Per quanto l'uomo si disperi, è pur sempre uno che dopo aver eiaculato dentro una vagina ritiene di aver assolto a tutti i suoi compiti. Il resto è un'invenzione sociale.
Mi riesce sopportabile la presenenza di qualcuno solo alla terza birra o dopo un paio di canne. Allora in quell'attimo di incoscienza può nascere un barlume di complicità: ma dura il momento che il sole passa tra le fronde mentre si passeggia innamorati.
Nella costante compagnia di qualcuno viene fuori prima o poi qualcosa che ci disgusta, e accettiamo ancora la sua presenza solo perché una sorta di sentimento che proviamo nei suoi confronti ci impedisce di allontanarlo per sempre. Credo che la maggior parte delle relazioni umane sia così.
Ho trovato più compassione negli oppiacei che in tutto il genere umano.
Non parlare ora, guarda le stelle insieme a me, vivremo per sempre stanotte. Il domani non esiste.
Una volta stellata di rimpianti.
La comunicazione con gli altri è un eterno equivoco.
Dovremmo essere tutti nemici del Fare, e invece ci frega sempre.
(sul natale) Che belle queste notti enormi e il tentativo di sfuggire loro mettendo ovunque delle luci.
Incredibile come per pochi attimi, e pochi centimetri, le macchine che passano non ti uccidano. Aveva ragione Cioran: viviamo in un garage apocalittico.
Neanche l'inferno di Milton può avvicinarsi alla tragedia della nascita: anche se Satana lo ha già intuito.
Davanti alle galassie qualsiasi problema scompare, non resta nulla. E un Nulla poetico è quello che siamo.
Il tempo inghiottirà tutto e tutti nella sua eternità, e su come reagire a questo sono combattuto: a volte mi sprona ad agire, altre mi abbatte in un fare nulla assoluto. Ho sempre oscillato, ma con gli anni il Nulla aumenta.
Trovo molto più interessante uno schizofrenico o uno psicotico che un normalone da apericena.
A un certo punto le parole perdono di significato e il dolore diventa inesprimibile, resta solo il silenzio in cui annegare.
La leggerezza è il voler allontanare fin l'ultima nota di rimpianto.
Le cose migliori create dall'uomo sono le lingue e le religioni: entrambe monarchie illusorie.
Lacrime e tempo, abbiamo solo questo.
Essere scemi è un privilegio che non costa sforzi.
Sopporto la vita come un uomo di notte, col cappuccio, sopporta la pioggia.
Una delle cose che mi è sempre rimasta impressa di Bukowski, è che beveva da solo, al buio, in una topaia, la notte, guardando fuori da una finestra e ascoltando musica classica: come se fosse una questione tra lui e Dio.
Nello sguardo degli altri non c'è niente.
Io penso che il naturale approdo dell'acculturamento sia il nichilismo: è l'ultimo porto, nero e inquieto. Chi non ci arriva si è perso in qualche illusione.
Solo Chopin sa condurci per mano fino ai confini della notte, dove si intravede il mattino.
Meglio regnare all'inferno che servire in paradiso, dice Satana. E per lui in effetti regnare è una grande ambizione. Ma regnare su cosa, sulla disperazione? E poi, del resto, qui sulla terra che altro ha trovato? Caduti insieme, rimpiangiamo la speranza che era di prima.
Amare la natura è amare il proprio inferno.
Lo scopo della vita è ingannarsi, continuamente e senza sosta.
Non vale la pena, vivendo, che conoscere disperati, tossici e puttane. Il resto è un sovrappiù.
Se pure mi provassero in maniera ineluttabile che Dio esiste ed esiste la vita eterna: io gli sarei comunque nemico. E sceglierei la dannazione eterna: e fino alla fine gli sarei contro.
Basta un profumo di donna per ingannare la mente.
Ho sempre provato un'attrazione morbosa per le maschere e i personaggi che le indossano, mentre i volti umani mi sembrano tutti uguali e noiosi. Ricordo un racconto di Jack Vance, Il faleno lunare, in cui viene descritta una cultura in cui lo status sociale è dato dalla maschera che si indossa e nessuno mostra il suo viso. Vivrei in un mondo così.
L'inverno è il periodo perfetto per andare col pensiero oltre la propria morte, cercando di immaginare come può essere il non-esistere. Ascoltando le onde del mare viene naturale pensarci: e penso che sarà come essere perdonati dall'universo.
Davanti alla bellezza e al piacere persino l'ultimo dei nichilisti ritrova la voglia di vivere.
Io penso che, a parte il fantastico e i saggi, la letteratura russa sia la migliore. Parlo dei romanzi e dei racconti dell'800. Alcune scene mi si sono incarnate nel corpo: come quando Dostoevskij in Delitto e castigo descrive l'eternità, e se la immagina come una piccola stanza piena di grossi ragni neri; o quando Cechov fa finire i suoi amori: uno qualsiasi. O Tolstoj, che fino all'ultimo respiro immagina la Morte.
Sono le donne, ad ogni alba, a tramare i fili del cosmo.
È nel gran mare del tempo che un giorno mi dissolverò.
L'amore è una fatalità della vita, e fa soffrire come un mattino insonne che dura in eterno.
Ci vorrebbe un tramonto definitivo che non si trasformi mai più in alba.
Chissà se negli ammassi stellari c'è una creatura che soffre come l'uomo... in quel caso non avremmo più il monopolio del dolore universale.