrebbe dovuto scrivere maggiormente della sua solitudine invece di infestarla col fantasma della vitalità.
Per quanto lo abbia compreso intimamente e sia in contatto con persone che lo aborriscono, non riesco del tutto a disprezzare il cristianesimo.
Fratello minore del buddismo, incapace di immaginare un'esistenza al di là del dolore, la sua specialità è di crogiolarvisi dentro, di immaginare un'esistenza al di qua dell'umano.
Fallimento senza eguali nella storia umana, utopia anti-vita, le mie simpatie non potrebbero non andare a questo culto disperato, a una così grande esegesi dell'infelicità.
Gli unici sogni lucidi che faccio sono terrificanti apocalissi piene di zombie. Se solo potessi farne a mio piacimento non farei altro che dormire.
Per quanto mi sia lambiccato a trovarne di nuove trovo che la paura che viene dall'incubo-trauma sia la più completa emozione umana: in essa si concentra tutta la terrificante esperienza del vivere fino ad affacciarsi un tantino oltre la morte. Il risveglio è sempre una delusione.
Tutti soffrono, nessuno vive bene. La vita è una maledizione. Eppure è anche qualcosa di unico e irripetibile; vivono, in ogni attimo, tramonto e alba, felicità e dannazione. Dilaniati dall'evidenza che toglie il respiro, avrebbe forse più senso perdersi nel sorriso di una ragazza, nel gioco di un momento.
Quale liberazione sapersi niente. Non resta poi che fingersi qualcosa.
Grazie a Pessoa ho scoperto la metafisica quotidiana, la prosopopea del banale. Più che scoprirla ho capito che poteva essere interessante.
Quale enormità saper scrivere e regalare immensità a chi legge; e pensare che chiunque potrebbe farlo, e se non tutti molti: bisogna solo avere voglia di contribuire alle cose. Aver voglia di disperarle.
Le stelle sopra di me; l'abisso dentro di me.
Basta pensare di dover morire, che non esisteremo mai più in tutti i prossimi universi, e subito passa la voglia di fare alcunché, soprattutto di farci del male.
Sento già l'inverno che viene, le desolazioni e la solitudine delle cose. Covo in me un gelido vento, e l'immobilità di chi muore di freddo.
Tutto esiste solo nel nostro cranio, al di fuori solo buio. Ecco perché i teschi sono così evocativi: vederne uno è come guardare tutti i mondi.
Ma io sto solo sognando, in questo eterno dipanarsi di sciocchezze e reazioni atomiche.
Se mia moglie fosse una strega saprebbe tutto, anche come morirei. Glielo chiederei subito, e poi attenderei bevendo.
Tutti gli orrori nascono in casa, tra la famiglia. Quanto vorrei essere nato nella tana di una talpa, a scavare, scavare, scavare fino a perdermi nella terra.
La poesia è la misura delle nostre malattie; più siamo poeti, più la vita non fa per noi. Il vivere, discesa nell'immediato, non si addice alle cospirazioni dell'animo in tormento.
Morire non fa male se ci facciamo nave, e l'infinito si riassume in tanti porti, franchi, dove anche il più maledetto può approdare.
Cantano le rane, borbottano i rospi; sviolina la natura, crea sinfonie di libellule e liane, radici e insetti: lungo il fiume si fa della grande musica.
Nel massacro dei popoli europei, la prima guerra mondiale, per infondere coraggio ai soldati davano loro un bicchiere colmo di grappa. Capaci in tale modo di farsi dilaniare in un grido di battaglia, non si capisce perché lo stesso trattamento non venga usato oggi per chiunque si diriga verso il moderno squartamento quotidiano.
Domani morirò, oggi vivo: che senso ha questo andazzo, questa corrente vitale?
Andiamo in guerra, odiamo, detestiamo qualcosa, lottiamo, fuori le spade! La vita è guerra. La pace è morte.
I pescatori notturni hanno capito tutto; essi, dagli scogli dell'esistere, cercano il tormento che abbocca. Squartatori per vocazione, attendono la loro vittima dalle onde del caso. Ma era meglio naufragare subito.
La cicala scandisce le ore del giorno; il rospo ammorbidisce quelle della notte: vorrei una bestia che ricordasse l'assurdità del tempo, e me lo rendesse più dolce; una bestia anestetizzante.
Il disgusto si porta via la mia vita, sebbene gli abbia detto che l'universo non ha fine. Non vuole sentire ragioni.
Mi addormento e sogno di non esserci, di non esistere. Poi dal sonno il mio non esserci sogna di essere, e allora mi sveglio. Persino il mio inconscio mi condanna all'esistenza.
Volammo tutti al centro dell'universo: le stelle fecero di noi una grande luce.
Vivere sapendo che non serve a niente; amare conoscendo i limiti della specie; farsi degli amici, noi, condannati alla cenere, noi che precipitiamo, noi, Icaro di un sole nero, cadiamo nel mare del mito, e che ci pensino le leggende a narrarci, sempre che qualche civiltà aliena sappia leggerle.
Ho sentito che l'universo ha iniziato una lenta vecchiaia eterna. A quanto pare le galassie vanno esaurendosi... Eppure io sento ancora il bisogno di andare su youporn.
L'amore non corrisposto è quello che più ci avvicina alla verità. Intrappolato in un tormento senza vie d'uscita ha come ovvia conclusione la riconsiderazione dell'utilità di vivere.
Ho deciso che posso benissimo perdermi le prossime eternità senza troppi rimpianti.
La vita è niente. Esiste solo il dolore. Se la sessualità è in grado di farcelo dimenticare è giusto proibirla.
Nessuno può permettersi di dare consigli se non si è mai contorto di dolore su un letto desiderando di non esistere, di non essere mai nato. E in quel caso non se ne ha più alcuna voglia.
L'unica cosa che non mi sento di criticare del cristianesimo è la sua forsennata sessuofobia.
Pur non credendo a nulla tutte le religioni mi interessano fino alla commozione. Non esiste rimpianto più grande di Dio.
Non posso fare a meno di immaginare il nirvana senza pensare a un viaggio nell'iperspazio.
Se nella vita non posso fare il negromante allora non vale la pena di fare alcunché.
Dov'è finita l'antica sapienza umana, quella dei popoli che piangevano per la nascita dei figli, e invidiavano chi era morto?
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