giovedì 10 ottobre 2013

I maghi erranti - Racconto secondo - Il Necromante dei Cudralas (parte prima)




1


Oltre il grande bosco di Rath, nelle terre centrali dei vecchi imperi, su di una pianura impervia si srotolava un sentiero poco battuto, tra erbacce scure e sassi dalla strana forma.
Di tanto in tanto i due logori viandanti potevano, volgendo lo sguardo a oriente, scorgere tra le colline brulle le lontane vette dei Cudralas, i monti selvaggi, covo di immonde orde di briganti ed eremi dalla nomea mistica, in una convivenza quanto mai paradossale.
Il più alto dei due viaggiatori, ammantato da un nero mantello, coperto il capo da un cappuccio verde scuro e una larga sciarpa bluastra avvolta sulla bocca, puntava di tanto in tanto lo sguardo verso le montagne, come se in quei lontani orizzonti si aspettasse di scorgere un segno.
L'altro pellegrino, cinto da un'ampia veste giallastra e grandi stivaloni color ruggine, lo seguiva dappresso, più intento però a far qualcosa, come dei gesti guidati dalla voce, con bocca e dita; uno strano lavoro di coordinazione che, al più ingenuo dei villici come al più acuto dei mercanti nemediani, non sarebbe sfuggito, né avrebbe condotto ad altra conclusione se non quella di stare osservando un mago alle prese con i suoi rituali.
Come espulsa dal terreno, al passaggio dei due qua e là ogni tanto spuntava un'esile montagnola sconquassata, accolta da un sommesso ridere del più giovane - l'apprendista mago dalla veste larga color giallo antico - e da un grugnito infastidito dell'oscuro viandante, che per un attimo veniva strappato dal suo contemplare le distanze del cammino e si ritrovava a inarcare le ciglia verso il suo divertito compagno.
- In nome di tutti i demoni esterni, la vuoi piantare di esercitarti mentre siamo in viaggio? Queste terre sono già abbastanza tristi senza il logorio dei tuoi incantesimi.
- Ma maestro Goterius, avete udito voi stesso le parole di Terricus il geomante, per migliorare la mia manipolazione della terra debbo esercitarmi.
- Puah! ma se non fai altro da quando siamo fuggiti ai troll di caverna oltre la cava abissale; abbiamo attraversato la regione delle vecchie foreste con te che attiravi con le tue spire argillose ogni dannato lupo da lì ai grandi laghi, e non sei ancora riuscito ad affinare la tua mira! Guarda, lo vedi quel salice laggiù? circondalo di spire, se ne sei capace.
Subito Tiberius, il geomante, piegatosi verso terra posò il palmo destro al terreno formulando arcane litanie, e repente una dozzina di acuminate spire rocciose emersero dal suolo circondando il salice distante un tiro d'arco.
- Bene, era ora - esclamò Goterius. -  Dato che sei migliorato puoi darmi tregua dai tuoi allenamenti fino a sera.
- Non trovate incredibili i miei progressi, Maestro? Certo, nulla in confronto alle vostre arti oscure, ma sono sicuro che se il vecchio Terricus mi vedesse ne sarebbe meravigliato.
- Sì, sì. Come vuoi. Tutta questione di predisposizione. L'elemento terra ti è enormemente affine, mentre a quanto pare non lo è a me, che infatti non ho su di esso alcun controllo.
- Non abbattetevi Maestro, nella città di Miralago sul Durbok, il grande mare interno, i più grandi saggi dell'elemento liquido diffondono il loro sapere, e a noi saranno aperte le vie dell'idromanzia.
Goterius fece un'espressione scettica, si guardò ancora una volta intorno e poi rispose.
- Lo so bene, per questo ci stiamo andando - detto questo si scoprì il capo sciogliendo la pesante sciarpa che gli cingeva il viso, rivelando un'espressione corrucciata, sull'orlo dell'ira.
- Ho fame e l'orizzonte sta imbrunendo - disse osservando il giorno morente oltre le lontane colline orientali - presto sarà buio. Prepariamoci per la notte raccogliendo legna e acqua. Al cibo penserò io.
- Come volete. - detto ciò Tiberius si incamminò verso un boschetto di larici per far legna.
Goterius si comportò altrimenti. Trovato uno spiazzo adatto vi si accomodò per studiarne i dintorni. Dopodiché fu già sera, e alzandosi nella penombra crepuscolare si diresse verso lo scorrere del ruscello, cinto sempre con maggior incombenza dalle ombre che si piegavano intorno.
Era già calato il suo elemento quando entrambi si trovarono al luogo designato con acqua e legna. Poi fu notte.


2

- Se questa carne è cotta io sono un monaco di Ashur - sbraitò Goterius scuro in volto, mentre il suo compagno di viaggio (e ancora formalmente allievo) finiva di cuocere il suo pezzo di coniglio.
- Capisco Maestro, ma con un fuoco così basso...
- Fuoco più alto di così non se ne può fare, te l'ho detto! Queste selve pullulano di predoni longariani. Il confine dell'impero centrale - disse indicando le montagne a oriente - dista tre giorni a cavallo, per razziare le città sulla costa del mare interno le loro compagnie attraversano queste valli.
- Ma maestro - così si pose un interessato Tiberius -, i liberi regni oltre i passi non vigilano i loro confini?
- Taci! La montagna non ha padroni in quella regione, le vette dei Cudralas ospitano alcuni monasteri ascetici e niente altro, persino i maghi dell'aria che cercavamo si sono spostati altrove, e dire che la zona è famosa per i suoi forti venti.
- E come sopravvivono i monaci disarmati?
- Facendosi gli affari loro e commerciando con i villaggi barbarici. Erbe da fiuto e tessuti dei monaci sono rinomati e richiesti da questa e dall'altra parte dei Cudralas.
Mentre Goterius raccontava di quelle regioni orientali qualcosa dalle pianure ai margini a est del loro cammino si illuminò, prima dirigendosi verso la grande quercia dove i due erano accampati, per poi ridirigersi a ovest in direzione del mare interno. Luci nella notte correvano a grande velocità, come torce portate da folli creature in marcia che data la velocità si spostavano probabilmente su robusti cavalli.
- Guarda - disse Goterius mentre indicava la scia di fuoco nella notte - sono senz'altro predoni longariani che forzano il viaggio con tappe notturne. Avranno fretta di giungere presso il mare interno. Ho sentito che i corsari che ne infestano le acque siano in qualche modo in combutta con loro. L'imperatore Aziz Barash, che domina i regni a sud delle regioni del Durbak, ha il suo bel da fare per tenere a bada quelle bestie. La città di Miralago potrebbe benissimo essere già in mano ai razziatori o abbandonata.
- Ma se così fosse non è pericoloso recarvisi? - domandò intimorito Tiberius
- No, pusillanime. Inoltre i longariani non si servono di maghi in battaglia, non praticando alcuna arte se non quella dell'acciaio e della cupidigia. Se dovessimo imbatterci in loro sarà più facile che ci offrano un ingaggio piuttosto che ci attacchino. E ora, per Issuar il tenebroso, dormiamo, domani ci attende un lungo viaggio.
Allo stanco brillio delle braci morenti scese anche il silenzio.
--
Era giorno già da alcune ore, e un pallido sole, offuscato da veloci nubi spinte dai venti, faceva breccia qua e là sul manto erboso delle valli, creando l'impressione che le pianure di quei luoghi fossero immerse in acque oceaniche da cui la luce filtrava ondulata. Su di un campo ancora umido per la rugiada, dove la terra si presentava molle mentre le punte erbose al vento erano già asciutte liberando l'odore del verde, due strambi figuri, uno nero e uno ne giallo ne marrone, ma una via di mezzo, correvano come se avessero alle spalle l'inferno e tutte le sue oscenità, mentre, a quanto pare, scorgendo più da lontano e dall'alto la scena a inseguirli non era alcun demone, ma un serraglio di cavalieri cinti da larghe sete ed elmi appuntiti, con retine metalliche a celarne i visi e ricurve sciabole dalla punta uncinata. Qui e là spuntava qualche alabarda.
- Figli di cani randagi, non sanno riconoscere un mago da una spia!
- Maestro a breve ci saranno sopra, dobbiamo affrontarli
- Seguimi e fammi pensare. Laggiù andrà bene, là! - lo strattonò per la veste puntando il dito contro un rialzo nel terreno cosparso da macigni e rocce appuntite - mettiamoci con le spalle verso la forra e difendiamoci!

Durante la mattina erano scivolati silenziosamente lungo la pista che seguivano da oltre tre giorni, quando una vedetta longariana li aveva scorti nella sua guardia. A un timido saluto dei due fece fischiar frecce e partire urla, e da ogni direzione altre sentinelle a cavallo piovvero verso di loro. Poco dopo stavano correndo con metà della cavalleria leggere longariana alle spalle, tanto che Goterius si chiese se quel buono a nulla del suo apprendista, durante la notte, non avesse avuto la splendida idea di strisciare nel loro accampamento mettendosi a cantare come un grillo per adirarli, proprio come Tiberius si pose il dubbio se il suo Maestro non fosse per caso rivale di qualche loro capitano.
Quando giunsero sul rialzo del terreno dove avevano deciso di difendersi restava loro più sgomento che fiato, appiattiti contro il terreno argilloso vedevano venirsi incontro venti cavallerizzi indemoniati brandenti ora ogni sorta d'arma.
- Per Issur delle ombre, sembrano proprio decisi a macellarci! cerca di bloccarli con le tue spire, io certo non posso affrontarli tutti ma se mi riesce di intimorirli potrebbero desistere
Come provato più volte Tiberius si chinò sul terreno pronto a evocarne il potere, appiattendo la sua mano sul pietrisco umido. Da parte sua Goterius era intento a concentrarsi su quello che sembrava essere il capitano dei soldati a cavallo, un grosso armigero brandente una picca ben infossato nella sua testa di rana. Entrambi erano semi accecati dal sole pomeridiano, che ora ne turbava il guardo come un dispetto del cielo.
Prima che Tiberius avesse tempo di evocare qualsivoglia materia dal terreno, o Goterius decidere l'obiettivo della sua arte oscura, scatti vibranti fendettero l'aria, e come tutt'uno il serraglio dei cavallerizzi ondeggio sbandando. Subito altre note secche si udirono all'intorno e il grosso elmo del capitano a cavallo fu bucato da parte a parte trascinandosi il resto del corpo sotto gli zoccoli delle altre bestie. Poi fu una pioggia di frecce che parevano levarsi da ogni albero o siepe intorno alla forra, tanto che in pochi secondi l'intero reggimento si trovò sbaragliato e in piena ritirata tra il rumore di aria forata dai dardi e i secchi lamenti del metallo forato. Senza ben capire cosa stesse accadendo, Goterius e Tiberius assistettero immobili alla battaglia tra le ignote forze e i loro inseguitori, ritrovandosi - pronti com'erano alla pugna - a vederli sgomberare il campo fuggendo da dove erano venuti, sbigottiti e sorpresi, gettandosi in ritirata nel sole che accecava la loro vista.
Dopodiché alti uomini armati si fecero loro incontro
- Siete stati fortunati a fuggire in questa direzione. - Disse un arciere graduato vestito di una calzamaglia verde e brandelli di stoffa color delle foglie morte. Un logoro cappuccio grigio gli parava il capo dal sole del tardo mattino. - Attendevamo quei vermi a cavallo da ieri sera, il fatto che si siano convogliati in un'unica colonna per inseguirvi ci ha permesso di sgominarli senza perdite. Io sono Lord Asker, capitano degli arceri di Mirolago sul Durbok. Siete in pellegrinaggio verso il santuario del Durbok?
- A dire il vero siamo adepti delle arti arcane. Io sono Goterius, mago oscuro. Il ragazzo, invece..
- Per Mitra, perché non vi siete difesi? - lo interruppe l'alto arciere, che toltosi il cappuccio aveva rivelato un portamento nobile adornato da un'ispida barba rossiccia - vi avrebbero denudati e fatti a pezzi!
- Ci stavamo proprio accingendo a...
- Bene bene, capisco. Per fortuna eravamo qui. Ma venite, pellegrini o, come dite - e qui ebbe a sorridere - adepti delle arti arcane. Stiamo tornando in città e potete unirvi a noi. Una volta lì potrete recarvi dove volete, sempre che quei cani di montagna non riescano a incendiarla stanotte - detto questo sbraitò una grassa risata e con l'arco a tracolla si incamminò verso il distaccamento.
- Andiamo Maestro, sarà un cammino sicuro unendoci a loro
Goterius, abbattuto e inespressivo, si rassegnò agli eventi e seguì la colonna di arcieri, con la vaga impressione che Azathoth, signore del caos, si fosse da poco risvegliato in qualche punto indefinito del cosmo con l'intento di contrariarlo.
- Prima che sia notte saremo in città - disse loro uno dei pochi arcieri a cavallo che prese poi le redini del cavallo e volò in avanscoperta.

3.

La città di Mirolago sul Durbak, oltre che principale porto del mare interno e crocevia mercantile di tutte le carovane dell'impero meridionale, è famosa e conosciuta per la scuola dei maghi azzurri, potenti tra gli stregoni che dominano l'acqua. Oltre al grande tempio di Lungheacque gli aspiranti idromanti costituivano una corporazione dominante nella regione, tanto che il senato imperiale aveva delegato al capo di questi, l'arcimago Rachel, la gestione della città e la difese delle rotte commerciali - di terra e di mare - dall'assalto fitto di predoni e corsari dei regni che condividevano le coste del Durbak. La vicinanza con le vette dei Cudralas, e quindi con la frontiera orientale aperta sui liberi regni, avevano fatto della guarnigione di stanza a Miralago una legione scelta di schermidori e arcieri fenomenali, e dei loro capitani idromanti, l'ultimo baluardo contro la barbarie dell'est, per esperienza e furia combattiva.
A poca distanza dalle mura argentate della cittadella, il capitano degli arcieri Lord Asker, smessi i panni del condottiero si era rivelato un uomo acculturato e di buona creanza, che nelle ultime battute della marcia spiegava chiaramente la situazione ai nostri avventurieri.
- Servo come capitano negli arcieri di Durbak da sette anni e sono il figlio del vecchio generale. Non possiedo alcuna arte magica ma conto di elevarmi al più presto alla guida dell'intera legione. Quando il governatore Rachel vuole un lavoro ben fatto manda me. Non che i suoi idromanti non ne siano all'altezza, sia chiaro, ma conosco bene la regione e per guidare gli arcieri imperiali serve strategia e sangue freddo. Non siamo un corpo pesante e puntiamo tutto sull'agguato. La vittoria di oggi fa parte di una lunga serie di sconfitte inflitte a quei dannati predoni longariani.
- Suppongo dunque che le rotte commerciali siano ormai al sicuro - gli si rivolse Goterius
- Ahimè, no. O meglio, nonostante le perdite inflitte al nemico gli attacchi si fanno sempre più frequenti, specie da quando Xatherl, il lercio necromante che guida i longariani, ha stretto alleanza col corsaro Morgath, figlio immondo generato dal putridume del mare. Ci pressano tosto e con veemenza, e nonostante gli sforzi compiuti dalla capitale - Lindor dalle guglie dorate dove regna l'imperatore - a fatica copriamo, noi arcieri e gli schermidori guidati dagli idromanti, la regione e le sue carovane. Sul mare non possono indebolirci poiché gli idromanti permettono una certa superiorità, ma se gli attacchi di terra continueranno a colpire le fattorie e i depositi saremo costretti a tentare noi stessi una sortita per far desistere il nemico, o rischiamo di trovarci a dover affrontare un assedio senza i mezzi per sostenerlo.
- Non capisco - continuò Goterius - come possono dei briganti mettere sotto scacco la più prospera città delle marche orientali? godono dell'appoggio di qualche Re barbaro oltre i Cudralas?
- A quanto pare il loro signore ha unificato le tribù delle regioni montane. E sì, sospettiamo che almeno un paio di regni forniscano, se non milizie, armi e addestratori. Quello Xatherl, inoltre, scende personalmente in battaglia, ed è riuscito finora a decimare i nostri migliori condottieri, compresi alcuni fra i migliori idromanti presenti in città.
- Le arti oscure di questo necromante sono quindi così elevate da farne una spina nel fianco dell'impero, per Issuar, io stesso pratico la sua arte e ne vorrei sondare la forza.
- Potremmo affrontarlo noi stessi - disse Tiberius
Un esplosione roboante investì Goterius al punto da indurlo alla difesa, e dopo un lungo latrato si ripeté con maggior chiasso. Lord Asker stava ridendo così forte da far temere, a chi lo stesse osservando, che si sarebbe letteralmente spaccato in due.
- Sì muove con un intero reggimento di morti che lo seguono come una marea oscura, persino Rachel il biondo lo teme, e tale è la sua forza e la paura che diffonde che nessuno nella valle di notte chiude occhio. I maghi lucenti di Lindor sono impegnati chissà dove sul fronte occidentale, e la capitale ci ha fatto sapere che, in un modo o nell'altro, dobbiamo sbrigarcela da soli. Ma vedo che siamo prossimi ad arrivare, stasera potrete ristorarvi e ripulirvi dalla polvere che avete addosso. Se siete in cerca di compagnia venitemi a cercare, alloggio alle baracche dei soldati lungo le mura, chiedete di me! - ciò dicendo si allontanò verso la colonna con un gran sorriso in volto, stropicciandosi la rossa barba.

- Che ne pensate Maestro, sarà così potente questo Xatherl?
- Non lo so ma intendo scoprirlo. Ora, per tutti i demoni della notte, appena giunti in città cerchiamo una locanda a buon mercato e diamoci una ripulita. Il tuo odore potrebbe far lacrimare un drago di granito dei monti neri.

La locanda Burrascosa era il ritrovo più a buon mercato della città. Vasta e fumosa ospitava ogni tipologia di viaggiatore, dai mansueti e freddi mercanti di spezie dell'oriente ai burberi e beoni cacciatori delle praterie. In un intrico di tavoli scuriti dal tempo e grossi focolari per illuminare gli ambienti Goterius e Tiberius si fecero strada fino al bancone, dove assiso come un avvoltoio ingobbito dal tempo se ne stava il locandiere a scrutare la marmaglia umana imprecante che si rifocillava nel vasto salone.
- Uomo, vorremmo due comode stanze per la notte e della birra scura a buon mercato - disse Goterius al locandiere
- Certo - rispose il grasso oste -  e io vorrei giacere con l'imperatrice e le sue figlie in età da marito - detto ciò, un avvinazzato logoro al bancone, che a prima vista sembrava una muffa del luogo, si riscosse e gorgogliando roco strozzò una risata.
- Che intendete, possiamo pagare - lo ammonì Goterius
- Non lo metto in dubbio - disse l'oste - ma la locanda è piena. E piene sono le stalle. Dovrete cercare altrove, sempre che non vogliate dormire tra i maiali.
Un'altra risata esplose dall'ubriaco, questa volta interrotta dalla mano sicura di Goterius, che prendendolo alla gola lo alzò sopra il bancone fissandolo negli occhi. - Cosa ridi lurido berciante, vuoi che ti sprofondi nella tenebra dove dormono i figli della notte?
- Hei - lo apostrofò il locandiere, scuotendosi dal suo torpore d'immobilità - non so che intenzione hai ma non voglio magia in questa locanda. Potevi dirlo che sei un mago, il governatore ha messo a disposizione degli alloggi per ogni stregone che voglia arruolarsi nella milizia. Pagano bene e avrete accesso al tempio del mare. Sempre che questo ragazzino che ti porti dietro sia anch'esso un adepto.
- Può scommetterci signore. sono nientemeno che...
- Andiamo! - sbraitò Goterius - sono stanco e non intendo perdere tempo in chiacchiere.
Una guardia fuori dalla taverna indicò loro gli alloggiamenti per i miliziani.
Mentre si incamminavano Tiberius espresse alcune considerazioni.
- Devono essere con l'acqua alla gola per arruolare maghi erranti, ci hanno fatto entrare nei quartieri militari senza nemmeno perquisirci. Se fossimo delle spie a quest'ora potremmo agire liberamente.
- Evidentemente necessitano di volenterosi disposti a combattere, e in fondo perché no. Se davvero avremo libero accesso al tempio del mare - e questo vuol dire svelarne le arti - non potremo che guadagnarci.
- Ma si ricordi Maestro che una volta nella milizia ci toccherà combattere
- Sciocchezze, ci sarà un addestramento iniziatico, e ovviamente chiederemo di poter incontrare Rachel l'arcimago. Sono sicuro che avremo tutto il tempo per addestrarci com'era nostra intenzione. Ecco, quella dev'essere la tenda degli ufficiali, arruoliamoci e chiariamo la nostra posizione. Saranno certo ben disposti verso un prode mago oscuro come me.
- Chi è il più alto in grado? - chiese Goterius alle guardie che presidiavano il tendone
- Il sergente ora non c'è - rispose un soldatuccio che aveva tutta l'aria di essere finito lì per caso - ascolterò io per lui.
- Vogliamo prestare servizio presso la milizia. Io sono Goterius, necromante e mago nero. Lui è un geomante alle prime armi, Tiberius.
- Bene, ponete una firma qui e qualcuno verrà a mostrarvi gli alloggi.
- Per Issur, e se fossi una spia? la vostra sicurezza fa davvero pena.
- Se lei fosse una spia quel mago dietro di lei - disse indicando alle spalle dei due - me lo avrebbe già comunicato
Dietro di loro stava un uomo allampanato, dai capelli corvini e gli occhi di un azzurro intenso. Alto e dal profilo scheletrico.
- Un sensitivo dunque! - disse Goterius
- Sensitivo? sono Rik, adepto delle acque. Non possiedo il dono delle visioni ma vi ho osservati da quando siete entrati in città, così come osserviamo chiunque. Non che ne avessi particolare bisogno, si intende, siete entrati con Lord Asker e questo già vi qualifica.
- Capisco. Dunque, i nostri alloggi? - riprese come infastidito Goterius
- Eccoveli, sono tutti vostri, comodi e accoglienti. Seguite Rik che sarà la vostra guida.
Detto ciò i tre maghi si incamminarono verso le baracche prossime alle mura.
Sotto il torrione nord si alzavano piccole tende illuminate da fuochi intorno al perimetro, alcune delle quali occupate da agitati sognatori. Spire di fumo si levavano dalle finestrelle.
- Potete sistemarvi qui - disse Rik, il sensitivo delle acque, indicando due tende tra le più lerce e deplorevoli. - Più avanti se meritevoli potrete condividere le camerate della legione.
Detto ciò senza aggiungere altro se ne tornò indietro.
Appena fu abbastanza lontano Goterius espresse il suo parere riguardo alla sistemazione ottenuta.
- Dannato muso di cane figlio di una stirpe malsana di cani randagi, è forse questa la sistemazione destinata ai maghi che difendono l'impero? - e continuando gli improperi lanciò il suo fagotto dentro una delle tende e ci infilò il naso per sondarne gli odori.
Si addormentò poco dopo, borbottando per la puzza e per i sassi nella schiena, mentre un meno provato Tiberius restò ancora un po' a scrutare la volta stellata, cercando di leggervi dei segni che si rivelarono presto sbiaditi, poi confusi, e infine scivolarono anch'essi nel sonno. Quando anche Goterius smise di borbottare fu nuovamente silenzio.


4.
Il giorno seguente si alzarono di buona leva, sotto un cielo plumbeo che irradiava le stradine acciottolate di una fine pioggerella; Goterius e Tiberius si incamminarono verso la gilda dei maghi miliziani. Una decina di individui sedevano annoiati nella penombra in un grande tendone arredato con sfarzosi tappeti dalle intarsiature misteriose, intenti a studiare le indicazioni di un giovane mago azzurro al centro della struttura.
- Ben giunti - proseguì il giovane mago, probabilmente un idromante del tempio, appena scorto i nostri - sedete e prestate attenzione, stavamo appunto iniziando a dare indicazioni riguardo il da farsi.
Tutti seduti che furono iniziò l'esplicazione dei fatti.
- Probabilmente siamo tutti qui, se altri volontari dovessero aggiungersi più avanti provvederete voi stessi a rimpinguarli di informazioni. Naturalmente più avanti, una volta penetrati nella disciplina militare, ci si aspetterà da voi maggiore puntualità. Ma sarò franco: ai maghi arruolati nella legione diamo modo di non essere frustrati. - Udito ciò Goterius, se possibile, divenne più tetro - Detto ciò sono qui per sondare le vostre capacità, uno per uno mi direte le vostre caratteristiche e ciò che sapete fare, e in qualità di supervisore degli ufficiali vi affiderò al ruolo che riterrò opportuno. Quanti di voi non dovessero dimostrarsi abili al combattimento saranno sistemati nei quartieri citeriori della città o, eventualmente, come guardia rurale.
- La paga? - esclamò un tipo scuro in volto, dai polsi cinti da sfarzosi bracciali si sarebbe detto un mago delle rune.
- La paga sarà decisa in base al vostro ruolo, al quale sarà aggiunta un'indennità per ogni scontro armato a cui parteciperete.
- Bene - rispose sogghignando il tetro figuro, mentre si passava nervosamente da una mano all'altra delle piccole rune -, non chiedo di meglio.
Presero quindi a presentarsi uno per uno finché non fu il turno di Goterius.
- Il mio nome è Goterius, necromante di Raat e mago oscuro
- Di che livello? - chiese l'idromante
- Di grande livello! ma se volete sapere la classificazione del mio ordine, bhè, allora è la terza
- Non un grande mago, dopotutto - rispose l'idromante. - Anche il nostro avversario è un necromante egli stesso, ma pare ben oltre le soglie dell'umano, egli ha infatti la fama di una creatura divina. Sai aprire i cancelli?
- Le porte della notte non sono accessibili come le polle d'acqua che usa il vostro ordine, ma ne possiedo i segreti fino a vederne gli oscuri spiragli materializzarsi nel nostro mondo. Anche l'assenza di luce mi è affine.
- Bene. Ma certo non sei adatto a grandi azioni sul campo, a meno di non servire a distanza nelle compagnie di arcieri. Dato che conosci Lord Asker servirai con lui - e gli consegnò il gagliardetto del corpo degli arcieri, due frecce parallele che fendevano l'aria. - Il tuo compagno, invece, che arte maneggia?
- Tiberius dei boschi silvani, eccellenza. Geomante e alchimista.
- Un geomante, molto interessante - gli si rivolse entusiasta il vagliatore sorridendo sardonicamente - Hai già usato la tua arte in battaglia?
- Abbiamo combattuto strada facendo con le creature dei boschi che tutto odiano. E sulle vette rupestri, presso le rovine di Cristallia, ho ucciso personalmente un grande troll glabro di caverna.
- Allora non dovresti aver fatica ad infilzare qualche aborrito morto vivente che serra le fila di Xatherl. Schermidori, terza compagnia. Servirai sulle mura e presso le ronde nelle campagne. - E anche a lui fu consegnato il contrassegno da indossare sulle vesti. Una grossa daga poggiata su di una barbuta azzurra.
Assegnati gradi e mansioni i maghi arruolati uscirono per sistemarsi nei loro corpi, proprio mentre una fitta pioggerella riprendeva a cadere nei dintorni del quartiere militare.
- Ricordati Tiberius di non osare, siamo qui solo per metterci alla prova con l'idromanzia. Certo non voglio mandare la mia anima nei regni di Theseidon combattendo questa insulsa guerra contro dei briganti. E penso neanche tu. Cerchiamo di restare in servizio finché non ci sarà concesso di recarci al tempio.
- Bene Maestro, lo terrò presente. - E subito si recò alle mura.
Goterius invece accese la grande pipa nera e, osservando il movimento di truppe andare e venire dalla città, considerò se non fosse in programma una qualche sortita contro il nemico, sortita che lo stesso Lord Asker aveva profetizzato come incombente per piegarne l'audacia. Poi anch'egli prese la via per l'acquartieramento degli esploratori e degli arcieri, scorrendo coi proprio pensieri le varie eventualità che potevano presentarsi.

5.
In un nebbioso fine giornata un pugno di uomini addobbati di varie tonalità di verde strisciavano sulla dorsale di una spoglia collina, con gli archi ben fissati sulla schiena e dei piccoli coltelli dal manico in legno cinti alla vita. In mezzo a loro, ugualmente vestito ma con movimenti meno scattanti, Goterius si muoveva goffamente cercando di tenere il ritmo, conservando nel suo abbigliamento un manto scuro intorno al viso per proteggersi dal debole sole.
- Ci siamo, ecco il guado del Sicara, il fiume che giunge dai Cudralas. E quelle sono le vedette longariane.
- Le vedo capitano, e ora?
- Già, e ora, Lord Asker? Tra quelli sulle zattere e gli esploratori per la brughiera devono essere almeno un centinaio, e noi siamo in sei - disse Goterius
- Dici bene - rispose Lord Asker - ma abbiamo un mago, non è così?
- Certo, un mago lordo di fango che striscia come un verme. E tutto per cosa? per non poter far niente.
- E questo lo chiami niente, Goterius? in quanto necromante dovresti avere mente assai più fine. Se sorvegliano i guadi si preparano certo a un'incursione, e ora che lo sappiamo possiamo meglio accoglierli nella valle
- Puha, sciocchezze. Sarebbe bastato mandare uno dei miei corvi
- E dovrei fidarmi di un corvo mandato da te? ma allora tanto varrebbe correre nudi verso Xatherl e farla finita.
Goterius sbuffo pesantemente e poi aggiunse - Ad ogni modo è prudente aspettare che sia notte, muovendoci ora una vedetta potrebbe scorgerci.
- Infatti è proprio quello che faremo, e se necessario torneremo verso il Durbak strisciando come vermi delle sabbie
Per le brughiere si sentì arcigno un urlo di richiamo, seguito da un prolungato silenzio che sembrava evocato dal crepuscolo incombente.
- Sì chiamano tra loro, certo stanno creando una ragnatela di sentinelle. Ma non vedo maghi, buon per noi e per la nostra ritirata - disse Asker
- Proprio così - aggiunse Gotherius -, attendiamo che il sole se ne vada e scivoliamo via senza far rumore.
Proprio mentre recitava queste parole un lungo sibilo, come il verso di un uccello da preda, scivolò sulle loro teste, e guardando in alto videro un volatile gigantesco volare in cerchio sopra di loro, gemendo e lanciando richiami d'allarme.
- Dannazione, quell'uccellaccio maledetto deve fungere da osservatore per qualche pastore di bestie, avremmo dovuto essere più accorti, ci scopriranno!
Immediatamente nella vallata risuonarono quasi all'unisono lunghi richiami soffiati da corni, ai quali seguirono urla, imprecazioni e subito l'intero schieramento longariano si proiettò con sguardi colmi di intenzioni alle rocce dietro cui osservavano gli esploratori.
- Sanno che qui c'è qualcuno, abbiamo grosso modo due triti d'arco di vantaggio. Non hanno cavalli  tranne quelli dei capitani e alle nostre spalle c'è un bosco. Togliamoci immediatamente da qui e infiliamoci tra gli alberi, in profondità cercheremo un riparo senza che altri volatili possano scorgerci.
Immediatamente il gruppo si getto nella macchia.
Correndo in mezzo alle fronde Goterius malediva la sua deprecabile attività di spione, maledicendo altresì gli uccellacci che urlavano sopra.
- Hanno maghi pastori a quanto pare, non li semineremo facilmente. - disse ancora - Lasciate che provi qualcosa.
- Prova pure, ma in fretta per Mitra - gli rispose Asker -, ci saranno addosso a breve.
Immediatamente Goterius fece come il gesto di abbracciare l'aria tutto intorno, e soffiando parole sottili si inginocchio toccando il terreno col palmo della mano. Dal punto toccato sprigionò un disegno che completandosi da solo andò a creare un cerchio stellare sulla nuda terra. Dopodiché i contorni iniziarono dapprima a illuminarsi di rosso acceso, poi a vorticare e infine una porta si aperse. Ne uscirono dei grossi ragni neri.
- Questi sono dei Lug, della progenie di Lugabur, l'immondo ragno che tesse i mondi. Saltano e corrono veloci. Uccideranno le bestie dei nostri inseguitori.
- Capitano, lord Asker - urlò un ranger di vedetta - arrivano!
- Spero che il tuo espediente regga, mago nero. E ora corriamo via come i tuoni dell'orizzonte.
Detto questo ripresero a scappare.

6

La foresta era battuta palmo a palmo, ma i longariani armati di picche potevano usare solo i loro sensi per cercare i ranger; infatti i ragni Lug avevano praticamente divorato ogni animale si fosse messo sulle tracce della squadriglia di lord Asker, dando non poche grane anche ai briganti.
Nel sottobosco dove si erano acquattati, in uno sterpeto infossato, i Durbakiani di Mirolago attendevano la notte quasi in silenzio.
- Davvero ottimi quei ragni Mago nero, se non fossero orridi come tutto quello che esce dai vostri empi portali potrei quasi ringraziarli.
- Essi servono Lugabur ma sono esseri pensanti, non come i ragni di questo e altri mondi. Tra poche ore svaniranno perché la materia di cui sono fatti non dura a lungo nella nostra dimensione. Ma fino ad allora creeranno scompiglio.
- Potresti, in caso di bisogno, evocarne ancora? - chiese lord Asker
- Non ci sarà tale bisogno, a breve sarà notte e col buio vi guiderò senza timore. Di notte viaggeremo fra le ombre.
- Signore, anche il nostro nemico Xatherl è un necromante - disse un arciere appiattito al suolo -, forse che anch'egli è in grado di percepire l'attività di chi usa la sua arte?
- È possibile -  rispose Goterius -, ma dovrebbe trovarsi non troppo lontano. Tuttavia senza quel richiamo non ne saremmo usciti così facilmente.
- No, certo, e ora guardate lì - intervenne lord Asker
Alla fine del guardo degli esploratori nascostisi, e tutto intorno, le milizie longariane si ritiravano dal bosco, ormai rassegnate a un nemico già lontano. Intanto le prime ombre danzavano tra i rami e il cielo a occidente s'incendiava come esploso. Nel lugubre pallore del crepuscolo un lieve venticello iniziò a spirare dalle vette lontane, e in quel momento, e non prima, Lord Asker diede il segnale di rimettersi in marcia verso Miralago.

Intanto proprio a Miralago, sulle mura in basalto affacciate alla campagna circostante la ronda pomeridiana attendeva il cambio da quella serale, mentre gli immobili guardiani vedevano le prime stelle accendersi.
- Allora Tiberius, raccontaci, com'è viaggiare con questo mago nero, com'è che si chiama?
- Goterius - rispose Tiberius con un certo tono enfatico -, e non  è poi così male. Insieme abbiamo lasciato Raat la tetra capitale delle regioni a sud della catena dei Cudralas per viaggiare, e viaggiando imparare a migliorare la nostra arte. Io ho fatto grandi progressi, mentre il mio compagno, Goterius, li potrà fare.
- Spero che tu sia davvero un grande mago, Tiberius. Queste mura non reggeranno se le legioni di Xatherl ci attaccheranno tutte insieme.
- Sono qui anche per comprendere l'elemento idrico, e solo a Mirolago sul Durbak un mago può iniziare quella via.
- Vuoi forse apprendere l'arte delle piante, che si ottiene unendo terra e acqua? - gli chiese proprio  Rik, il sensitivo idromante che comandava la ronda.
- Perché no. Nella terra, poi, sono solo all'inizio, ma conto di fare progressi rapidamente.
- Vedremo cosa si può fare, l'arcimago Rachel apprezza la fusione degli elementi. Lui stesso governa oltre alle acque anche l'aria che corre.
- Un signore del temporale! - esclamò Tiberius -, Potente tra i maghi.
- Solo lui potrebbe sconfiggere Xatherl, aspettiamo solo l'occasione propizia
- A proposito di occasioni - fece loro notare un balestriere poggiato al merlo - ecco il cambio, possiamo andare a mangiare e bere qualcosa in taverna.
- Se quella è una taverna, disse Rik, allora io sono Tuthapikkar l'alchimista celeste. Legno marcio e birra annacquata. Andiamo piuttosto alla collina delle giovani erbe, dove i giovani di Mirolago scoprono di essere o meno dotati alle arti idromantiche. In questi giorni le prove vanno avanti giorno e notte, così che anche tu Tiberius possa cimentarti con una di esse, e in caso essere iniziato ai rituali.
- Non saremo puniti se ci allontaniamo dalle caserme? - Chiese Tiberius.
Rik sorrise.
- Come ti ho detto, qui, si cerca di non frustrare i maghi. Sono una grande risorsa.
Detto ciò si incamminarono.

7

Il gruppo di Goterius, capeggiato da lord Asker l'arciere, si faceva velocemente strada attraverso le pianeggianti terre che dal ponte sul fiume Sicara portavano alle campagne di Miralago. Nella notte silenziosa fluttuavano come spettri, e l'arte tenebrosa di Goterius sembrava trasportarli di ombra in ombra. Poi le due guide del gruppo, seguiti dagli esploratori, presero a parlare.
- Come si comporterà l'arcimago Rachel sapendo che i longariani, e quindi Xathral, si preparano a spostare un grosso contingente al di là del Sicara per minacciarvi?
- Difficile dirlo. Certo i soldati non ci mancano, ma come ho già detto a te e al tuo amico sono le sue legioni di morti che ci intimoriscono. È come se dopo ogni battaglia lui tirasse fuori un esercito dal nulla, ma in realtà non viene dal nulla: sono i morti della battaglia stessa. Si alzano e riprendono a combattere. E davanti a simili magie evitiamo ogni battaglia in cui ciò possa accadere, o dove sia presente Xathral.
- Capisco - rispose pensieroso Goterius -, conosco bene l'arte della riesumazione. Eppure..
- Cosa? parla Nero - disse ansimando Asker mentre correva nella notte
- Eppure per fare ciò deve creare un legame tra se e il mondo oscuro, il che vuol dire che a parte la sua guardia personale rimane indifeso. Forse un gruppo scelto lo potrebbe abbattere proprio in quel momento.
- Dimenticatelo. Non è mai sul campo di battaglia. Se ne sta su qualche rupe a osservare.  E poi agisce.
- Sì, so bene come agiscono i necromanti riesumatori. E i maghi della capitale splendente, i maghi di Akbarlas dalle guglie splendenti, nido della civiltà Mediana, cosa fanno?
- Essi, ti dirò, si battono contro i non-umani dell'ovest, e tale tenzone non ne permette l'impiego su questo fronte. Così che dobbiamo vedercela da soli, anche se allo stremo delle forze.
- Eppure io ti dico - disse Goterius con uno sguardo particolarmente severo - che ogni necromante ha un suo punto debole: l'enorme dispendio di energie. Ne so qualcosa, dato che per questo ho scelto un apprendista, ma ormai dovrei dire compagno, Tiberius, molto diverso. molto più....

 - Nello stesso momento sulla collina delle giovani erbe, a Miralago -

- Come dovrei fare, adepto? - disse Tiberius
- Semplice, immergi le mani nell'acqua e pronuncia la formula che vedi scritta davanti a te. Sai leggere in Mnimarico, vero?
- Posseggo la sua lettura
- Allora pronuncia l'esondazione delle polle palustri, e deflagra quel contenitore. Se riesci noi ti...
E non finì neanche la frase che non il contenitore, ma tutta l'acqua delle vasche allineate salì in cielo con tanta forza da sembrare evaporata sotto un alito di drago.
- Per Mitra e per gli antichi che dormono infondo al mare! - esclamò l'adepto d'acqua -, mai vista tanta affinità in un novizio, anche se le vasche erano già infuse per rendere l'acqua più governabile è un risultato inaspettato; decisamente puoi recarti al tempio del mare di Durbak, e con grandi aspettative per giunta.
Tiberius sorrise.
- Mio padre era un mago silvestre, ma mia madre adoperava la magia delle fonti, per cui...
- Per cui sei un diavolo delle terre e delle fonti - esclamò Rik -, un futuro mago governatore delle piante. Da bere per tutti, che oggi qui in collina si fa strada un generale arcano!
E la folla esultò in preda a grande emozione e tutti andarono a festeggiare.

Poi la città sembrò adagiarsi in quella calma apparente, dove le ronde vegliavano e chi non era al fronte gozzovigliava in attesa di presagi oscuri. Fu in questa calma apparente che gli esploratori tornarono, con notizie lungamente attese.
Lord Asker andò a fare rapporto a Rachel, mentre Goterius riposava tra le ombre. Tiberius saputo del suo arrivo si recò da lui per raccontargli quanto accaduto, e - Maledetto dotato di una stirpe fortunata - esclamò Goterius -, che sapessi giostrarti con la geomagia ben venga, ma che anche le acque volessero baciarti non mi va giù! Con Rik muso di cane che ci ha sistemato in un pollaio di pezza poi! Per caso sai anche volare? Perché in tal caso puoi andartene nei cieli di Flaffirk il falco dei venti e imparare anche a soffiare sul mondo!
- Suvvia Maestro, e compagno, non vi adirate. Vorrà dire che appresa anche quest'arte viaggeremo con minor timore, e più forti. E forse anche voi potreste essere affine all'elemento idrico.
- Sarà - sospirò Goterius -, ma ora vai, lasciami riposare. Quei dannati arcieri sanno solo strisciare, e se non mi faccio un bagno finirò per essere scambiato per un golem di Terricus.
Così entrambi si separarono per la notte, e il primo giorno come ufficiali maghi dell'esercito di Miralago, affacciata sul mare interno di Durbak, meta di pellegrini mistici e mercanti dell'impero centrale, si risolse in una grande stanchezza e in rilassanti meditazioni su ciò che avrebbero dovuto fare. E mentre nelle locande si ballavano danze di gioia, e i nuovi adepti idromanti indossavano le maschere del sole che ride sull'acqua, simbolo di speranza e fiducia, da est soffiavano venti di guerra.

Nessun commento:

Posta un commento