mercoledì 10 giugno 2015

I cattivi

La mia giornata tipo



A me sono sempre piaciuti i cattivi, in ogni situazione ho voluto che vincessero. A volte ho creduto che i buoni, in film, libri, cartoni e altre cose varie, esistessero solo allo scopo di essermi personalmente antipatici.
Sinceramente angosciato dal pressoché sistematico trionfo dei buoni, nasceva in me un'incredulità infastidita davanti a sconfitte che sentivo mie.
Irretito fino allo spasmo dalla caduta di tutti i miei eroi neri, finivo per disinteressarmi a qualsivoglia trama nel momento in cui ai buoni si spalancava la vittoria. Che tale meccanismo nascesse in giovane età da alcune preferenze estetiche proprie del male (maschere, mantelli oscuri, sembianze mostruose) viene logico pensarlo. Tuttavia, per quel che riguarda l'oggi, niente affatto sopita la mia antipatia per chi fa le parti del bene, è l'assurdità davanti a questi due ruoli a sconvolgermi. L'inconsistenza di bene e male ha ormai ai miei occhi qualcosa di tragicomico e pestilenziale. Abbandonata ogni velleità distintiva delle varie essenze, disilluso dal vuoto di ogni intenzione, non comprendo a quale scopo insistere ancora in questo gioco delle improbabili parti.
A oggi ancora non mi sovviene un solo cattivo la cui malvagità fosse assoluta, né un buono la cui bontà possa in qualche modo dirsi più sensata del suo contrario.
Che questo valga anche fuori da ogni rappresentazione umana, volendo considerare la vita di tutti i giorni come qualcosa di autentico, appare indubbio. Costretti ormai a basarci per le nostre decisioni solo su assiomi sociali e convenienze personali, abbiamo smarrito qualsiasi riferimento di eternità.
Sarei lieto di dare un premio a chi sapesse indicarmi un cattivo assoluto, ossia un cattivo i cui scopi e le cui motivazioni sono totalmente insensate. Volendo considerare il male come un concetto contrario a qualsiasi patto tra uomini o forma di vita, fallendo di trovare il suddetto cattivo stabiliremmo l'assenza del male. Da lì alla scomparsa di ogni bene il passo è breve, appena un abisso più in là.
Manichei per abitudine, detrattori del nemico di volta in volta indicato, incapaci persino di discernere la realtà fittizia di un film, come potremmo comprendere quella insipida e spietata del mondo "reale", anch'esso col suo gioco di buoni e cattivi per raccomandazione?
Quale mutamento nel comprendere che non vi è maggior cattiveria in san francesco che in Sauron di Mordor, e che entrambi rispondevano semplicemente ai loro stimoli primordiali - ritorno al vangelo del primo, ritorno alla tenebra primordiale per l'altro.
E forse che in un Lucifero precipitato può esservi più cattiveria che nei fedeli riuniti in chiesa?
Cacciatori di sensazioni col vizio dell'esasperazione delle parti, elargiamo sfondi di paradiso o di inferno a seconda del contesto in cui essi vengono fabbricati; ma quale delusione concludere che né l'uno né altro consistono in nulla più che la sterile pretesa di aver capito l'universo, di essere giunti alle conclusioni siderali della ragione.
Allora nel momento dello smarrimento giunge in nostro aiuto l'istinto dei primi anni di vita, a ricordarci che un mostro, o un signore mascherato, o un guerriero coperto di nero, sono - esteticamente - i cattivi perché diversi, e ogni buono che ci somiglia non può che esser tale.
Torniamo a vivere in uno specchio dagli strani riflessi, dove ciò che ha senso riflette un'immagine similare alla nostra, in opposizione a loro, i diversi. Specchio che per me ha sempre funzionato al contrario.
Bene e male esistono: il male è ciò che nuoce a noi, mentre il bene è ciò che non ci nuoce.
Ma sarà così?

Ora poniamo il caso che voi facciate qualcosa che possa essere tacciato per cattivo, come ad esempio toccare il sedere a una ragazza, rubare un portafoglio o, perché no, dar fuoco a un ospedale. Bene, cosa avrete fatto alla fin fine? Certo, in nome di un qualche codice redatto da umani vi si potrebbe condannare, senz'altro; ma davanti all'universo? Come avere colpe dinnanzi a questa immensità così ostile e imperfetta a ospitare la vita?
Parola mia che nessuno, per qualsiasi cosa voi facciate, può davvero definirvi in colpa. Lo dicevo prima, che forse Sauron era colpevole? No, voleva distruggere tutto ma coi suoi bei motivi.
Ecco io penso che la colpa si possa definire tale solo nel caso in cui sia puramente casuale e senza intenzione alcuna. Poniamo che ora senza motivo mi alzo e sgozzo la mia ragazza. Bene, chi ne ha tratto giovamento, e v'era forse un motivo? Allora sono colpevole: assolto per vacuità dell'atto. Dio finalmente applaude.
Anche qui niente da fare. Come si vede colpevoli non se ne trova mai.
E così eccoci qua vivi e coscienti: e la colpa di questo di chi è? Scagionato da tutto e pur tuttavia auto condannatosi al silenzio eterno, non sarà con Dio che ce la prenderemo, né col tempo che certo non ha reclamato la nostra presenza. Che sia dell'ozio disteso a guardare il cielo o di una ricerca ossessiva per sviluppare il riflesso perfetto? coscienza ne abbiamo e l'eventuale colpa sarebbe troppo dilatata nelle generazioni per focalizzarsi in un'accusa diretta. Della vita qualcuno possiamo incolpare, ma a questo giudizio retroattivo vi sarebbe mai fine? Per non sorprenderci nel gesto di voltarci e additare chi ci ha messo al mondo in un riverbero infinito da qui all'inizio del tempo, soprassediamo a questa colpa rinunciando a darle un volto ultimo - che mai troveremmo.
Quale virtù nel merito, o colpa nell'errore. Tutto è uguale.
Andando alla deriva nello spazio sino alla sua ultima disintegrazione, questo pianeta si farà tomba di tutte le nostre polveri, ivi comprese quelle balenate dalle menti.
Se un qualche essere dovesse per caso passare e dare un'occhiata alla landa prosciugata di ogni vita, a questa necropoli smisurata, come potrebbe pensare che un tempo ci furono creature dedite al metafisico e al bestiale. Certo passerebbe oltre, senza però che il fato manchi di riservargli un brivido di smarrimento. E in ciò risiederebbe il nostro senso.



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