Riccio Capriccio decide sul da farsi |
Riccio Capriccio dondolava goffo verso la stradina di campagna, tagliando pigramente il campo degli ulivi secolari; e ogni tanto si guardava in giro per cercare qualcosa da mettere sotto i denti. Poco prima d'esser giunto all'incrocio del grande abete notò un topolino che guizzava lesto fuori e dentro della sua tana, e poi un altro, e un altro ancora, sicché parevano traslocare i loro beni dal vecchio posto al nuovo; presi com'erano non s'accorsero di Riccio, che anche se goffo ci sapeva pur fare, e dopotutto non si sopravvive centocinquanta anni in natura se non si sa badare a se stessi: tanto egli era vissuto.
Così, senza che se ne accorgesse, ne prese uno poggiandogli una zampetta scura sulla coda. Era tutto scuro Riccio Capriccio, con un muso sudaticcio e le spine dalla punta bianca; non che fosse un bel vedersi, anzi, quasi tutti lo consideravano bruttino - aveva però tutto ciò che gli serviva.
Pigramente, col fare suo un poco capriccioso, diede al topolino che teneva per la coda un morsetto in testa, si sentì un ploff e uscì qualcosa; leccò quel che colava, ed era rosa scuro, con venature nerastre già sporche di terra: gli altri topolini terrorizzati svanirono. Poi Riccio mangiò lentamente il resto, si stiracchiò un po' e prosegui il suo cammino.
Arrivò sulla stradina di campagna nell'ora più calda del giorno, col sole a raccogliere i silenzi del mondo tutt'intorno. Era troppo presto per le creature che escono dalla terra - solo alcuni topolini sciocchi saltellavano d'intorno. Con la sua andatura dondolante Riccio scese fino al fiume.
Qui ovunque erano pietre e legni sbiancati dal calore, ché di acqua ve n'era poca tutta racchiusa in piccole polle. Ogni tanto qualche grosso uccello bianco scendeva a bere; persino i gabbiani si spingevano fin lì dal mare, poiché vi erano grossi rospi succulenti e viperelle da beccare.
Prendendo la via meno ardita, evitando i perigli del campo aperto, Riccio trotterellò fin giù lo stagno denso d'ombre, dove assonnate le rane borbottavano in coro: "non c'è nessuno?", diceva il grosso Rospo, "nulla giunge dal bosco?", gli facevano eco le rane, e tra un gracidio e l'altro tenevano d'occhio le pulci d'acqua che volavano sulle acque limacciose.
Riccio Capriccio, capriccioso com'era, volle mangiarsi una rana, per cui s'ingegno a cantare lui pure; avvicinatosi un poco disse: "non c'è nessuno", e ancora: "nulla giunge dal bosco", e le rane, e pure il grasso Rospo, saltarono qui e là per afferrare una pulce da mangiare, e tanto saltarono tranquille che una finì sulle spine di Riccio e immediatamente ne fu dilaniata. Poi Riccio senza fretta prese a mangiarla, e non appena lo scorse il Rospo si sentì questo: "attenti al Riccio", e le altre rane dissero "si sta mangiando una di noi!".
La rana che veniva mangiata, ancora viva, rispose loro: "che male, che male! vorrei già esser morta!".
Poi Riccio Capriccio se ne andò via, lasciandosi dietro il coro indignato dei figli del fiume.
Il crepuscolo allungava le finora timide ombre, e nel cielo si spandeva un lucore anemico. Riccio Capriccio pensò bene di andare a prendere un po' d'aria su colle vento, giacché a quell'ora vi si poteva meditare con gran sollievo.
Ma colle vento era occupato, e un grosso micio nero come la tenebra vi era seduto proprio al centro.
- Chi sei che vieni qui a disturbarmi mentre penso alla notte che presto ci cadrà sopra? - disse il micio a Riccio.
- Sono Riccio Capriccio, ed ero giunto qui in cerca del vento fresco - rispose egli al gatto.
- E invece hai trovato la tua morte, preparati - e con un balzo gli saltò addosso.
Subito Riccio capriccio si chiuse e divenne un pugno di aghi e dolore, così stretto che nemmanco il naso gli si vedeva. Sembrava una castagna crudele.
E il gatto disse: "Ma che modi, volevo mangiarti e invece mi son punto! Potevi dirmelo che eri un riccio!".
Allora Riccio si riaprì e guardando in su gli sorrise birbo, poi disse: "andiamo nella notte, scommetto che anche tu hai un capriccio".
- Lo puoi ben dire - gli rispose il grosso gatto nero. E insieme si incamminarono sotto le prime stelle; la luce del cielo si rifletteva sulle viscere della rana, ancora appese agli aculei di Riccio.
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