Il mare è sempre triste |
La spiegazione critica della poesia che segue, si rifà a un testo che scrissi in giovane età, ben accolto dalla critica, e purtroppo perduto in un incendio. Della poesia resta solo la sua elegia, essendo il testo da me completamente dimenticato, e il suo titolo parimenti incenerito nella memoria.
In una giornata fredda ma non ancora invernale, dopo una abbondante pioggia, seduto su degli scogli qualcuno osserva il tranquillo e ripetitivo svolgersi della vita che si intreccia sulle rive impigrite del mare. Contenitore di dolori che si accendono come tramonti, il poeta guarda il bianco candore del crepuscolo illuminare un mare piatto, sospiroso di onde che si infrangono come pianti sugli scogli della vita.
Una barca rientra frangendo le acque calme con una scia che le sconvolge per sempre o fino a quando la notte non ne cancellerà la memoria. Gli uccelli lontani che giocano apparendo e sparendo come ricordi sono un'infanzia, altrettanto lontana, che come a quel cielo chi scrive va pensando, e che come scia nella mente si chiude nelle profondità buie, sotto le maree del tempo.
Un pescatore straziato dall'aria salata delle coste dell'esistenza, con fare burrascoso, piega e ripiega quelle reti che di giorno usa per rapinare il regno dei pesci - anticipando imminenti tempeste -, e sulle quali di notte medita pensieri umidi e amari, per poi dormirvi sognando ancora altri mari.
Più oltre, varcato questo mondo che il mare culla come un bambino che dorme, le asprezze delle terre degli uomini, là dove essi odiano le profondità marine e aspirano a galleggiare sulla superficie, ricordano a tutti che la bolla di sapone che avvolge gli elementi del testo sta per scoppiare, per coglierci impreparati al risveglio, desiderosi di intrattenerci ancora dentro quei colori grigiastri che le parole suggeriscono agli occhi; e come le onde ci svegliamo, scoprendoci vivi solo nell'attimo in cui ce ne andiamo.
Cit. Prof. Tarcisio Esistone - Guida alla poesia italiana del nuovo millenio
Tuttavia, incapace di rassegnarmi alla perdita, ho voluto comunque riscriverla, basandomi appunto sulla sua esegesi per ricostruirla. Conscio del fatto che il risultato ottenuto è ben lontano dall'originale, la propongo qui di seguito.
Senza titolo
Nell'umida aria del mare
sì come tramonto che or vidi
scorgevo le onde bruciare
di bianco crepuscolo e brividi
Sospiri che infrangono il pianto
sui neri scogli salati
ricordano un grido ed un canto
riportano a giorni già andati
Di uccelli che al largo del mondo
riconcorrono ore perdute
e spiano dal cielo nel fondo
il buio ove sono cadute
L'uomo dei pesci ripiega
le reti che rubano al mare
nell'onde anche il tempo vi annega
le osserva l'un l'altra passare
Uguali eppure diverse
scorrendo senza pensieri
raccontan di terre sommerse
sognando profondi misteri
E dopo sì tanto dormire
si sveglian toccando la riva
e giunte alla meta morire
così che il poeta lo scriva.
La poesia originale, diversa, è perduta. Questo è solo un volerla ricordare, e nel farlo non sono nemmeno sicuro che sia mai esistita - ma si può ricordare una poesia riscrivendola? Potrebbe averla scritta un altro me, in qualche nascosto sentiero del tempo, e per qualche strano caso la sua memoria essere giunta qui, oggi. Per tutto quello che facciamo esistono altrettante cose che avremmo dovuto o voluto fare, che permangono da qualche parte, sospese, per essere di tanto in tanto pensate. Misteri dell'universo, sul quale, morendo, mi piegherò, svelandoli o no.
Tutto quello che ho scritto è mio, ma è falso.
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