Attenzione, questo post può creare disperazione.
Progressivamente ascolto sempre meno musica, la sera spesso mi chiudo nel silenzio, uno stare zitto senza rumori che alimenta le mie elucubrazioni. Come la depressione, ad esempio.
Che poi credo ce ne siano di più tipi, che nel mio modesto pensare si riducono, fondamentalmente, a due.
La depressione senza rimedio; quella rimediabile.
Mi guardo in giro, parlo con questo, con altri, e molto spesso, ma con la stessa frequenza di sempre, sento che tale è depresso, e tal'altro dice che gli sta venendo la depressione. Dicono sia la malattia del nostro tempo, o che il nostro tempo sia malato. Mah, a dire il vero penso solo che la nostra società sia in grado di creare, verso chi è interessato, una certa consapevolezza. Una realtà aumentata rispetto alla storia precedente. Una qualche forma di verità? Poi ci torno.
Così cerco di capire, misurando ciò che ascolto attraverso quello che conosco, cosa sia per questo mare nero di persone la depressione.
Alcuni, in un modo che stento a comprendere, ne fanno una questione risolvibile, un luogo di passaggio dove la mancanza, l'aver perduto - o il non aver ancora trovato - li rende oscuri.
Allora forse sbaglio, e non ho capito così bene in cosa consista. Fatto sta che la mia idea è un po' diversa.
Ad esempio succede che mi senta dire, o in qualche modo lo intuisca, che essere lasciati dalla ragazza, perdere il lavoro, non eccellere nel proprio campo o qualsiasi altro evento sciagurato possibile causi la depressione.
Ed ecco qui che non capisco. Perché se la ragazza torna, ti trovi un altro lavoro, e improvvisamente divieni eccellente, la depressione cosa fa, se ne va via?
Come dicevo per queste persone la depressione è un luogo di passaggio, a quanto pare inevitabile, che prima o poi viene e com'è venuta se ne va o è possibile che se ne vada, lasciando una esperienza che in qualche modo ci ha migliorati, o che vogliamo dimenticare, che genericamente ha scavato dei segni - cancellabili - e così via.
Un evento sfortunato, o una serie di eventi che sommati portano la depressione.
Se pesti una merda sei depresso?
E se ti muore il cane?
Forse, se la merda appena pestata era del tuo cane, la depressione sarà più lieve?
Si riassume tutto in una somma di sfighe, di peripezie esistenziali, e un atto taumaturgico, una botta di culo, la smantellano, la cacciano via. E tutto torna bello, bellissimo, ridi sempre e ogni giornata è una giornata di sole. Ami il mondo incondizionatamente: come un bambino.
Secondo me non c'è più un cazzo di serio, neanche la depressione.
Dirò poi che chi viene a dirmi che s'è rotto una gamba e deve passare l'estate in casa, e per questo è depresso, io a questo qui gli rompo anche l'altra gamba. Per vedere, e voglio proprio vederlo, cosa fa, se diventa ancora più depresso. Tanto in casa doveva starci comunque, che sia una gamba rotta, o siano due, poco cambia. Il motivo scatenante non era dover starsene in casa?
Invece no, sarà ancora più depresso, in quanto percepirà il suo male come aumentato.
Ma allora ci sono anche dei livelli depressivi?
Se uno ha due gambe rotte invece che una è più depresso di chi, magari, s'è rotto solo un dito?
Qui, mi pare, si va oltre. Non solo la sfiga, ma la sfiga percepita come maggiore acuisce la depressione.
Allora, se di sfiga percepita si tratta, la vecchietta che gioca al lotto e non vince si deprime, e magari la casalinga che brucia l'arrosto anche.
No, non ci siamo, non mi sembra serio.
A questo punto, dentro questo oceano di silenzio che è la mia stanza, dovrei forse spiegare cos'è, per me, la depressione.
Per me la depressione non è un fenomeno particolare, innanzitutto.
Non va e non viene. Non ci sono scatti depressivi. Non ti svegli una mattina e sei depresso.
Quando ce l'hai: è per sempre. Qualcosa ti fa star meglio. A volte non ci pensi.
In certi periodi che sembrano migliori riesci quasi a vederle attraverso.
Ma basta una sciocchezza, basta l'esser soli in silenzio, che subito rivedi nero.
A volerne parlare profondamente, la depressione si acquisisce un po' alla volta. All'inizio è cieca, e si infila nei piccoli problemi, c'è e non te ne accorgi e pensi che sia solo quel momento.
Certo non è piacevole, ma si pensa che tutto può essere superato.
Se effettivamente quel momento si supera, per un po' va in stand by. Ma le sue occasioni di tornare sono infinite. Più sei insensibile e incosciente, e meno te ne accorgi, tanto che spesso una persona nasce, vive e poi muore senza percepirla mai.
Beato lui.
Se arriva in tarda età, magari dopo la giovinezza, non è depressione, è un qualcosa d'altro. È solo tristezza generica. È patetica. La depressione dopo essere stati giovani è solo paura di morire. Un non sentirsi più all'altezza. Ma all'altezza di cosa?
Banalissima paura di invecchiare.
Quella vera, quella che io conosco, arriva solo da giovani, appena inizi a capire il mondo.
Molti la affrontano in modi diversi.
Con l'aiuto di qualcuno ci si distrae; attraverso il non pensarci ci si convive abbastanza bene.
Applicata invece a un processo solitario, di conoscenza critica della realtà, si compie.
La depressione infatti altro non è che un fiore nero che ha radici in ogni essere umano: il suo sbocciare velenoso si chiama oggettività; e i suoi tetri petali si affacciano sul mondo mostrandotelo per quello che davvero è. E così, nell'oggettivo, tutto perde di senso, finché non si crede più a nulla, neanche alla realtà stessa. Se aiutata dalla cultura e dallo studio, diviene una fortezza tenebrosa, e cresce in potenza.
Perché con la coscienza si espande anch'essa.
Bisogna dire poi che la realtà non ci aiuta, del resto come potrebbe.
A quel punto, ponendo che tu abbia una ragazza e questa ti lascia, e non hai un lavoro, e in niente eccelli se non nell'elucubrare, non cambia proprio niente.
Hai già capito che tutto, tutto è falso.
Ma non solo: che il nemico, il nemico dell'uomo, non è la menzogna, ma è il vero.
Il vero uccide l'uomo, lo deprime, lo annega in un pozzo scuro.
Perché il vero è insostenibile è vedere ciò che siamo, ciò che realmente è: vedere il vero, ci uccide.
Lodati siano i bugiardi, che tutta la storia umana si basa sulla menzogna. Che è l'unico modo di vivere.
Allora conoscere la verità sulla nostra vita, su cosa essa davvero sia, percepire questa incomunicabilità tra gli esseri, questa utopia che chiamiamo società, la continua finzione del costume per mascherare l'enorme vuoto che lentamente ci divora fino a esaurirci, il tutto dentro un algoritmo randomizzato senza scopi né senso alcuno se non quello di perpetuare se stessi alla ricerca di qualcosa che non c'è, non ci fa bene.
Dicono che la storia inizia con la scrittura. No, inizia col regno della menzogna.
Sì, il nostro grande nemico è il vero, vestito di nero, col suo scettro terribile. Lo dimostra il fatto che tutti fuggono la verità, questo fenomeno incomprensibile e spaventoso.
Poi sì, delle consolazioni ci sono. La specie, come tutto, ormai ci sembra inadeguata. Ombre paradossali. Il bello può ancora salvarci.
Tutti i più grandi uomini della storia forse sono stati depressi. In effetti vedere le cose oggettivamente può dare dei vantaggi.
Lo hanno già scritto, sia chiaro, ma l'unica salvezza è il bello.
Che il depresso, ovviamente, può ancora apprezzare. Il bello diventa un momentaneo ritorno alla soggettività, a una interpretazione della realtà che non ha più al centro il vero. All'apprezzare le cose.
Secondo me l'intelligenza è un concetto molto vago. Siamo grossomodo tutti in grado di elevarci allo studio. Ma uno studioso ha il dovere di essere depresso. Altrimenti cosa ha studiato?
Meno male poi che ci sono le donne. Eggiàh. Che ci amano, le donne, e come loro amano quello che vedono in noi così noi le desideriamo per ciò che sono, e desideriamo che si sottomettano, e ogni volta che lo fanno le amiamo, ma no, non è amore, è desiderio, e nel sottomettersi loro sperano d'essere amate, e via così, finché non le desideriamo più, e anche il loro sottomettersi non ci soddisfa, così che scopriamo di non averle mai amate, semmai ci fossimo illusi, e che il nostro desiderio fugge altrove, e sempre, sempre desideriamo.
Che bella cosa l'amore.
Quindi no, non c'è salvezza. Per quanto sia possibile si continua a vivere. Così, per vedere come va a finire, e cogliere ogni tanto un momento di sempre più rara bellezza.
Il nichilismo naturalmente deborda. Io ormai faccio fatica a credere anche al tempo.
Che so non esistere.
E se qualcuno mi chiede che ore sono è forte la tentazione di dirglielo.
Guarda che il tempo non esiste!
Ma sfocerebbe in pazzia; perché distruggere le regole sociali è da pazzi.
Eppure in testa quel pensiero c'è, quindi è solo una pazzia nascosta?
Forse siamo solo un insieme di pazzie nascoste, che ogni tanto emergono, brevemente, e poi tornano ad ardere sotto le nostre ceneri esteriori.
E gli altri?
Gli altri dicono che ottenuto quello che volevano stanno meglio, che non sono più depressi.
No, gli altri stanno male, stanno più male di me, perché non solo sono e saranno sempre depressi o depressi inconsapevoli, ma ignorano persino per cosa stanno soffrendo, ed è il mistero incarnato nella fede in qualcuno o qualcosa che li distrae dal rendersene conto; e tutto ciò che non sanno impedisce all'oggettività di unirsi nei loro occhi. E non sono niente, incompiuti non solo nella loro miseria di essere umani - che è quella di tutti -, ma anche nel loro soffrire.
Depressi inconsapevoli.
E perché, poi, si chiama depressione: dovrebbe chiamarsi "aver capito"
Guarda quello lì, quello lì ha capito. Poveraccio.
La depressione non è una malattia, la malattia è nascere, e l'esser depressi è una semplice diagnosi.
Il nostro grande nemico, il Vero.
Se uno ha la gamba rotta ed è depresso perché non può uscire, e tu gli rompi anche l'altra per vedere cosa succede, dopo quel tizio non può più andare al cesso da solo. Ti prego, non farlo.
RispondiEliminaIl che renderebbe tutti molto depressi. Non lo farò.
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