mercoledì 15 luglio 2020
Al mare
Sabato mi andava di fare un bagno, così sono sceso fino al mare. A piedi.
Saranno, ecco, cinque chilometri, e vado a piedi. Mi sono preparato la borsa con tutto quello che serve per un pomeriggio del genere: acqua, asciugamano, chiavi, telefono, cuffie. E un libro.
Ne ho un po' adatti al mare. Mi hanno regalato un sacco pieno di vecchi urania che si possono anche maltrattare, quindi dovevo sceglierne uno.
Ho preso Strisciava sulla sabbia. Parla di un alieno dalla massa non-solida che cade sulla terra, per la precisione in mare. L'ho messo in borsa e sono andato.
Ad arrivare c'ho messo meno del previsto. La ciclabile che percorro costeggia un fiumiciattolo scuro. Sotto quell'ombra sospiravano delle rane. In un orto poco lontano ho visto un gatto spiarmi. Appena arrivato in città ho messo le cuffie.
"Questa volta vado vicino al porto", mi sono detto. Diavolo, non so perché vado lì, ci sono solo sassi e scogli. Ma in fondo non importa, il programma era leggere e fare un po' di nuoto.
Mi ero appena sistemato e sono arrivati dei ragazzi. Facevano chiasso e ridevano. "Sauron", pensavo, "ci sono stati colpi di stato più silenziosi di questi giovani, nella storia", provavo lo stesso a leggere; ma dopo aver letto la stessa riga venti volte mi sono arreso.
Poi un'onda anomala si è abbattuta sulla spiaggia. Deve aver sconfinato di almeno tre metri e subito un esercito di pance e culi si è alzato lanciando gridolini ed era tutto un "oddio!" qua e "ma che succede!" là e alla fine asciugamani e borse erano bagnati. I giovani ridendo se ne sono andati via. I culi si sono riseduti. Io non ero per niente interessato a questo universo. Del resto perché dovrei, lui è il primo ad essere indifferente. Ho aperto il libro e finalmente ero pronto a caderci dentro.
Poi mi accorgo che uno dei culi non era tornato a sedersi, ma stava in piedi accanto a me. "Mai vista un'onda così", mi dice. È una donna sui sessanta, accento straniero, cappellino e occhiali da sole.
"Neanche io, ha fatto fuggire tutti" le rispondo. Poi con naturalezza dice che sposta il suo asciugamano lì, vicino al mio, e attacca discorso. È rumena, lavora in Italia. Viene al mare in corriera. La osservo e decido che no, non è chiavabile: a quel punto mi chiede se voglio della crema solare: la voglio. Me la spalma sulla schiena. Le chiedo se conosce Cioran e Eliade, gli scrittori rumeni che preferisco. Li conosce e ne parliamo un po'. Ha un'educazione da paese socialista, quindi ottima. Finiamo a parlare di ciausescu (non so come si scrive) e, più banalmente, dei suoi figli. Il più grande si chiama Sorin. Intanto bevo, fumo una sigaretta, mi sdraio, i culi e le tette, in spiaggia, vanno e vengono, il caldo sfuma, il cielo si gonfia di nuvolette. È quasi ora di tornare a casa. Non che ci sia un orario preciso, ma ho il sedere rotto dalle pietre e devo alzarmi. Alla fine Adina mi dice che tra poco parte, torna in romania per le vacanze. Beata lei, io devo tornare a casa invece.
Per salutarmi mi dà due baci, poi la mano. Riattraverso la città e prendo la ciclabile. Mentre cammino vicino al torrente non sento più le rane. Penso che non sono riuscito a leggere quasi niente, a una ragazza vista solo da lontano, e alla neve perenne sui Carpazi che non vedrò mai, alle verdi pianure della Valacchia. E ho nostalgia di cose mai viste.
Sul cammino ho incontrato di nuovo un gatto. L'ho chiamato, "qui micio, qui", ma non ha voluto girarsi.
Scritto e non riletto~
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