domenica 21 marzo 2021

Un giorno a caso II

 





Ho iniziato un librone oggi, saranno 800 pagine. Un fantasy un po' dark. Ma ora non posso leggerlo perché sono in bus: è pomeriggio e sto tornando a casa.

In stazione una donna si è buttata in ginocchio, urlava, sbavava per terra, si strappava le vesti. Qualcuno le aveva tolto il figlio e lei urlava ancora e ancora che lo rivoleva. Un tizio dei treni ha chiamato la polizia. La polizia ha chiamato un'ambulanza. C'era un gran casino. La situazione andava peggiorando. Io guardavo il culo alle ragazzine. "Aiutami Dio" gridava. Mi è venuto in mente Zarathustra quando pensa "ancora non sa che Dio è morto?". Ci si sente soli in mezzo a una folla.

Poi è arrivato il bus e sono salito. Solita gente. Solite facce. Soliti culi. Dopo un po' è uscito di strada procedendo nel nero più assoluto fino alle prime stelle, e poi infinite galassie vorticavano tutt'intorno e l'autobus ci navigava dentro. Le marche i campi e gli alberi erano spariti, si vedevano pianeti e soli. Al pomeriggio è sempre così.

A volte penso che viviamo solo per perdere tutto. Duriamo finché dura la dittatura del nostro cervello. Il corpo è un totalitarismo e il cervello comanda. Gli organi devono ubbidire, le cellule sono schiave. C'è anche un oscuro signore al comando: è l'inconscio, il governo ombra. Fuori il cosmo illumina gli spazi. I passeggeri sono scheletri e teschi che guardano fuori dal finestrino. Non ci sono fermate in questo universo. Si va dritti fino al capolinea e si scompare. Niente corse extra, niente ultimo giro. L'abbonamento scade. Guardo fuori e l'autobus sta viaggiando tra le galassie e le stelle infinite, e noi viviamo solo per perdere tutto.

Ci siamo, tra poco scendo. Prenoto la fermata al rospo gigante che guida e mi preparo a lanciarmi tra le stelle. E la giornata non è nemmeno finita. Scendo, cammino. Davanti al bar mi chiama una tossica, dice che mi conosce, dice chi sono e dove abito. Beve. Le chiedo di cosa si fa e mi risponde che beve e prende farmaci. Mi vado a disintossicare, dice. In una clinica, dice. Io so che si fa le pere e fa anche la puttana. Le faccio il gesto del pollice alzato. È il crepuscolo, il mondo è gelido. Non c'è calore nel mondo, non c'è amore, non c'è speranza. Il cielo è nero e un rosso teschio colossale mi guarda dall'alto mentre torno a casa. Inizia la notte, e ogni notte è infinita.