mercoledì 26 marzo 2014

Mazirian il mago




Lei lo guardò negli occhi, poi Mazirian il mago la lasciò cadere nella voragine.
Sul suo viso c'era l'orrore che non si comprende.
Sul volto di Mazirian, niente.


Mazirian il crudele
lo stregone ingannatore
talvolta si incontra nei boschi
tra gole profonde
dove mostra i colori
di chi troppo a lungo ha vissuto

- canto popolare delle terre alte -



Il vento della sera portava ai campi le voci del bosco, lo stanco e vecchio sole calando passò dal rosso a un viola lugubre.
Per un attimo, quando era ancora visibile, sembrò spegnersi.
Poi, per qualche motivo sconosciuto a chi osservava la scena, ricomparve, come riaccendendosi. Macchie nere danzavano sulla sua superficie.
Nessuno vi fece troppo caso. Chi tornava dai campi continuò a tornare.
Chi nereggiava nel bosco di fronzaloni continuò a osservarli passare.
Il sole era antico come il centro dell'universo, ogni tanto pareva spegnersi.
I battitori erano stanchi, malconci, le loro donne li seguivano portando le ceste piene di gravik battuti. I logori abitanti di quei luoghi parlottavano sommessi.
- Lisia, dove vai?
- Sono stanca, Kanna, stanca come il sole mutato.
- Non sediamoci qui, non si può aspettare il rinnovamento (1) presso un bosco - le rispose Kanna, sorridendo - E poi, chissà, potrebbe giungere fin qui Mazirian, il mago tentatore.
- Ah! sono tutte leggende, neanche un chemita ci crederebbe, o forse giusto un chemita potrebbe.
- E i non-morti vaganti, che al crepuscolo del vecchio sole si destano?
- Leggende di noi creduloni. Che ci rintaniamo in casa a prima sera, e non conosciamo niente, non abbiamo mai visto niente. Come Mazirian, o il sol nuovo dell'avvenire. - Ribattè Lisia - C'è solo la mia stanchezza, che è quella di tutti, di tutto. Solo quella è vera. Voglio riposarmi su questa pietra ancora un poco, riprendere fiato; tra non molto cammineremo verso il villaggio più riposate, e raggiungeremo gli altri.
- Fai come credi, Lisia - disse Kanna -, io mi incammino subito. Guarda com'è scura l'erba lungo il bosco. La notte non mi sorprenderà seduta in questo luogo.
Dicendo ciò Kanna andò via.
Lisia non era una sciocca, neanche una temeraria. La vita al villaggio, sulle terre alte, era dura, e per una donna era dura due volte.
- Mazirian! i non-morti! Theseidon l'arcidemone! che importa a me! - disse Lisia alle prime stelle - Che importa tutto... anche il sole si spegne, vorrei solo dormire.

Capitava in quei giorni che l'animo umano cadesse in deliquio. La terra morente ottenebrava l'anima.
Ma chi risponde alle invocazioni della prima notte? Un sonno lieve, cullato dal nero.
Lisia se ne addormentò incurante solo come chi non spera in niente sa essere.
Fece sogni di riposo, sogni lontani.
Nel sogno non c'era freddo, né fame, né uomini violenti. Solo strane rovine, persone venivano e andavano. Gli eoni si erano succeduti uno dopo l'altro, civiltà erano sorte e cadute, coi loro templi e le utopie e le folli ambizioni. Lì dove Lisia riposava era forse sorto un regno che raggiunse le stelle.
Ora c'era solo silenzio.
Alla fine del sogno si accorse di essere osservata. Si svegliò con due occhi addosso che si mischiavano alle lucciole di mezzanotte.
- Mi sono attardata, ho dormito, ma ora devo andare dagli altri - disse Lisia agli occhi, senza credere alle sue parole.
- Davvero devi? - risposero gli occhi.
- Sei Mazirian lo stregone, vero?
- Ho molti nomi, se ti aggrada puoi chiamarmi così. Non è, questo, un posto strano per dormire? dovevi essere... molto stanca. -  disse Mazirian, osservandola.
- Sì, sì. Ti ha incuriosito? - rispose Lisia, in modo mite, poco interessata a ciò che sapeva su Mazirian. Fu quasi contenta di aver incontrato qualcuno al di fuori del villaggio. - Desideri qualcosa da me? ora dovrei proprio andare. - Aggiunse Lisia.
Si alzò un'aria ostile. La strada per il villaggio sembrava non portare più in nessun luogo, tutto il mondo pareva trovarsi dietro le spalle del mago. Non aveva davvero voglia di tornare a casa.
Lisia avrebbe voluto viaggiare: - Vorrei viaggiare. - Disse - Far tutta la vita la donna dei battitori, morire senza aver mai vissuto, non lo posso più sopportare.
Mazirian annuì continuando a fissarla.
- Vorrei vedere le città dimenticate ad est, le perdute tecnologie di cui parlano i mercanti. Tu sei un mago, ma sei crudele come dicono?
- Tu cosa vuoi che sia? - le rispose Mazirian imperturbabile
- Vorrei che mi mostrassi qualcosa, qualsiasi cosa. Sono bella, Mazirian? Sei veramente lui, Mazirian lo stregone, o sei un altro battitore che s'è attardato?
- Chi lo sa cosa siamo, siamo forse qualcosa che non sia anche qualcos'altro? Osserva. - Disse con calma, e l'aria intorno divenne iridescente di infiniti colori. - Se mi seguirai nella mia dimora nel bosco potremo amarci, e t'insegnerò a capire il cosmo.
- Non c'è nessuna dimora nel bosco, o forse c'è?
- Lì si trova un palazzo, verso la fine, all'orlo della frattura continentale, presso le ferite della terra.

Lisia era confusa, il sonno la stava lasciando pigramente, dandole una fredda consapevolezza di pericolo. Eppure il mago sembrava amichevole. Ma impassibile, nessuna emozione, né intenzione, si leggeva sul suo volto.
- Forse che un mago sa amare?
- Cos'è che un mago non sa fare, non conosci le canzoni che cantano su questo e altri nomi, di Mazirian l'illusionista, l'incantatore?
- Dicono anche Mazirian il crudele, e l'ingannatore.
- Si dice anche che le stelle siano infinite, e su altri mondi uomini nuovi vivano senza alcun contatto con la vecchia terra. Non tutto quello che si dice può essere provato. Eppure là è il mio palazzo - continuò Mazirian, indicando nel folto della foresta -, a poche ore di cammino, che sotto le stelle diventano minuti, e se ci credi anche secondi, tanto che se accetti saremo già lì non appena avrai accettato. Dunque, verrai con me?
- Sei uno stregone, troveresti lo stesso il modo di portarmi dove vuoi. Eppure non ho paura, non ho nulla da perdere, mostrami pure il tuo palazzo o la fiera che mi attende per divorarmi.

Andarono silenziosi lungo un sentiero di luci fioche, con felci bluastre e muffe splendenti, e in breve ebbero davanti un colosso color fuliggine stagliato contro il nero della notte: una siepe tenebrosa coronata da alte guglie, con centinaia di occhi giallo antico spalancati come alte finestre.

- Cosa vuoi vedere, giovane ragazza, prima di amarmi, il pozzo dove scorrono le stelle, o il portale di Issur, il luogotenente dell'abisso?
- Cosa vuoi mostrarmi, Mazirian, che mi si addica? Ogni cosa mi sorprende solo a sentirne parlare.
- La porta del cielo, forse, e poi andremo ad amarci. Tuttavia mi hai detto di voler viaggiare. - Le rispose Mazirian.
- Mostramela dunque - chiese Lisia, ormai distante da tutto, all'ombra della fortezza tenebrosa, in quella strana regione che non credeva esistere. - Ogni nuova cosa che scoprirò sarà il mio viaggio.

Si avviarono lungo corridoi dalle infinite diramazioni, e lo sguardo del mago era di una risoluta determinazione, di un'attesa agognata. Oppure niente di tutto questo, ma solo una tensione senza costrutto. Lisia pareva invece sognare, lasciandosi condurre verso luoghi elevati.
- Eccoci davanti alla porta del cielo - annunciò Mazirian. - Entra e vola.
- Un marcescente portone in legno si spalancò, e di là c'era solo il cielo. Nero, adornato di astri.
Erano davanti a quell'immensità. Mazirian si accosto lento a Lisia, e sussurrò parole ai suoi sensi mentre lo sguardo di entrambi si perdeva in quel tutto. Ne disse altre ancora, come formule recitate. Poi parlò più chiaramente.
- Non c'è morte e non c'è vita in questo luogo, c'è solo il cadere senza fine di tutte le cose. Il sole nuovo sarà già in cielo quando tu ancora starai cadendo, dimenticando di aver mai fatto altro che cadere. Sarà un lungo viaggio, Lisia dei battitori. Io, però, non posso venire.

Per la prima volta Mazirian disegnò un sorriso sul suo volto, sotto all'impassibilità dei suoi occhi glaciali.
Non strattonò Lisia, né la privò del senno sussurrando formule arcane. Fu il suo sguardo a spingerla indietro, più terribile di quello strano abisso cosmico. In quello sguardo c'era l'inferno.
Poi fu solo l'inizio del cadere - ma può una cosa che non ha fine avere inizio? - Sul volto di Lisia la disperazione senza nome. Su quello di Mazirian il disgusto per l'abitudine. E, subito dopo, niente.

Il vecchio sole sorse ancora sulla terra. Gli uomini pregavano durante le notti affinché non si spegnesse, mostrandosi al buio mattino come una sfera morta.
I battitori tornarono a battere le campagne, dimentichi di essere gli ultimi di una specie antichissima.
Le guglie tetre del palazzo di Mazirian si fecero scarlatte all'aurora; altrove i mercati di Guzzer si svegliavano a tutte le lingue del mondo.
Kanna non andò a cercare Lisia. Nessuno andò a cercarla.
Poco lontano dei non-morti scivolavano nelle loro tane, maledicendo il sole ancora una volta sorto.


-

(1) - Alcuni popoli della terra morente credono che un nuovo sole nascerà alla morte di quello vecchio, portando nuova vita a tutti.





Nessun commento:

Posta un commento